Otto secoli di commercio, l’altra storia della città

Archivio comunale. E' stato presentato un nuovo volume sulla vicenda economica torinese

Parole chiave: commercio (20), storia (31), torino (730)
Otto secoli di commercio, l’altra storia della città

Da ormai trentacinque anni il Comune di Torino, attraverso lo strumento del suo ricchissimo Archivio Storico, ha privilegiato la ricerca sulle sue vicende storiche, utilizzando i documenti originali. Ne sono derivate alcune collane di pubblicazioni, fra le quali eccelle la famosa Serie Blu. In una veste grafica più modesta, meglio adatta alle ristrettezze del bilancio comunale, si è affrontato un tema che sinora era rimasto sullo sfondo, quello del commercio. Qualche anno fa, parlando di sviluppo economico alcuni avevano teorizzato che, dopo la rivoluzione agricola e quella dell’industria, sarebbe venuto il tempo della rivoluzione commerciale, dimenticando che in realtà il commercio aveva sempre rivestito una importanza fondamentale, talvolta con percentuali importanti del reddito delle diverse popolazioni mondiali. Il commercio, anzi, specialmente nel Medioevo, è stato la componente più rilevante dello sviluppo di molte aree. Basti pensare al ruolo dei mercanti italiani e fiamminghi o alle diverse vie della seta attraverso Asia ed Europa e alle carovaniere dei deserti.

Nella storia di Torino mancava un capitolo specifico dedicato al commercio e quando ci siamo accinti ad affrontarlo, il collega Rinaldo Comba e il sottoscritto, abbiamo subito concordato sul fatto che il titolo della ricerca non poteva che fare riferimento ad un contributo parziale. «Per» e non «La» storia del commercio data la vastità del tema e la ricchezza della documentazione esistente, anche se di una tipologia abbastanza singolare. Infatti, mentre in alcune regioni sono reperibili ricchi archivi di aziende mercantili, basti pensare all’archivio di Francesco Datini di Marco di Prato, i dati sul commercio torinese - medioevale, dell’età moderna e contemporanea - sono sparsi in una infinità di fondi, per cui si è resa necessaria una ricerca diffusa e di contorno, molto differenziata a seconda delle epoche. È stato necessario, comunque, tenere conto del diverso significato del termine commercio, nelle varie forme in cui si è presentato, fra la mercatura medioevale, con le botteghe, e il commercio posteriore, con i negozi. E stato così necessario distinguere fra il commercio del frutto del lavoro di chi vendeva e il commercio al minuto dei prodotti finiti da altri. Ne è derivato un quadro arricchito della città di Torino, rispetto all’immaginario odierno della città industriale, riscoprendo il suo ruolo nei secoli, da luogo di transito fra paesi importanti al di qua e al di là delle Alpi sino a quello di capitale politica, con i moltiplicatori economici propri di queste specificità. Appare, quindi, una città medioevale in piena sintonia con le coeve europee, offrendo ai lettori torinesi alcuni aspetti ignoti o dimenticati, come quello della vicenda vissuta al tempo della grande crisi fra Trecento e Quattrocento, le produzione tessili, le specializzazioni nella lavorazione dei metalli sino all’avvento della grande avventura della seta, la vera ricchezza torinese a disposizione della finanza degli anni tumultuosi ed esaltanti del Risorgimento.

La vicenda della capitale sabauda rivela i grandi progetti di riforma del Seicento, che regolano in modo nuovo il commercio, ormai prevalentemente al minuto e alla ricerca della soddisfazione della grande domanda di consumi per la Corte, la cui magnificenza richiederebbe nuove ricerche. Basta la riforma del sistema dei pesi e misure di Carlo Emanuele I per dare un volto allo sviluppo dei secoli seguenti, che determinerà il ruolo propulsore nel contesto della penisola italiana.

Al temine del lavoro è giunto naturale il titolo definitivo con riferimento ad otto secoli di sviluppo, i quali sono quelli che fanno comprendere appieno il cammino della città, in un contesto che ha determinato il suo aspetto urbanistico, il suo evolversi all’interno di comunità più ampie e addirittura il suo modus vivendi, proiettando l’analisi su di un lungo periodo nel quale anche le crisi più dure sono state superate.

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