Appendino, i debiti come alibi?

La città e l'Amministrazione Cinquestelle: ecco le prime grandi scelte sul futuro di Torino

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Appendino, i debiti come alibi?

Il sindaco di Torino Chiara Appendino ha annunciato che quest’anno, per far quadrare i conti della Città, dovrà far saltar fuori 30 milioni di euro non previsti fino a ieri. Esistono debiti che la Giunta grillina sostiene di aver scoperto tardi, somme certificate di recente dalla Corte dei Conti, arretrati dell’Amministrazione Fassino nei confronti del aziende partecipate Gtt e Infra To. Il Bilancio ne dovrà tenere conto.

Sono trascorsi sette mesi dal cambio della guardia a Palazzo Civico: quanto durerà ancora questa questione dei debiti nascosti, che non si conoscevano? L’ombra del passato, di eventuali errori ma anche degli oneri assunti sotto la luce del sole per sostenere lo sviluppo di Torino nell’ultimo ventennio non può essere chiamata in causa per sempre; rischia di diventare un alibi per giustificare tagli e riduzione di servizi, se non un raggio un corto delle capacità decisionali.

È in questione la visione complessiva della città e della sua recente vicenda storica. I 30 milioni che mancano all’appello, legati a opere infrastrutturali strategiche di Gtt e InfraTo, rappresentano meno del 3% di un Bilancio annuale pari a 1 miliardo e 300 milioni: una percentuale che si potrebbe definire naturale in una città proiettata a guardare avanti, ad osservare l’orizzonte in piedi, pronta allo scatto, per afferrare il proprio futuro. Ma è questa l’immagine che ci rimanda il continuo allarme sui conti della nuova Amministrazione? Non si sta forse rischiando di prolungare, anche per il 2017, slogan e parole d’ordine elettorali sui limiti di chi ha governato negli anni passati? Sempre che siano veri limiti.

Non ci si può esimere dalla domanda, perché dentro di essa c’è la Torino come la vediamo, alle prese con problemi di liquidità che le derivano dal suo cambio di pelle. La città non solo sconta le opere olimpiche (e le sconterà almeno per un altro decennio), ma ha investito in grandi infrastrutture, dal passante ferroviario alla metropolitana. Un «combinato disposto» costato 2 miliardi e 300 milioni. Gli investimento non sono stati un lifting, ma una scommessa di crescita, con i suoi prezzi. L’eco suscitata nel mondo ha regalato alla città una inedita e internazionale dimensione con cui proporsi anche nel campo culturale.

Le polemiche sui «30 milioni in più» rischiano di mettere in ombra altri giudizi positivi espressi dalla stessa Corte dei Conti sul recente passato: debito ridotto e saldo più vicino al bilancio di pareggio tra entrate ed uscite. In coda, i giudici amministrativi hanno avanzato una richiesta, in linea con gli indirizzi del ministro Padoan: un nuovo piano di razionalizzazione delle aziende partecipate con il quale decidere che cosa si mantiene e che cosa si vende. Ed è questa, pensiamo, la vera sfida sui cui la Giunta Appendino dovrà cimentarsi.

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