L’industria della cultura

Rapporto Ires: in Piemonte le imprese culturali sono oltre 21mila, danno lavoro a 80mila persone e hanno un giro di affari di 5 miliardi di euro. Torino fa la parte del leone

Parole chiave: cultura (48), torino (730), futuro (36), sviluppo (16)
L’industria della cultura

La cultura cresce e dà da mangiare: un poco, ma ci sono tutte le condizioni perché possa diventare grande. Ciò che emerge dalla relazione Ires è miele per Torino e il Piemonte.

La cultura è passata quasi indenne attraverso gli anni più bui della recessione economica, quella più dura, non dimentichiamolo dopo il ’29 della miseria, è cambiata, si è reinventata e si propone come “ramo fertile” dell’economia. Clamoroso!  E chi diceva che con la cultura non si mangia si ricreda.

Diciamolo. È il risultato di un lavoro che ha coinvolto Regione, Comuni, Province (quel che resta) e mille associazioni che hanno creduto (pagando di tasca loro) in una scommessa difficile, rischiosa, fatta di tante co.co.pro, partite Iva, free lance ma lo scenario è eloquente.

Dunque eccolo. Sono oltre 21 mila le aziende che producono, fanno, accompagnano la cultura in Piemonte con un giro d’affari di 5 miliardi. E in questa faticosa corsa verso il riscatto generazionale la parte del leone la fanno gli ingressi nei cinema e nei musei.

Sono a tutt’oggi, oltre 80 mila le persone occupate (a vario titolo e con tutte le forme di rapporti di lavoro previste dalla legge). Ricordo, per inciso, che 80 mila è una cifra importante. Pensiamo che quando l’Olivetti ha chiuso, ha aperto i cancelli in uscita (licenziamenti) ad oltre 60 mila persone tra rapporti diretti e indotto.

Certo, rispetto al 2011, si registra una diminuzione degli occupati dell’1 per cento. Ma è la crisi che ha cambiato le forme di ingaggio, null’altro. Se guardiamo la produzione vediamo che il peso, in termini di fatturato, ha premiato la invenzione del software per spettacoli, giochi, intrattenimenti, libri, ma la prateria culturale si è aperta, sia pure con tutte le contraddizioni e i ritardi del caso.

Allora, 6 imprese su 10 sono concentrate nel torinese a loro si può ricondurre il 70 per cento del valore aggiunto.

Certo, sono aumentati gli investimenti in cultura decisi dalle istituzioni: 250 milioni nel 2014 oltre ad un lieve +1,7 per cento di fondi dei Comuni che, poveretti, hanno dovuto fare i conti con tutte le follie delle varie Leggi di stabilità. Tuttavia la Regione ha investito il 33 per cento in più. Debole ancora l’intervento dei privati, solo il +1 per cento. Sono piccoli, ma cresceranno.

È la prova che la maturazione del progetto di «cambio di mentalità» sta andando avanti. S’è sempre detto che finita l’eredità di una città monoculturale e fordista o post-fordista bisogna investire su storia, cultura, gastronomia. Così è stato.

Ci dicono che la realizzazione di Terra Madre per le strade della città ha prodotto benefici economici che superano i 28 milioni di euro. Un fenomeno da seguire, da aiutare, incrementare. Ricaduta economica vuol dire che qualcuno ha saputo coniugare bene la spinta culturale, con quella dei prodotti etnici e locali e dello stare insieme. È il matrimonio delle culture e delle tradizioni in una città che da sempre (almeno fino dagli anni Settanta) è un laboratorio d’Italia.

Nel 2015 e nel 2016 i 146 musei culturali del Piemonte monitorati dall’Osservatorio hanno registrato quasi 6 milioni di ingressi confermando l’andamento positivo degli anni precedenti e migliorando i risultati del 2014 con un passo in avanti dell’8 per cento.

Guidano la avanzata positiva i 42 musei dell’area metropolitana di Torino che solo nel 2015 hanno realizzato 4,7 milioni di visite. E, naturalmente, vista l’intelligenza e la genialità dell’offerta, stravince il Museo Egizio che ha contato oltre 200 mila visite in più rispetto all’anno precedente. Fanno ottimi risultati il Museo del Cinema, quello del Risorgimento, l’armeria Reale, il Polo Reale e tutti i musei della città. È il segnale da un lato del risveglio d’interesse degli stessi torinesi e piemontesi, dall’altra di una lievitazione di appeal sul piano nazionale ed internazionale. Ingressi vuol dire addetti alla reception, guide, bar, libri, video: un indotto che dà da mangiare appunto e prospettive di speranza ai giovani. Perché, poi, a questo grande movimento di gente, si affiancano i lavori nei bar, nei self service, nei ristoranti, nei bus turistici, nei trasporti e in tutta quella massa di servizi che è il corollario concreto dell’Affaire. Siamo non all’inizio, un pochino oltre. Si è riusciti con l’inventiva, l’intuito, la genialità di tante persone, esperti e amministratori, ad agganciare qualche ‘circuito internazionale’. Certo quando anche la Rai (parlo dei tg) si accorgerà che oltre a Roma, Firenze, Napoli, Venezia e qualche volta Milano sta prendendo spazio, anche nei pacchetti mondiali, Torino e il Piemonte con le storie straordinarie dei Savoia, le Residenze Sabaude, Venaria Reale, l’incredibile fiaba d’amore della contessa Rosa Vercellana (contessa di Mirafiori e Fontanafredda) «la bella Rosina», «la bela Rusin» sarà molto meglio.

Se poi si riuscirà a mettere in contatto quest’offerta con quella dei laghi Maggiore e d’Orta o l’incredibile patrimonio dell’Unesco delle colline della fatica, del sudore, ma soprattutto del Barolo e del tartufo della Langhe e del Roero, il ‘bacino’ di sviluppo potrà crescere ancora e di tanto. La formula è fatta di cultura, di storia, di prodotti, di ambiente. L’importante è saperla miscelare con saggezza, grazia e coscienza.

Per ora cinema e musei. Pensate quasi 17 mila abbonamenti venduti cui sono associati quasi 800 mila ingressi nei siti dei beni culturali.

Nel 2015 il cinema in Piemonte chiude con un risultato sia in termini di biglietti venduti che di incassi senz’altro lusinghiero. Ci sono 245 schermi presenti in almeno una sessantina di comuni che hanno generato quasi 50 milioni di incassi ed un aumento dei biglietti venduti che arriva all’8 percento. Certo la strada è ancora lunga dopo la paralisi provocata dal «rogo dello Statuto» e i morti innocenti, ma la loro morte è servita a cambiare il mondo dell’offerta cinematografica: le multisale sicure, i cinema rifatti, uno stile nuovo che ha coinvolto anche le tante sale cinematografiche delle parrocchie che, soprattutto  nelle periferie, restano un ‘luminicino’ acceso per creare cultura ed aggregazione.

Sono cresciuti anche gli spettacoli dal vivo. Un passo avanti dei 5 per cento nel 2015 (confermato dalle anticipazioni del 2016), +28,4 per cento di incassi e + 14 per cento di biglietti venduti in controtendenza rispetto agli anni della grande crisi. Positivi anche i risultati del teatro: nel 2015 gli spettacoli hanno registrato oltre 80 mila biglietti in più. Si conferma il trend positivo del balletto: + 10,9 per cento degli spettacoli, +12,7 per cento di biglietti venduti e di incassi.

Sono tutti segnali importanti di come la società stia cambiando. In meglio.

Si va al museo, in prevalenza, nella primavera. Devono ancora maturare invece la loro «attrazione fatale» i musei dei beni regionali che sfiorano ma non superano il milione di ingressi, con un calo del 3 per cento.

E a suggello ecco i primi dati 2016. Va ancora meglio: oltre 2 milioni e mezzo di ingressi nei musei di Torino (Venaria Reale, Museo Egizio, Gam, Palazzo Madama, Palazzo Reale), 300 mila in più. Un bel risultato. Nel mondo che non ha più il posto fisso musei, teatri, cinema, spettacoli possono dare speranza ad una parte importante dei nostri figli e nipoti. Proviamoci. Proviamoci ancora

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