1982 si fa presto a dire Mundial

Alberto Guasco, storico ed esperto di storia della Chiesa, ha realizzato un libro molto interessante su un tema davvero singolare ma caro a tutti: il mondiale di Calcio vinto dall'Italia nel 1982 

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1982 si fa presto a dire Mundial

Nella quarta di copertina si riassume il senso di questo saggio. Il trionfo dell’Italia di Enzo Bearzot al mondiale spagnolo del 1982 – terzo titolo conquistato dalla nostra nazionale di calcio – costituisce un evento penetrato in profondità nella memoria del paese. Ancora oggi, molti fotogrammi legati a quell’impresa sportiva – dall’urlo forsennato di Marco Tardelli all’esultanza fanciullesca del presidente della Repubblica Sandro Pertini – fanno parte dell’immaginario collettivo degli italiani. Muovendosi tra le diverse fonti dell’epoca – radio, televisione e giornali, resoconti parlamentari, diari e interviste ai protagonisti – ma distaccandosi dalla sola cronaca sportiva, il volume ripercorre la storia di quel grande evento globale. Lo fa attraverso una serie di ripetuti cambi di prospettiva, che portano il lettore dal campo da gioco alle postazioni dei media, dalle piazze prima scettiche e poi in tripudio alle stanze delle istituzioni e dei partiti pronti a cavalcare politicamente la vittoria, dal vortice degli affari economici alla costruzione del mito del mundial nelle immagini, nella musica e nella letteratura. In tal modo, l’evento del giugno-luglio 1982 diventa una finestra aperta sul quadro internazionale e sulla società italiana dei primi anni Ottanta, uno specchio in grado di restituirne l’identità e i problemi, le contraddizioni e le speranze. Abbiamo realizzato una breve intervista con Alberto Guasco. Al Circolo dei Lettori di Torino prima della presentazione del volume ci ha raccontato le motivazioni che l'hanno convinto a scrivere questo saggio. Guasco è uno storico torinese, formazione accademica nata nell'ateneo subalpino poi specializzazione a Bologna ed oggi è docente a Roma. 

Con Pastorin

Alberto Guasco, (nella foto con Darwin Pastorin) 

Spagna 1982. Storia e mito di un mondiale di Calcio come nasce l’idea del libro?

Nasce da tre cose insieme. La pria, uno dei primi grandi ricordi di un evento pubblico e sportivo rimasti nella mente di un bambino di sei-sette anni che come una spugna allora ha ‘succhiato’ e che adesso l’ha declinato ovviamente secondo la sua competenza di storico, poi, nasco come storico della Chiesa, ma questo è un anno sabbatico. Importante è stata l’ispirazione che ricevuto dalla lettura del libro di Dayan e Katz ( 1992)  sugli eventi mediali, quegli eventi capaci di catturare da un lato platee sterminate di spettatori e quindi ovviamente olimpiadi e mondiali da un punto di vista sportivo, però anche capaci di, se guardati nel dettaglio, restituire tutto un piccolo specchio della realtà nazionale ed internazionale del tempo, quindi di essere trasversali . Infatti il mondiale del 1982 continua a spuntare non solo tra i protagonisti e gli addetti ai lavori ma soprattutto nella memoria collettiva e in tante forma di comunicazione anche artistiche: teatro, televisione, libri, musica, fotografia cinema. Senza dimenticare la politica naturalmente

1982 anno di passaggio. E la data simbolo dell’11 luglio oltre il mito cosa significa oggi?

E’ chiaro che non c’è mai una data chiave per chiudere un’epoca in modo netto. Ma sicuramente il 1982 è un anno decisivo e la vittoria dell’Italia ai campionati del mondo qualcosa di straordinario non solo come vicenda sportiva. Dai colpi di coda del terrorismo rosso e nero, dall’avvento del craxismo e l’inizio della stagione dell’edonismo, la Milano da bere, una fase di crescita, che però covava una crisi di sistema molto profonda. Una visione del mondo, contrapposto in blocchi e una certa idea che emergeva dalla stagione del socialismo. Naturalmente, basta andare a rileggere i giornali del tempo di ogni ispirazione ideologica, per capire che l’evento mondiale fu in qualche modo riletto secondo le proprie convinzioni e convenienze, che, riviste oggi, possono essere definite in vari modi che vanno dal ridicolo all’aberrante.

Cosa resta di quell’evento?

Per me resta come un momento di un periodo storico che non c’è più: da un lato il mondo della guerra fredda con tutte le sue logiche e le sue dinamiche, dei blocchi contrapposti, dell’ultima fase dello scontro ideologico. Dall’altro  ci sono i prodromi di un passaggio d’epoca anche per il calcio con l’avvio con la Fifa di Havelange e soprattutto del suo successore Blatter di una fase di grande business globale e show con l’avvio dei diritti televisivi e le grandi sponsorizzazioni. Una certa impostazione imperiale ed affaristica del calcio mondiale nasce allora con il passaggio del calcio delle bandiere e artigianale a quello delle grandi company multinazionali.

Il presidente Pertini icona della vittoria mondiale?

Sandro Pertini, presidente della Repubblica Italiana dal 1978 al 1985, è stato un personaggio poliedrico e protagonisti di molte fasi della storia d’Italia del Novecento (socialista, combattente, esiliato, resistente, deputato, giornalista, presidente della Camera ecc), nella memoria collettiva è ricordato come l’icona del Mondiale con il suo “non ci prendono più” rivolto, nella tribuna stampa del Santiago Bernabeu, a Helmut Schmidt, dopo la seconda rete di Marco Tardelli. Sbracciato e fuori da ogni protocollo il presidente è rimasto, in quello scatto e quelle immagini, come il simbolo di quell’evento sportivo che è diventato storico. Sappiamo però che in Pertini, come ricorda Antonio Maccanico suo capo di Gabinetto,  convivevano la passione umana e immediata e una programmazione un saggio utilizzo collettivo di quel momento che accadeva in un tempo difficile per l’Italia contemporanea. Era andato in Spagna su invito di Re Juan Carlos ed aveva una certa invidia nei confronti del premier Giovanni Spadolini. Sapeva della presenza del Presidente della Repubblica Federale Tedesca e dunque considerava molto importante a livello mediatico e politica la sua presenza alla Finale di Madrid. Pertini in questo aveva, inconsapevolmente, ma non troppo, anticipato l'età multimediale dell'immagine e della presenza. 

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