Un "Polo" da costruire con l'apporto di tutte le tradizioni culturali senza egemonie

Inaugurata a Torino la casa della cultura storica del secolo breve, una riflessione sul suo futuro prossimo

Parole chiave: novecento (4), storia (31), secolo (1), torino (730), istituzioni (6)
Un "Polo" da costruire con l'apporto di tutte le tradizioni culturali senza egemonie

Negli edifici di San Celso e San Daniele, complesso settecentesco dei Quartieri Militari Juvarriani, il Polo del Novecento, spazio pubblico di incontro, studio e ricerca: nove chilometri di documenti, 300.000 libri, 130.000 fotografie, 53.000 audiovisivi (film e documentari), 900 fondi archivistici, 21.000 manifesti, 400.000 file digitalizzati.

Soci fondatori del Polo del '900, presieduto da Sergio Soave, sono Regione Piemonte, Comune di Torino e Compagnia San Paolo, che ha stanziato circa 7 milioni di euro (5 per il restauro e il resto per allestimento e arredi) ai quali si aggiungono per il programma 1 milione per il 2014, 1,6 per il 2015 e la stessa cifra per il 2016. Il numero degli enti culturali è passato dai 12 iniziali - tra cui fondazioni Gramsci e Vera Nocentini, Donat-Cattin, Istituto Salvemini e Centro Studi Gobetti - che hanno conferito il loro patrimonio, a 19. Ogni anno arriveranno 600.000 euro dalla Compagnia, 300.000 dalla Regione Piemonte e 300.000 dal Comune di Torino.

Partito molto tempo fa, che oggi è arrivato a compimento. Il dibattitto sul tema del pluralismo e della presenza delle varie tradizioni culturali e ideali (liberale democratica, socialista-marxista, cattolica, azionista, popolare ecc.) si è accesso in città e tra i mezzi di comunicazione. Sarà importante capire come si muoverà la struttura che raccoglie tanti piccoli e grandi istituzioni e fondazioni culturali e come e se veramente il Polo del Novecento diventerà vermamente uno spazio plurale.

In una prima e assolutamente parziale e sintetica riflessione si potrebbe dire che non basta restare ancorati ai "pantheon" delle scuole ideologiche, personaggi e movimenti piemontesi e non e neppure soffermarsi alle critiche di una grafica (quella del manifesto di promozione) molto discussa. Occorrerà tornare con più attenzione e profondità sul tema. Interrogarsi e domandare si promotori quale progetto culturale sarà realizzato nell'immediato futuro. La risposta non potrà che esere articolata e complesso a patto che non nasconda il rischio di aver compiuto una ottima operazione di recupero della memoria ma solo sommando sigle e storie, tutte qualificate e ricche di storia, inserendole negli spazi dei Quartieri militari. Senza dimenticare i tanti altri centri studi e fondazioni che non sono entrati a far parte del Polo, e che oggi rischiano di rimanere marginalizzati.

E' appunto il Novecento, il tempo del quale siamo figli che dovrà essere sondato, indagato e penetrato, senza steccati ideologici ma con la consapevolezza che le cultura non si annullano e le nuove strade si construiscono insieme nella pluralità e nelle differenza, senza la nostalgia di culture dominanti e sovrastanti o piccole riserve indiane di un pensiero forte perduto o smarrito, anche da coloro che oggi ne rivendicano la primogenitura.

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