Il vuoto di classe dirigente nell'Italia contemporanea

Un libro del giornalista e politico popolare e democratico Giorgio Merlo sulla complessa transizione del sistema politico italiano negli anni di Matteo Renzi

Parole chiave: classe dirigente (1), politica (133), italia (221), riforma (44)
Il Primo ministro Matteo Renzi

C’era una volta una classe dirigente competente, caratterizzata dal radicamento territoriale, dall’espressività sociale, dalle grandi idee e dai grandi ideali, dalla rappresentatività politica e culturale. C’erano una volta persone come Luigi Einaudi, Aldo Moro, Enrico Berlinguer. Poi qualcosa è andato storto, il meccanismo si è inceppato, la prima repubblica è finita e sono arrivati Giulio Andreotti, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi. I partiti tradizionali sono scomparsi per lasciare posto a Tangentopoli. Sembrava difficile cadere ancora più basso, eppure personaggi come Felice Capezzone, Vladimir Luxuria, Daniela Santanché, Antonio Razzi (e a breve Francesca Pascale) sono riusciti a comparire sulla scena politica italiana. Che ne è stato della politica come elemento determinante per la vita quotidiana e come forma più alta della carità? Che ne è stato di quei politici che credevano davvero che l’esercizio politico significasse mettersi a servizio della comunità per raggiungere il bene comune?

Su questo, e molto altro, si interroga nell’ultimo suo libro Renzi e la classe dirigente, Giorgio Merlo, giornalista Rai, già parlamentare dell’Ulivo e del Partito Democratico. Candidato nelle elezioni regionali del maggio 2014 nelle liste dei Moderati, proviene da un’esperienza politica iniziata nella DC e passata dal Partito Popolare Italiano e dalla Margherita.

Chi seleziona e soprattutto chi forma la futura classe dirigente?,questa la domanda centrale dell’autore, sulla quale si gioca buona parte del futuro e della qualità della nostra democrazia. Parlare di classe dirigente – ricorda nell’introduzione il vicesegretario del PD, Lorenzo Guerrini – significa ragionare sul potere e sul suo esercizio nel contesto sociale, e interpella tutti coloro che, grazie alla posizione che ricoprono, dispongono dei mezzi per determinare un pezzo importante del modo in cui si definisce e si sviluppa la convivenza sociale.

Oggi dominante è l’antipolitica; ad essere sovrana è la sfiducia rispetto ai partiti, che troppo spesso si rivelano con un uomo solo al comando attorniato da cortigiani e clientele, dediti esclusivamente all’applauso e all’esaltazione acritica. La politica è in crisi, impossibile non rendersene conto. Il cittadino è sempre più lontano dalle istituzioni; in molti hanno dato fiducia a un movimento dichiaratamente antisistema che si pone l’obiettivo di scardinare definitivamente l’architettura istituzionale del nostro assetto democratico e i pochi che ancora ci credono non riescono ad emergere.

Molto, per Merlo, è il lavoro da fare, per rispondere alla crisi della rappresentanza, alla debolezza e alla mancanza di credibilità delle istituzioni, per evitare le derive autoritarie e populiste, per ricostruire una realtà politica e istituzionale ormai completamente deteriorata. Bisogna ricostruire la classe dirigente; una classe dirigente del calibro di don Luigi Sturzo e Carlo Donat-Cattin, citati più volte nel libro, in grado di stilare un progetto di rinnovamento politico e di cambiamento sociale, dotata di energie politiche e risorse etiche indispensabili, che abbia dei tratti della prima repubblica, ma che sia aperta alle sfide future.

Anni di celodurismo leghista, di sessismo berlusconiamo, di incoerenza capezzoniana, di ridicolaggine luxuriana; anni di degrado culturale, etico, civile, linguistico; anni di spese pazze con soldi pubblici ci hanno fatto capire che la questione non è la quantità, ma la qualità del personale politico.

Un primo cambiamento nel quadro istituzionale italiano, l’autore lo individua nell’attuale premier. Con Renzi, scrive¸ una nuova classe dirigente si è imposta a livello nazionale, anche se meno a livello locale, e un nuovo modo di essere ha caratterizzato le stesse modalità del far politica. Lo spirito di rinnovamento e di cambiamento è valso non solo nel Partito Democratico, ma anche negli altri partiti.Ora bisogna continuare a lavorare su questa linea; il cambiamento deve avvenire nei politici, all’interno dei partiti e nel rapporto tra le Istituzioni e la cittadinanza.

Una cosa però è certa. Sino a che la classe dirigente faticherà a scegliere una diminuzione del 10% su uno stipendio di più di 7 mila euro al mese la sua credibilità sarà pari a zero.

 

Giorgio Merlo, Renzi e la classe dirigente, Rubbettino editre, Soveria Mannelli 2014, pp.136, 12 euro.

 

Irene Famà

 

 

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