Sandretti, il funzionario che salvò l'Archivio di Stato

In mostra la storia dell'Archivio di Stato di Torino fra guerra e Resistenza

Parole chiave: torino (730), archivio di stato (2), seconda guerra mondiale (3), resistenza (23), liberazione (10)
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È una mostra molto particolare quella allestita all’Archivio nazionale di Stato di Torino. Si intitola «Storie di archivi. Storia di uomini» e racconta l'Archivio di Stato fra guerra e Resistenza, fornendoci oltre a uno spaccato storico di quel periodo, anche la storia degli uomini e delle donne che lavorarono nella sede di via Piave 21 in quegli anni difficili.

Perno di tutta la mostra, organizzata insieme all'Istituto piemontese della storia della Resistenza, è la figura di Matteo Sandretti (1905-1987), funzionario dell'Archivio, al quale ha lasciato il suo archivio personale. Ma anche figura di spicco della Resistenza. A raccontare la sua biografia, professionale e politica, la prima sezione della mostra allestita nella scenografica rotonda esagonale al di sopra della grande sala di studio. Ma si può dire che anche il resto della mostra fa capo a lui: il solerte funzionario che riceveva gli elogi del direttore, l'uomo che amava l'Archivio e il proprio lavoro.

Fu Matteo Sandretti infatti che, insieme a tutto il personale, si prodigò per salvare l'Archivio e il suo prezioso contenuto durante la guerra. Ma come? A raccontarlo la seconda sezione della mostra, che illustra nel dettaglio le operazioni eseguite per salvare il patrimonio archivistico: 35.480 metri lineari di scaffalatura, che verso la metà di luglio del '43 furono trasferiti da Torino a luoghi più sicuri. L'Archivio di Corte, raccolto in 1.528 casse, scortato dallo stesso Sandretti, fu trasportato in quaranta viaggi d'autocarro - ciascuno dei quali impegnò una giornata intera - nei castelli di Montaldo Torinese, San Giorgio Canavese, Agliè, Uviglie, Fubine, Camino Monferrato, sedi che appartenevano quasi tutte a nobili famiglie piemontesi.

Dopo l'8 settembre fu necessario salvaguardare il patrimonio archivistico sia dai tedeschi che dai partigiani. Nel novembre del '43, in odio al re traditore, il capo della Provincia di Alessandria fece sequestrare i documenti di Camino, Fubine e Uviglie, perché riguardavano la storia della Casa Savoia. A tal proposito una lettera del Soprintendente dell'Archivio, molto preoccupato, fa presente alla Prefettura di Alessandria che quei documenti sono beni demaniali, non appartenenti alla Casa Savoia. Solo nel '46 i documenti tornarono a Torino. Sul registro delle presenze in studio leggiamo la riapertura delle Sezioni Riunite il 13 marzo 1946.

Anche l'Archivio subì i danni dei bombardamenti angloamericani, che colpirono Torino dal 20 novembre 1942 all'estate del ‘43, con dodici terribili incursioni, che ricordiamo con le parole di Emanuele Artom: «Sembra che una nuvola di fuoco, resa ancor più luminosa dall'oscurità, gravi su Torino» (dai «Diari», gennaio 1940-febbraio 1944). L'8 dicembre del 1942 spezzoni incendiari distruggono il teatro Alfieri, danneggiano l'ospedale di San Giovanni Vecchio e le Molinette; le fiamme divorano un'intera ala del secondo piano delle Sezioni Riunite in via Santa Chiara 9, e l'Archivio di piazza Castello. Anche in questa occasione, grazie all'opera straordinaria di Matteo Sandretti, i danni furono limitati. Accanto a fotografie, lettere, manifesti, è l'Archivio stesso che mostra i disastri della guerra: come un pugno ci colpiscono i faldoni squarciati dalle bombe, accanto a un proiettile spoletta di ordigno rinvenuta nei suoi depositi.

L'articolo completo su Il Nostro Tempo di domenica 15 maggio 2016

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