Il card. Pellegrino su "il Popolo di Dio"

Pubblicata per i tipi dell'editore Leo S. Olschki la raccolta delle conferenze tenute a Ginevra dal cardinale Michele Pellegrino nel 1979 sul tema del "popolo di Dio" negli scritti dei Padri della Chiesa.

Card. Michele Pellegrino

Ci sono l’attenzione e l’amore del pastore, insieme alla precisione e alla passione per la ricerca del docente universitario, nelle lezioni che il cardinale Michele Pellegrino tenne alla Facoltà autonoma di Teologia protestante dell’Università di Ginevra tra l’aprile e il maggio del 1979 come «Professeur invité».

Le cinque conferenze svolte da Pellegrino, che due anni prima aveva lasciato la cattedra episcopale torinese, sono state pubblicate nella versione in lingua italiana nel 2011 da Clementina Mazzucco per Effatà. Rimaneva inedito, invece, il testo in francese delle lezioni, quello effettivamente pronunciato da Pellegrino nel corso delle sessioni ginevrine; la lacuna è ora stata colmata grazie al volume «Le peuple de Dieu et ses pasteurs dans la patristique latine» (Leo S. Olschki Editore, Firenze 2014). Il libro, che si inserisce nella Biblioteca della Rivista di Storia e letteratura religiosa (fondata dallo stesso Pellegrino), nasce dalla trascrizione dei testi dattilografati (e in parte manoscritti) del cardinale, conservati presso il Fondo Pellegrino della Biblioteca del Seminario arcivescovile di Torino. Insieme al testo delle lezioni su cinque Padri della Chiesa (Massimo, Ambrogio, Agostino, Cesario d’Arles, Gregorio Magno) sono presentate, per la prima volta, l’introduzione al corso ginevrino («Quelques remarques preliminaires»); le conferenze: «Le mouvement œcuménique en Italie» e «La religiosità popolare nell’esperienza di un vescovo» (in Italiano); e l’omelia «L’Église: pluralisme et unité», sempre pronunciate durante i soggiorni del cardinale nella città svizzera.

Attraversando il tema del «Popolo di Dio» (oggetto di una «’sollicitude’ speciale [...] relancée par le concile Vatican II et qui constituait l’une des lignes pastorales les plus frequentes de la tradition réformée», p. XVI) con riferimento al pensiero di cinque figure di vescovi tra Tardo Antico ed Alto Medioevo, Pellegrino coniuga una profonda conoscenza delle fonti con le suggestioni di natura pastorale sollevate dai suoi dodici anni alla guida della diocesi torinese. Analizzando gli scritti dei Padri, il cardinale si sforza di evidenziare come le speculazioni teologiche (per le quali prevalentemente sono stati studiati) o l’azione politica che, in un contesto di incertezza e disordini, dovettero svolgere, non furono mai scisse dall’attenzione al loro «popolo». Un popolo che si identifica in particolare con gli «ultimi»: gli indigenti, i poveri di spirito, i peccatori.

Così Massimo, protovescovo di Torino, stigmatizzava, più che i «Barbari» invasori (spesso, peraltro, popolazioni da tempo insediate al di qua del limes romano), il comportamento dei ricchi che, nel pericolo, abbandonavano i propri cari e i propri concittadini. Oppure denunciava i funzionari corrotti le cui malversazioni danneggiavano particolarmente i più poveri, rivelando così una passione per la giustizia e una franchezza «che ne fanno più un Pier Damiani che un Francesco di Sales» (p. 20).

La stessa ansia di incidere nella concretezza della vita del proprio gregge è riscontrata da Pellegrino, oltre un secolo dopo, nei sermoni di san Cesario, vescovo di Arles attento tanto a denunciare i vizi dei cristiani del suo tempo (adulterio, aborto, ubriachezza) quanto a fornire strumenti concreti per attuare un cambiamento nella vita di chi fa più fatica a comprendere il suo messaggio («se uno solo non può trattenere tutto [il messaggio dei sermoni], trattenete ciascuno tre o quattro frasi» -ammonisce).

Quel «popolo» che per Massimo e Cesario era costituito essenzialmente dai fedeli della propria diocesi, diventa un pubblico ben più grande per Agostino, Ambrogio e, a maggior ragione, per papa Gregorio. Anche di questi autori, ben più frequentati dalla ricerca storica, Pellegrino mira a mostrare la sensibilità «popolare». Nel vescovo di Ippona, ad esempio, questa è evidente nel concetto di «libera servitus» con cui si descrive il ministero episcopale (una «servitù libera» del vescovo verso i suoi fedeli, sull’esempio dell’amore riversato da Cristo su Pietro e i suoi successori). In Ambrogio nel coinvolgimento del popolo in alcuni dei momenti più significativi dell’azione da metropolita di Milano (come in occasione della penitenza richiesta, nel 395, all’imperatore Teodosio dopo il massacro di Tessalonica). In papa Gregorio Magno, figura considerata tra i pilastri della civiltà del Medioevo cristiano, nella convinzione che gli ammonimenti degli episcopi siano vani, senza una stretta corrispondenza tra la predicazione e l’azione.

Le lezioni ginevrine di Pellegrino non sono, con ogni evidenza, solo frutto di erudizione, ma nascono dalla convinzione che i Padri antichi abbiano «encore quelque chose à dire aux chrétiens et aux hommes de notre époque» (p. 131). Il cardinale ne rilegge la lezione alla luce della propria esperienza pastorale - nella quale, pur ritroso a confrontarsi con fenomeni accentuati di «religiosità popolare», aveva individuato il proprio posto accanto a tutti i fedeli, anche a quelli che manifestavano in modo più ingenuo la loro spiritualità - e nell’esigenza di continuare con forza quel cammino di ecumenismo rilanciato dal Concilio, e di cui la sua stessa visita a Ginevra (la città simbolo del Calvinismo) era frutto.

Cariche di forza profetica suonano, oggi, le sue parole sull’insediamento dei nuovi pontefici, a cui aveva assistito per due volte in pochi mesi l’anno precedente alle visite a Ginevra, il 1978: «Sognavo il giorno in cui, per una manifestazione di questo genere, vedremo là i rappresentanti degli emarginati delle borgate romane, che hanno il diritto di trovarsi col loro vescovo all’inizio della sua missione» (p. 154).

Il volume è completato dalla prefazione di François Bovon (allora Preside della Facoltà di Teologia protestante), da una nota di Carlo Ossola (allora docente di Letteratura italiana presso l’Università di Ginevra) e da un intervento del cardinale domenicano Georges Cottier. L’edizione dei testi è stata curata da Valerio Gigliotti (redattore della «Rivista di Storia e letteratura religiosa»).

 

PELLEGRINO Michele, Le peuple de Dieu et ses pasteurs dans la patristique latine, Leo S. Olschki Editore, Firenze 2014 (Biblioteca della Rivista di Storia e Letteratura religiosa, Testi e documenti, XXVII), 171 pp.

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