Corruzione un male atavico, il monito della chiesa italiana

Intervento del presidente della Conferenza episcopale cardinale Angelo Bagnasco e del fondatore del gruppo Abele don Luigi Ciotti

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Corruzione un male atavico, il monito della chiesa italiana

«Il popolo degli onesti deve reagire senza deprimersi, continuando a fare con onestà e competenza il proprio lavoro ma anche protestando nei modi corretti contro questo “mal esempio” che sembra essere un regime».

Il malaffare dilaga, dall’Alta Velocità ferroviaria all’Expo di Milano, dal Mose di Venezia a Roma Capitale, dalla Salerno-Reggio Calabria agli appalti pubblici al setaccio della Procura di Firenze. Da troppo tempo gli onesti subiscono. Ora si ribellano e si sollevano. Se ne fanno interpreti il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenze episcopale italiana, e don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera. Intervistato in diretta da Massimo Giannini a «Ballarò», il prete torinese chiede di «sporcarsi le mani», di migliorare la società, di battere i mali endemici dalle mafie alla corruzione.

Aggiunge il cardinale: «Lo spettacolo della corruzione è deprimente e sembra crescere. Spero che la gente non si lasci deprimere o scoraggiare dai cattivi esempi che vengono da tante parti, soprattutto da chi ha maggiori responsabilità nella cosa pubblica». Il presidente interviene a un convegno sul bullismo: è convinto che esso cresca dove mancano «valori autentici» ma anche «dare enfasi a questi fatti non fa bene a nessuno» perché tra i ragazzi e i giovani è dirompente il fenomeno-imitazione: «Si raccoglie quello che si semina. Se si semina il vuoto, si raccoglie il disastro. Si semina il vento e si raccoglie la tempesta, la tempesta di un vuoto interiore perché dove non c'è un patrimonio, una ricchezza interiore di valori autentici di ordine spirituale e morale non c'è robustezza umana e si è esposti a tutte le derive». Chiede ai media di non dare troppo risalto a queste vicende perché la troppa enfasi «non fa bene a nessuno».

Don Ciotti rivolge un appello accorato agli italiani: «Non possiamo più essere spettatori o cittadini a intermittenza: contro la corruzione, che ognuno deve sentire profondamente dentro di sé, serve un risveglio collettivo delle coscienze. Non basta chiedere ai politici di fare chiarezza, ognuno deve fare di più». Incalzato da Giannini, il prete anti-mafia dice: «Alcune proposte del governo Renzi hanno grande rilievo ma esiste il pericolo dell’ambiguità: nelle persone ci sono tanta rabbia, scontento, fatica e sofferenza, e c’è il rischio della corruzione della speranza. Non si possono fare annunci e promesse se non si è capaci di realizzarli, e per questo serve l’impegno di tutti. Servono provvedimenti che guardano in avanti ma che rispettino i diritti fondamentali delle persone».

Anche di questi temi si parlerà, da lunedì 23 a mercoledì 25 marzo a Roma, al Consiglio permanente della Cei, che si riunisce in sessione primaverile, introdotto dalla prolusione del presidente. All’ordine del giorno molti argomenti: la preparazione al Sinodo sulla famiglia di ottobre; il prossimo convegno ecclesiale a Firenze in novembre; la predisposizione dell’«Anno Santo della misericordia» annunciato da Papa Francesco; l’occupazione e il lavoro; la corruzione negli affari e nella politica; la riforme della scuola; la moralità pubblica necessaria dopo che nel «ventennio berlusconiano» sono state corrotte anche molte leggi dal falso in bilancio alla prescrizione.

Sulla scuola paritaria dice mons. Nunzio Galantino, segretario della Cei: «Il problema non è fare la questua, altrimenti saremmo vittime di questa o quella lobby. È una questione culturale. Se è vero che tutta la scuola è pubblica, anche quella paritaria, non è possibile interpretare il tema in maniera minimalista, come fanno certi benpensanti. Il problema non è avere una forma di esenzione, detrazione o un’altra: il governo deve valutare il fatto tecnico, ma bisogna entrare nella logica di assicurare libertà di scelta alle famiglie».

Dopo l’assoluzione di Berlusconi in Cassazione, il segretario della Cei suggerisce di  «leggere le motivazioni» ma «il dettato legislativo arriva fino a un certo punto, il discorso morale è un altro». L’esempio più eclatante è la legge 194 che depenalizza l’aborto, ma «non è che un fatto legale sia anche morale». Con il cambio al vertice della Cei tra Camillo Ruini e Angelo Bagnasco, e poi con l’avvento di Papa Francesco, anchela Chiesaitaliana – come tutte le Chiese del mondo – deve mettersi sulla lunghezza d’onda del pontificato bergogliano. Ruini di fatto ha cercato un’alleanza con i partiti e i politici della destra berlusconiana-leghista per riconquistare un’autorità politica e culturale perla Chiesae ha appoggiato il centrodestra, nonostante la deriva morale e razzista.

Il cardinale Bagnasco ha più volte denunciato: «La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica e respira un evidente disagio morale; comportamenti contrari al pubblico decoro; stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza; incapacità di autolimitarsi; turbamento, confusione, reciproca delegittimazione; segni profondi, vere e proprie ferite; debolezza etica; comportamenti radicalmente faziosi; attentato grave; fibrillazione politica e istituzionale; Paese inquinato».

Il presidente della Cei espone concetti netti e ultimativi e usa un linguaggio allarmato per descrivere la scandalosa situazione morale e politica che il presidente del Consiglio crea con i suoi comportamenti. All’origine di questa e di altre derive il tentativo – molte volte denunciato da Papa Benedetto - di «confinare la religione e la morale nel privato» e di «emarginare e considerare senza rilevanza la religione».

 Nella sua presidenza Cei – dopo un primo quinquennio 2007-2012 è stato confermato da Benedetto XVI e da Francesco per un altro quinquennio 2012-2017 – Bagnasco insiste molto: «Bisogna che il Paese superi la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale: i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che dura da troppi anni. Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza. La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale. Chi assume un mandato politico deve essere consapevole della misura e sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta», come sanciscela Costituzioneall’articolo 54: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarnela Costituzionee le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore».

«Basta rissa continua della politica. Fermiamoci finché siamo in tempo, prima che il disastro, antropologico oltre che politico, degeneri ancora di più» invitava l’allora segretario della Cei, mons. Mariano Crociata, che rivolgeva «un appello accorato perché accanto alle attività pedagogiche c’è anche un esempio che devono dare gli adulti. Chi ha maggiori responsabilità deve essere esemplare nel comportamento e nella vita». Parole che esprimevano la chiara condanna morale dei «festini di Arcore» in quanto «siamo avvolti in un clima di tensione costante, di rissa continua, di conflittualità».

La Cei ha poi espresso una fermissima condanna contro il giornalismo-sciacallaggio che viola la sacralità del Sacramento della penitenza e che incrina la fiducia confessore-penitente. Già negli anni Sessanta-Settanta del XX secolo la stampa radical-chic andava alla grande con «il sesso in confessione». Nel XXI secolo torna alla carica con una pseudo-giornalista del «Quotidiano nazionale» che si è presentata come una divorziata risposata che ogni domenica fala Comunionee ha riportato nel suo articolo le risposte del sacerdote che le ha ricordato che secondola Chiesalei stava sbagliando. Un comportamento che «rientra nei delitti più gravi» dal punto di vista ecclesiale-canonico.

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