Fedi in dialogo: convivenza, pace e rispetto

Alla Fabbrica delle "e" di Torino una serata di dialogo per la XIV giornata del dialogo cristiano-islamico

Parole chiave: islam (60), cristianesimo (33), torino (730), dialogo (74), gruppo abele (6)
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Cristianesimo e islam sono come i due montanti di una scala a pioli, che ha base sulla solida terra e si appoggia in alto, in Dio. Occorre che i due montanti siano vicini per tenere saldi i pioli. I pioli per salire sono il dono di sé a Dio, la preghiera regolare, il digiuno, la condivisione (che nessuno sia bisognoso), la conversione del cuore, la memoria della presenza di Dio, l'ospitalità senza frontiere nell'unico mondo, l'appello alla lotta spirituale interiore. Più che l'importanza dei pioli, è importante salire. Questa parabola della vicinanza tra le due religioni viene da frère Christian, dei monaci di Tibhirine, martiri della pace tra cristiani e musulmani, e l'ha riferita fr. Guido di Bose nella XIV giornata di dialogo cristiani-islamico, a Torino, il 27 ottobre, nella Fabbrica delle E (la congiunzione «e», per unire invece di opporre). 

La giornata è ormai tradizione in centinaia di località, dal 2001, quando, dopo l'11 settembre, si volle reagire positivamente a chi riduceva l'islam al terrorismo. Giovanni Paolo II, nel 1991, davanti alla guerra di Bosnia, ricordò che il cristianesimo non si identifica con l'occidente.

A Torino questo dialogo è promosso da un gruppo interreligioso attivo dal 1996 (info.insiemeperlapace@gmail.com) e dall'Associazione islamica delle Alpi (www.islamtorino.it), insieme a 54 associazioni e gruppi aderenti. Il tema dell'anno è «Dall'accoglienza alla convivenza pacifica», nella comune consapevolezza dei drammi, delle guerre, e dell'abuso della religione che certi violenti fanno oggi, ma soprattutto nell'appartenenza all'unica umanità e nelle comuni radici delle fede in Dio: chi vuole pace deve dare pace.

Hamza Roberto Piccardo, esegeta del Corano, ha segnalato che, secondo alcune inchieste, i musulmani in Italia sono “percepiti” come se fossero il 20%, mentre sono il 4%.  Così in altri paesi europei. In alcuni l'accoglienza è anche impedita. Ma le identità non sono statiche: i nipoti saranno diversi dai nonni. L'innesto dei popoli e delle civiltà arricchisce l'umanità. L' “altro” è nella comune umanità. Piccardo auspica che la politica e le chiese siano più attente a queste realtà preziose di dialogo. Sulla cittadinanza italiana si vedono passi positivi. Sul palco, alcune sedie vuote ricordavano le donne maltrattate, i bambini annegati e tutte le vittime tra i profughi in fuga da guerre e violenze. La serata ha avuto soprattutto momenti intensi di preghiera musulmana e di preghiera cristiana, la costruzione di una casetta simbolica, mattone su mattone, e suggestivi cori religiosi in un generale abbraccio di pace, e molte testimonianze toccanti di chi ha vissuto sulla sua pelle il bisogno di rifugio e l'accoglienza per una nuova vita insieme.

Una bella favola indiana, riferita da Dario, del Gruppo Abele ospitante, narra di un gruppo di naufraghi approdati su un'isola. Sono soccorsi e rifocillati dagli autoctoni, che poi però spiegano che non possono trattenerli, non c'è posto per tutti.  Ma un saggio porta una tazza colma di latte e un po' di zucchero: «Guardate. Se metto lo zucchero nel latte, il livello non cresce e il latte diventa più buono».

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