Il sacrificio di Vittorio Bachelet, uomo di fede e di legge

Ripubblichiamo l'articolo scritto da mons. Peradotto il 17 febbraio 1980 su La Voce del Popolo, a 35 del barbaro assassinio da parte delle Brigate rosse di Vittorio Bachelet

Mortale agguato contro il vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura. Cittadino integerrimo e scrupoloso docente che amava l’Italia. Dal 1964 al 1973 fu presidente dell’Azione Cattolica»

Parole chiave: cattolico (1), brigate rosse (3), anni settanta (3), terrorismo (74), democrazia (17)
Il sacrificio di Vittorio Bachelet, uomo di fede e di legge

«Con Vittorio Bachelet hanno assassinato un uomo-simbolo»

 

La scelta delle vittime dà la misura dell'abissale immo­ralità in cui si agita il terrorismo italiano. L'ultima di queste vittime è il professor Vittorio Bachelet. È stato trucidato in maniera vigliac­ca nel luogo stesso del suo in­segnamento. Questo assassi­nio ha voluto colpire al cuorela Magistraturaitaliana che sta, con tenacia, perseguendo il terrorismo nelle aule dei tribunali. I terroristi hanno voluto «dare un avviso» addi­rittura al Presidente della Repubblica: Vittorio Bache­let era infatti vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura di cui Presi­dente è il Capo dello Stato. Soprattutto hanno puntato le armi contro un uomo, coeren­te servitore del bene pubbli­co, che questa scelta rinnovava ogni giorno anche alla luce del Vangelo.

In sostanza il terrorismo ha ucciso un «uomo-simbolo». Un cittadino che amava l'Ita­lia con il massimo di dedizio­ne come docente e come ma­gistrato e a cui ha offerto il dono della sua integrità morale e della sua scrupolosa professionalità. Un cattolico che ha sentito e vissuto sem­pre l'impegno per il Paese quale concreta dimostrazio­ne del legame «Chiesa-mondo» che, secondo la dot­trina conciliare della «Gau­dium et spes», esige da ogni credente In Cristo il massimo di «servizio» civile ed eccle­siale.

L'assassinio barbaro e sel­vaggio di Bachelet è il massi­mo insulto, la più proditoria aggressione, il gesto più odio­samente satanico verso quel tipo di cittadini e di credenti che nello stile di Vittorio Ba­chelet si ritrovano pienamen­te e che, dalla sua scuola di Presidente generale dell'Azione Cattolica dal 1964 a] 1973, avevano appreso di che tempra occorra essere per vi­vere la coerenza cristiana nella società.

In queste ore, in cui è più co­cente il dolore per dover registrare l’ennesima sconfitta della civiltà a opera di chi ha perso ogni senso dei ri­spetto della persona umana e dell'ordinamento sociale, la cui prima norma è il divieto di alzare la mano violenta contro l'uomo, sento il biso­gno di tracciare per me e per i lettori alcuni lineamenti di Vittorio Bachelet, cui mi le­gava lunga e profonda amici­zia. Sarà come raccogliere il suo messaggio. Servirà ad in­tensificare scelte ecclesiali e civili a servizio della società. Servirà ad inchiodare ancor più i terroristi in una responsabilità da cui nessuno mai potrà scagionarli perché identificata in una lucida e dettagliatamente program­mata voglia di omicidio.

Di Vittorio Bachelet docente e magistrato hanno già detto in molti in queste ore. Mi affi­do alla sua immagine di uo­mo, sereno, fiducioso, chiaro nei principi, operatore con­creto e consequenziale di scelte maturate alla luce del­la ragione e della fede, come lo conobbi durante la presi­denza dell'AC. Aveva un modo di presentare le cose - anche le più ardue e le più dif­ficili - con la permanente sottolineatura del sorriso e della cordialità. Aveva il gu­sto della amicizia che lo apriva alla più fiduciosa delle confidenze (lo ricordo una volta con le lacrime agli oc­chi, negli anni duri della ri­strutturazione del patrimonio e del personale dell'Azione Cattolica, dopo le epoche trionfalistiche degli anni pre­cedenti alla sua Presidenza, confidarmi la fatica di bussa­re di porta in porta per trova­re un posto di lavoro per dei dipendenti, che, una organiz­zazione diventata imprudentemente troppo fine a se stessa, aveva moltiplicato a dismisura!). E nella confi­denza rivelava la sua fede cristiana, cristallina

Debbo al Presidente Bache­let e all'assistente generale dell'Azione Cattolica mons. Franco Costa una indimenti­cabile, anche se non facile, esperienza, che mi ha fatto comprendere il valore di una Associazione laicale che ha subito cercato di tradurre nella riforma di se stessa - con la elaborazione del nuovo Statuto - l'insegnamento con­ciliare circa la responsabilità laicale nella Chiesa. Ricordo, come se fosse ora, I viaggi settimanali - durati un tri­mestre - da Torino a Roma per partecipare quale assi­stente diocesano alla stesura del nuovo Statuto. Bachelet e Costa, attenti nel prendere in considerazione ogni apporto dei membri della Commissio­ne, vivevano con tutti noi quella che ho sempre consi­derato come la più incisiva «scuola» circa il modo di vivere nella Chiesa secondo ruoli diversi, ma con piena fiducia e rispetto reciproco. Guardando il «laico» Bache­let tra vescovi e preti ho sco­perto - per poi riproporlo a tutto il laicato - la schiettezza delle parole, il sereno coraggio della critica responsabile, la precisa presentazione del­le osservazioni anche verso chi aveva compiti di Magiste­ro ma sapeva cogliere il valo­re di ogni consiglio e consu­lenza (l'impareggiabile stile di mons. Franco Costa!). Quanta distanza tra il vero «laico» Bachelet e gli untuosi e servili «laici» che non man­cano mai nelle organizzazioni cattoliche, incapaci di mani­festarsi per quello che sono e per quello che pensano!

Per questo - e lo dirà la sto­ria dell'Azione Cattolica - non fu facile la esperienza di Ba­chelet alla guida della più vasta organizzazione del lai­cato cattolico in Italia. Com­porre insieme anziani e gio­vanili, laureati, professioni­sti, operai e contadini fu l'as­sillo costante di Bachelet che, nell'elaborazione dello Statu­to dell'Azione Cattolica, ve­deva la creazione di uno stru­mento capace di suscitare la comunione ecclesiale tra tut­te le componenti del Popolo di Dio e atto a stimolare la responsabilità piena di ogni persona. Il laicato cattolico italiano deve non poco a que­sto uomo!

Dal «laico» Bachelet ho visto attuare un altro principio ,tanto predicato e teorizzato nel cattolicesimo, ma spesso tradito nei fatti: il senso vero del pluralismo. Aveva molte anime l'Azione Cattolica che si trovava in qualche manie­ra rappresentata attorno al tavolo dove di discuteva del nuovo Statuto. A disorientare gli spiriti contribuivano voci critiche, pesantemente pro­vocatrici dall'esterno della organizzazione, ma anche dubbi ed incertezze all'inter­no stesso dell'associazione. Bachelet ascoltava tutti; metteva a confronto: media­va; costruiva. Il pluralismo autentico gli impediva di chiedere uniformità indebita od unità assoluta nelle cose non necessarie al fini della associazione. Il dialogo pro­lungato scioglieva nodi e dif­ficoltà che un taglio, netto ed urgente, avrebbe reso insu­perabili.

Bachelet seppe anche dare il senso esatto della presenza del cattolico nella società ita­liana aiutando - con la stessa collocazione della sua espe­rienza personale - a distin­guere tra l'impegno politico dei credenti e il loro inseri­mento nei partiti. Non poco ha dato al laicato italiano cir­ca la necessità di una preci­sa distinzione tra esperienza politica ed esperienza par­titica evitando le confusio­ni dei ruoli e i collateralismi di «poraborrac­cia», verso certi partiti, in modo specialela Democrazia Cristiana.Questo senza mai evitare i doverosi interventi richiesti ai cattolici come tali a proposito dei più gravi problemi del Paese.

Un ultimo ricordo. I settima­nali diocesani debbono non poco al sostegno ricevuto da Bachelet negli anni. della sua Presidenza dell’Azione Catto­lica. La nostra, Federazione -la FISC- muoveva nel dopo-Concilio i suoi primi passi. Aveva bisogno dl locali come sede, di un minimo di perso­nale e di strutture per le comunicazioni. Voleva intensi­ficare la utilizzazione della agenzia settimanale SIS di proprietà dell'A.C. Bachelet fu magnanimo sempre. Con lui ci sentiamo completamen­te di casa in via Conciliazione 1, sede centrale dell'Azione Cattolica. Un rapporto effica­ce sorto una quindicina di an­ni fa e sempre più intensifica­to tra FISC e Azione Cattoli­ca.

Non è tutto qui Vittorio Ba­chelet. Forse non ho neppure tracciato il meglio di lui. È però quanto mi basta per con­tinuare a chiedermi, a poche ore dal suo assassinio, men­tre il suo volto sorridente con­tinua ad apparire sul video: «Perché lo hanno ucciso? Perché? Perché?». Ma è inu­tile cercare la logica fra i ter­roristi. Se ne avessero un mi­nimo avrebbero già deposto le armi e dichiarato dl aver sbagliato tutto perché hanno cancellato un valore di fon­do: il rispetto rigoroso della vita dell'uomo.

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