Amatrice. Mons. Pompili: ad uccidere sono le opere dell'uomo, non il terremoto

Ad Amatrice, il Vescovo di Rieti ha celebrato i funerali delle vittime del sisma: “La ricostruzione non sarà una querelle politica o una forma di sciacallaggio. Non ti abbandoneremo, uomo dell’Appennino”. 

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Ad Amatrice, il Vescovo di Rieti ha celebrato i funerali delle vittime del sisma: “La ricostruzione non sarà una querelle politica o una forma di sciacallaggio. Non ti abbandoneremo, uomo dell’Appennino”.

Piove ad Amatrice. L’acqua scorre sulle macerie, mentre lacrime composte rigano i volti dei presenti. Il Vescovo di Rieti, Mons. Domenico Pompili, ha scandito, ad uno ad uno, i nomi ed i cognomi delle 242 vittime, 231 di Amatrice ed 11 di Accumuli.

Sotto la tensostruttura allestita nel cortile del complesso Don Monizzo, sono stati allineati 28 feretri, tra questi, due bare bianche: quelle di un bimbo di 3 anni e di una bambina di soli 3 mesi. In alto, sopra l’altare, è stato posto un Cristo Crocifisso, recuperato da una delle chiese lesionate. Accanto, su un cumulo di macerie,  la statua della Madonna della neve.

Il tendone era stato costruito per ospitare 1000 persone, ma sono più di 3000 i presenti. Tra di loro il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Premier Matteo Renzi ed i Presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso.

A celebrare, accanto a Mons. Pompili, c’erano il Vescovo emerito de L’Aquila, Mons. Giuseppe Molinari, il Vescovo di Ascoli Piceno, Mons. Giovanni D’Ercole e l’Elemosiniere Pontificio Monsignor Konrad Krajewski, che ai giornalisti ha dichiarato: “Il Papa ha voluto che venissi e io sono qui. Ha mandato i rosari a tutte le famiglie di coloro che sono stati colpiti dal terremoto”. E’ giunta anche la conferma della prossima visita del Santo Padre: “Quando verrà il Papa non posso dirlo, ma verrà”. Lo stesso Mons. Pompili, concludendo il suo intervento, ha detto: “Ringraziamo il Papa e lo aspettiamo”.

Il terremoto non uccide. Uccidono piuttosto le opere dell’uomo!

Nella sua omelia il Vescovo di Rieti ha preso spunto dal passo del Libro delle Lamentazioni del Profeta Geremia che narra la distruzione di Gerusalemme: “Questo brano si presta bene ad evocare la devastazione di Amatrice e di Accumoli. Sembra di risentire i sopravvissuti: un rumore assordante, pietre che precipitano come pioggia, una marea asfissiante di polvere. Poi le urla. Quindi il buio”.

“Il terremoto non uccide. Uccidono piuttosto le opere dell’uomo! I paesaggi che vediamo e che ci stupiscono per la loro bellezza sono dovuti alla sequenza dei terremoti”.

Monsignor Pompili ha raccomandato di “aspettare in silenzio la salvezza del Signore”. Perchè “Dio non può essere utilizzato come il capro espiatorio. Al contrario, si invita a guardare in quell’unica direzione come possibile salvezza”. Davanti alle circostanze più drammatiche “va evitato di accontentarsi di risposte patetiche e al limite della superstizione. Come quando si invoca il destino, la sfortuna, la coincidenza impressionante delle circostanze. A dire il vero senza terremoti non esisterebbero dunque le montagne e forse neppure l’uomo e le altre forme di vita”.

La “forza” della mitezza

“Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò… sono mite e umile di cuore”. Queste parole di Gesù sono “come un balsamo sulle ferite fisiche, psicologiche e spirituali di tantissimi. Troppi. Non basteranno giorni, ci vorranno anni. Sopra a tutto è richiesta una qualità di cui Gesù si fa interprete: la mitezza. Che è una forza distante sia dalla muscolare ingenuità di chi promette tutto all’istante, sia dall’inerzia rassegnata di chi già si volge altrove. La mitezza dice, invece, di un coinvolgimento tenero e tenace, di un abbraccio forte e discreto, di un impegno a breve, medio e lungo periodo”.

Solo così “la ricostruzione non sarà una querelle politica o una forma di sciacallaggio di varia natura, ma quel che deve: far rivivere una bellezza di cui siamo custodi. Disertare questi luoghi sarebbe ucciderli una seconda volta”.

Non ti abbandoneremo uomo dell’Appennino

“Abitiamo una terra verde, terra di pastori. Dobbiamo inventarci una forma nuova di presenza che salvaguardi la forza amorevole e tenace del pastore. Come si ricava da un messaggio in forma poetica che mi è giunto oltre alle preghiere: - Di Geremia, il profeta, rimbomba la voce: ‘Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più’. Non ti abbandoneremo uomo dell’Appennino: l’ombra della tua casa tornerà a giocare sulla natia terra. Dell’alba ancor ti stupirai”.

Noi vogliamo restare qui

“Immaginate il dolore - ha detto al termine della funzione il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi - per me erano il macellaio, il fornaio, i genitori delle bambine che andavano a scuola con i miei figli”. “Questa gente è morta perché amava questa terra e noi vogliamo restare qui”. Un forte applauso ha accolto le lacrime del sindaco.

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