Ecco dove nascono i mali della giustizia

A colloquio con Michele Vietti, già vicepresidente del Csm. I rapporti controversi tra politica e magistratura. «La sfiducia nel nostro sistema rischia di minare la convivenza tra i cittadini e di scoraggiare gli investimenti»

Parole chiave: vietti (1), giudici (1), processi (3), magistratura (5)
Ecco dove nascono i mali della giustizia

Deputato in quattro legislature, sottosegretario alla Giustizia e poi all'Economia in due diversi governi a guida Berlusconi, quindi, nel 2010, l'approdo al Consiglio superiore della magistratura di cui è divenuto vicepresidente. Una duplice esperienza, mondo politico e universo giudiziario, sulla quale si innesta, tanto per chiudere il cerchio, la sua originaria professione di avvocato. Michele Vietti è dunque tra le persone più indicate per affrontare i temi della giustizia: dalle sue ipotesi di riforma ai sempre controversi rapporti tra politica e magistratura.

On. Vietti, quattro anni come vicepresidente Csm. Se dovesse fare un bilancio?

Certamente positivo. Nei quattro anni di lavoro sono stati affrontati aspetti importanti del governo della magistratura, con un confronto anche vivace con gli altri protagonisti istituzionali senza però mai eccedere nei toni, come sovente accaduto nel passato. Ho cercato di imprimere ai lavori consiliari un obiettivo per molti versi innovativo, che privilegiasse l'attenzione verso il servizio-giustizia da assicurare al cittadino. 

La giustizia in Italia è uno dei grandi malati. Quali i nodi che la stringono?

Il più preoccupante è l'irragionevole durata del processo. L'attesa del cittadino nel ricevere risposta alla domanda di giustizia è inversamente proporzionale all'autorevolezza del sistema giudiziario: maggiore è la prima, minore è la seconda. E la sfiducia nel nostro sistema rischia non solo di minare l'ordinata convivenza tra i cittadini, ma anche di scoraggiare gli investimenti. 

Perchè il contenzioso civile è così lungo?

È lungo sia perché ogni diritto ha oggi legittimazione a entrare nel circuito giurisdizionale e a restarci per tre gradi di giudizio, del tutto a prescindere dalla sua rilevanza, sia perché il sistema processuale applica lo stesso schema ad ogni controversia indipendentemente dalla natura e dal valore del contenzioso. Pretendere di gestire un numero patologico di cause con un modello giudiziario così poco flessibile è una contraddizione in termini che produce la paralisi del sistema.

leggi l'intervista integrale sull'edizione de Il nostro tempo del 16 novembre 2014

Tutti i diritti riservati

Attualità

archivio notizie

16/02/2018

La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin

La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita

16/02/2018

Meditazione sul Crocifisso

La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo

16/02/2018

Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria

Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione 

16/02/2018

Milioni di volti

Negli sguardi dei più disperati e poveri l'amore di Gesù Cristo