Il cardinale Bertone all'inaugurazione dell'anno accademico del Rebaudengo

Il cardinale Tarcisio Bertone, all'inaugurazione della Scuola Superiore di Formazione “Rebaudengo” a Torino

Parole chiave: Rebaudengio (1), card. Bertone (1), università (76)
Il cardinale Bertone all'inaugurazione dell'anno accademico del Rebaudengo

 «Uno dei problemi fondamentali dei giovani è la mancanza di lavoro. Occorre perciò che le università, le imprese, le professioni, si incontrino per offrire ai giovani opportunità di misurarsi con i diversi sbocchi al mondo del lavoro e di partecipare a progetti e concorsi anche avendo accesso a borse di studio e di specializzazione. In questo senso, sono stati, e saranno di capitale importanza le attività di orientamento professionale, che soprattutto alcune facoltà universitarie hanno sviluppato a favore delle comunità educative, per individuare capacità ed opportunità nel vasto mondo del lavoro».

 Così il cardinale Tarcisio Bertone ha richiamato l’importanza di una sinergia tra sapere universitario e mondo del lavoro, inaugurando il 21 novembre l’Anno Accademico 2014-2015 della Facoltà di Psicologia della Scuola Superiore di Formazione “Rebaudengo” a Torino.

 La cerimonia di inaugurazione si è svolta dopo la solenne concelebrazione eucaristica presieduta da don Enrico Stasi, Ispettore dei Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta e si è conclusa con l’inaugurazione della biblioteca «Mario Viglietti».

 Una prolusione quella pronunciata dal cardinale Bertone dedicata a «Le sfide dell’Università cattolica, una passione che si rinnova» articolata in un’ampia analisi della realtà attuale in cui i giovani stanno crescendo e si stanno formando. Un’analisi in cui la nostra società risulta immersa «in un'epoca – ha sottolineato il cardinale - turbata da profonde crisi, ma anche largamente aperta all'influsso salvifico del messaggio cristiano, che non smette mai di interpellare le coscienze, con la sua capacità di visione e di interpretazione della storia». E i giovani? «I giovani – ha evidenziato - hanno senza dubbio maggiore coscienza di sé. In loro si manifestano in modo accentuato le fratture culturali con le generazioni precedenti. Se intessono nuovi rapporti a livello orizzontale, allentano i tradizionali rapporti genitori-figli; adottano o subiscono nuovi linguaggi; spesso pagano gli errori e le deficienze degli adulti; sono vittime di "falsi profeti". Ma basta guardare “gli angeli del fango” di Genova e di Parma per accorgersi che di fronte alle calamità e alle emergenze, sanno sprigionare forze di solidarietà e capacità di dedizione fino al sacrificio di sé, mossi dal proprio cuore e dalla propria umanità».

 Dai giovani alla famiglia, al mondo della scuola, a quello dei mass media e in particolare di internet, alla mancanza del lavoro, l’analisi del cardinale è quindi passata alle «sfide peculiari delle università cattoliche». Tra le sfide l’internazionalizzazione degli studi universitari, l’utilizzo delle risorse on line negli studi universitari, il rapporto  col mondo del lavoro

 «Di fronte alle sfide e agli impegni che abbiamo passato in rassegna, e agli altri che compongono il vasto orizzonte dell’attività universitaria – ha concluso - ci si può domandare se è ancora possibile mantenere l’identità cattolica di una università. Penso che la risposta non possa che essere positiva e stimolante. Come alle origini così nel corso dei secoli e nell’attualità, “l’istruzione superiore cattolica si propone di formare uomini e donne capaci di pensiero critico, dotati di elevata professionalità, ma anche di una umanità ricca e orientata a mettere la propria competenza al servizio del bene comune […]. Ricerca, insegnamento e varie forme di servizi rispondenti alla sua missione culturale sono le dimensioni fondamentali verso le quali indirizzare la formazione universitaria, dimensioni che devono dialogare tra scienza e umanità. In una università cattolica l’ispirazione cristiana permea la vita stessa della comunità universitaria, alimenta l’impegno per la ricerca, fornendo ad essa una direzione di senso, e sostiene il compito di formazione dei giovani, ai quali può essere offerto un orizzonte più ampio e significativo di quello costituito dalle pur legittime attese professionali”. Si tratta di superare una concezione puramente funzionale dell’educazione come se essa dovesse legittimarsi solo al servizio dell’economia di mercato e del lavoro; al contrario si tratta di coltivare una educazione integrale sviluppando una molteplicità di competenze, di creatività, di immaginazione e coltivando la capacità di assumere delle responsabilità, la capacità di amare il mondo, di praticare la giustizia e la solidarietà. Tutto ciò non ha per obiettivo la meritocrazia di una élite ma, pur nella ricerca della qualità e dell’eccellenza, si rivolge a tutti gli studenti che accedono all’università, senza dimenticare l’intero mondo giovanile, in particolare coloro che sono stati feriti nella loro infanzia o che sono segnati dall’insuccesso scolastico.

        

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