“La santa coppia”

Al Teatro Gioiello dal 4 al 6 novembre le vicende dei Papi Ratzinger e Bergoglio

Parole chiave: teatro (14), chiesa (665), bergoglio (61), ratzinger (3)
“La santa coppia”

Due papi di Santa Romana Chiesa in coabitazione. Qualche anno fa poteva sembrare fantapolitica ma la Storia si è premurata di smentire tutti con le vicende pontificali di Ratzinger e Bergoglio. Ora anche il teatro si interessa a questo «format narrativo». Dopo il festoso debutto torinese dello scorso mese di gennaio e qualche replica itinerante, torna così al Gioiello, dal 4 al 6 novembre, la storia dei due papi raccontata ne «La santa coppia».

Si tratta di una commedia, benevola, rispettosa e molto briosa, scritta da Toni Mazzara, Gianpiero Perone, Cristian Messina, Mauro Villata e Domenico Ippolito, interpretata da Margherita Fumero, Franco Barbero, Mauro Villata, Gianpiero Perone, Cristian Messina (che firma anche la regia dell’allestimento) e Francesco Damiano. Il plot racconta di Leone XIV (tedesco, di nome Joseph/Giuseppe…) e Leone XV (argentino, di nome Francesco…) obbligati a convivere sotto lo stesso tetto, il primo assistito da suor Pazienza (Margherita Fumero) e il secondo dal segretario particolare Dante Antiossi (Franco Barbero). Un quadro di continuo movimentato dagli interventi scattanti e clowneschi dei fratelli Babbione (Damiano e Messina), colorati e buoni per ogni evenienza (cuochi, tecnici ripara tutto…). Giuseppe/Leone XIV (Mauro Villata) gira per casa, pensionato, tradizionalista, brontolone, contemplativo e tutto preso con le sue «ore di gregoriano»; Francesco/Leone XV (Gianpiero Perone), giovanilmente spigliato ed attivo, affabile, attento ai social media, è dedito alla sua missione a ritmo di musica latinoamericana.

Una coppia di papi, una coppia di assistenti, una coppia di pasticcioni guastafeste. Tutto si gioca sulle giravolte della farsa, dove i «veterani navigati» Fumero e Barbero fanno muovere, con antica perizia, il motore dell’intreccio e i due papi, Villata e Perone, non sono da meno nel tenere la scena. Con la variabile lunare, fluorescente e mercuriale dei fratelli Babbione. Divertimento genuino, mai banale, con gag e numeri «teologicamente corretti», calati in un’antica aria da teatro che sarebbe piaciuta a Macario. Il tutto, ovvio, ripensato all’oggi, con garbo e misura. Cosa chiedere di più?

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