Il tempo lungo di Sergio Mattarella

Una analisi sulla situazione politica, dopo l'elezione del nuovo capo dello Stato italiano

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Il tempo lungo di Sergio Mattarella

Il giornalismo politico, nell’era della democrazia del pubblico, è spesso prigioniero dei personaggi. Di fronte alla vacuità delle formule utilizzate dai politici, i notisti cercano scampo nei ritratti e negli intrecci di relazioni. È naturale, per certi versi anche liberatorio. È stato così anche per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Per giorni abbiamo letto e ascoltato definizioni che cercavano di catturare caratteri e stati d’animo dei protagonisti. Sergio Mattarella sobrio, mite, silenzioso, asciutto, integerrimo, democristiano di sinistra, cattocomunista, no, sì, uomo di garanzia, delle istituzioni. Matteo Renzi raggiante, vincente, dominante, uomo del colpo da maestro, leone che si trasforma in volpe come vuole Machiavelli.

Silvio Berlusconi dubbioso, tentato, irato, poi sconfitto, umiliato, triste. Dopo il discorso di Sergio Mattarella questo bozzettismo perde significato. Perché in 30 minuti l’ex giudice costituzionale ha riportato il Parlamento e anche chi racconta la politica di questo Paese di fronte ai nodi essenziali della vita democratica: il rapporto tra istituzioni e popolo. Intendiamoci. Sui giornali continueremo a leggere delle tensioni nel Pd o del braccio di ferro tra Renzi e l’Ncd. Su Twitter non mancheranno i battibecchi tra grillini e renziani o le ironie sui forzisti in preda al tutti contro tutti. Salvini continuerà pure a far parlare di sé per le cravatte a petto nudo e le frequentazioni con Elisa Isoardi. Tutto questo resterà, perché un discorso non cambia le cattive abitudini. Tuttavia è forte l’impressione che per raccontare la presidenza della Repubblica di Sergio Mattarella servirà un registro un po’ più accurato, sicuramente meno abituale negli ultimi tempi. Nel suo discorso, di studiata semplicità e privo di slogan, Mattarella ha rivolto grande attenzione alla sofferenza, come ha ben notato Lucia Annunziata sull’Huffington Post. Alle vittime del terrorismo di oggi (dalla Siria, all’Africa, a Parigi) e di ieri (con il ricordo di un piccolo caduto troppo dimenticato, Stefano Taché Gay, 2 anni, ucciso dalla bomba alla sinagoga di Roma del 1982), ai martiri della mafia Falcone e Borsellino (neanche un accenno al fratello Piersanti: per riservatezza e modestia). E poi i due marò. E gli ostaggi di cui si ignora la sorte: padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli. Ma soprattutto Sergio Mattarella ha dedicato spazio e tempo alle persone comuni: le famiglie colpite della crisi, i giovani senza speranze, le imprese che resistono, gli italiani nel mondo e gli stranieri in Italia, i malati, i disabili, i migranti.

Quello che conta è però anche la prospettiva in cui il Capo dello Stato ha collocato questi riferimenti, che è stata quella duplice dell’unità nazionale attraversola Costituzionee del servizio dovuto dalle istituzioni ai cittadini. È indubbio, dunque, che se da un lato Mattarella ha insistito sulla sua volontà di porsi come arbitro imparziale nelle vicende politiche e garante della Carta, dall’altro ha delineato un preciso indirizzo per il suo Settennato. Chi teme (o si aspetta) un Capo dello Stato notarile, sbaglia: difficilmente un potere può ridursi, dopo essersi espanso. Può però essere usato in modi diversi. Pare di capire che Sergio Mattarella utilizzerà questo potere in modo almeno in parte differente dal suo immediato predecessore, nonostante l’omaggio sentito a Giorgio Napolitano. In mezz’ora il Presidente della Repubblica ha detto agli italiani quale sarà indirizzo seguirà. Un indirizzo inclusivo, non di parte, ma soprattutto orientato dall’idea, con cui ha chiuso l’intervento, che le istituzioni possano, anzi debbano, riflettere il volto (e le speranze, le attese) degli italiani, dei cittadini.

Pare di capire insomma che se Sergio Mattarella sarà garante delle istituzioni, lo sarà anche e soprattutto perché queste siano più attente ai cittadini. Anche del Quirinale ha detto “che è davvero la casa degli italiani e che è bene che lo divenga sempre di più”. Questa linea avrà tempi e modi diversi da quelli cui siamo abituati. Niente a che fare con la velocità di Matteo Renzi, che piaccia o meno. E soprattutto, niente a che fare con i populismi. Molto semplicemente, nel tempo lungo della sua Presidenza (sette anni, nella società dell’eterno presente, sono quasi un’era geologica) Sergio Mattarella cercherà di essere fedele a un principio spesso ripetuto da molti democristiani di sinistra della sua generazione: il primato della vita sulla politica, il servizio della politica alla società. Una linea che riconduce la democrazia alla sua necessità di “inverarsi continuamente”, di essere sociale, prima che politica, come sosteneva Aldo Moro. Un’idea di democrazia che è innanzitutto metodo.  Un proposito che ha davvero bisogno di un tempo lungo. E di tutto il mite rigore di cui Mattarella ha dato prova nella sua storia personale.

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