La rivoluzione egiziana

Lo scrittore egiziano Ala al-Aswani, tra i più importanti nel mondo arabo, ha visitato Torino il 14 ottobre per dialogare con gli studenti del liceo Cavour

"Nel suo Cairo Automobile Club ci presenta una monarchia, dispotica e corrotta, dell' Egitto negli anni '40. In Italia oggi abbiamo la democrazia. C'è differenza tra monarchia e democrazia? In una democrazia non si rischia di cadere nell'accentramento del potere nelle mani del rappresentante più in vista del partito al governo, che si comporta come nella monarchia da lei descritta?". Questa la domanda di uno studente della terza del liceo Cavour martedì 14 ottobre ad Ala al-Aswani, dopo avere letto con i compagni di classe, guidati dagli esperti della scuola Holden nel contesto del progetto promozione lettura Salone off 365, l'ultimo romanzo dello scrittore egiziano. Con pacatezza al-Aswani ha risposto ai duecento studenti presenti: "Governare in democrazia è preservare i diritti del popolo ma il rischio della democrazia è la corruzione. Le democrazie di successo hanno un rigoroso controllo sulle entrate e sulle uscite del denaro, che non è importante. Se uno tra i più ricchi di un paese si pone alla guida del paese, non si può più parlare di democrazia. Secondo la mia opinione i paesi che ci possono insegnare la democrazia sono i paesi nordici come Danimarca, Svezia e Norvegia".

Nato al Cairo nel 1957, Ala al-Aswani, di professione dentista  specializzato a Chicago, nel 2006 è divenuto scrittore di fama internazionale con il romanzo "PalazzoYacoubian", vincitore del premio Grinzane-Cavour (vedi Voce del Popolo 1 luglio 2007), ha poi pubblicato "Chicago" per raccontare la paura degli studenti arabi dopo l'11 settembre, denunciando come sempre il potere corrotto di Mubarak. Figlio di un avvocato-scrittore, legale del Cairo Automobile Club, al-Aswani conosce bene il contesto in cui ha ambientato il suo ultimo romanzo. Negli anni '40 in un Egitto sotto il protettorato britannico il Cairo Automobile Club, raccontato da al-Aswani, era un luogo esclusivo, frequentato soprattutto dai "colonialisti" arricchiti, onorati dalla presenza di un re dissoluto, fantoccio nelle mani di un "visir" corrotto e malvagio, servile con i potenti ma dispotico con gli egiziani: servi spiati, mal pagati, bastonati e trattati senza rispetto anche dai loro capi, costretti a versare tangenti al "visir". In questo microcosmo con personaggi dai tratti universali, dove gli onesti soffrono e muiono per umiliazione, nascono i primi bagliori di una "rivoluzione" clandestina, capitanata da una donna anticonformista e da un principe "primula rossa", con giovani che chiedono "rispetto" e sono disposti ad affrontare il carcere ed anche la morte per il loro amato Egitto. Con la  sua penna-bisturi, a tratti intinta nell'inchistro dell'ironia e del grottesco per denunciare l'ipocrisia, talvolta ammantata di religiosità, dei potenti corrotti, al-Aswani  presenta con simpatia ed umanità un dignitoso popolo antico, dolente e sofferente, in attesa di riscatto. 

Ala Al-Aswani

Circa quindici studenti   del liceo Cavour hanno posto domande chiare e precise (un minuto a testa), talvolta precedute dalla lettura di un brano del romanzo, allo scrittore egiziano. Quali scrittori l'hanno ispirata? Come si diventa scrittore? La mercificazione della donna riguarda solo il mondo orientale e le classi più povere? Gli egiziani si sono rivoltati per un reale desiderio di cambiamento o per disperazione? Che ruolo ha la religione? Un esasperato concetto di patria conduce al fascismo? Gli Egiziani riusciranno a costruire la loro democrazia? Con la sua solita onestà intellettuale Ala al-Aswani ha risposto con saggezza alle domande, invitando a distinguere tra buona letteratura e soap opera, incoraggiando chi ha talento a cimentarsi nella scrittura dopo aver letto almeno un migliaio di buoni romanzi perché:"Chi legge della buona letteratura diventa una persona migliore,  in grado di capire il punto di vista, le debolezze e le insicurezze degli altri. Diventa una persona più umana capace anche di fare una politica migliore".

Ne "La rivoluzione egiziana" (Feltrinelli 2011), una raccolta dei suoi articoli come opinionista sui giornali di opposizione, al-Aswani ricorda come, anche se auspicata da tempo, la rivoluzione di piazza Tahrir del 25 gennaio  sia stata  per lui una gradita sopresa, e racconta:"Mi sono vestito di corsa, e mi sono unito alla rivoluzione egiziana sino alla sua conclusione. Per diciotto giorni ho vissuto per strada, a esclusione delle poche ore di sonno che mi sono concesso e a esclusione dei momenti in cui sono andato a controllare come stesse la mia famiglia. Il popolo che ho visto in piazza Tahrir erano i nuovi egiziani...". Mentre mi facevo autografare il libro, con piacere ho fatto vedere  ad al-Aswani, già incontrato nel 2007, l'articolo apparso su La voce del Popolo (6 marzo  2011) dal titolo "Quegli scrittori egiziani che "l'avevano detto".              

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