La lunga strada per l'Oscar

«Il capitale umano» di Paolo Virzì designato a rappresentare l’Italia nella gara per il miglior film straniero. Una radiografia spietatama lucidissima del degrado sociale contemporaneo

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La lunga strada per l'Oscar

Appena 35 centimetri di altezza, poco meno di 4 chili di peso. Ogni esemplare costa all’incirca 500 dollari, ma per chi arriva a stringerlo tra le mani può valere molti milioni di dollari. Stiamo parlando degli Oscar, le statuette dorate che ogni anno, tra febbraio e marzo, l’Academy of motion pictures arts and sciences mette in palio in una cerimonia riverberata dalle televisioni di tutto il mondo, ricca di star e di glamour e, per chi sale da vincitore sul palco del Kodak Theater di Los Angeles, foriera di lauti ricavi economici oltre che di applauditi meriti artistici.

Perché parliamo di Oscar? Perché la scorsa settimana «Il capitale umano» di Paolo Virzì è stato designato dalla Commissione Anica a rappresentare l’Italia per l’appunto agli Oscar 2015. A sei mesi dalla vittoria de «La grande bellezza» di Paolo Sorrentino, riparte dunque la corsa verso gli Academy Awards. La strada è ancora lunga, ma la giuria di esperti che ha indicato «Il capitale umano» a rappresentare il nostro Paese (composta, tra gli altri, da Gianni Amelio e Gabriele Salvatores) confida che il prossimo 15 gennaio, all’annuncio della cinquina che concorrerà per il miglior film straniero, ci possa essere, per il secondo anno consecutivo, un titolo italiano. E poi, chissà, nella “notte delle stelle” di Los Angeles, il lungometraggio di Virzì possa ripetere il successo del film di Sorrentino nella passata edizione degli Oscar.

Ci sarà tutto il tempo per capire quali reali possibilità avrà la pellicola del regista livornese, che in Italia ha fatto incetta di David di Donatello (gli Oscar italiani) e di Nastri d’Argento, sette premi per entrambi i riconoscimenti, battendo a sorpresa proprio «La grande bellezza» come miglior film del 2014. Gli avversari certamente non mancano, da «Due giorni, una notte» di Luc e Jean-Pierre Dardenne, messo in campo dal Belgio, a «Ida» di Pawel Pawlikowski, proposto dalla Polonia, fino alla Palma d’oro di Cannes, «Winter Sleep» di Nuri Bilge Ceylan, indicato dalla Turchia. Quel che è certo, però, al di là delle chances di vittoria de «Il capitale umano», come detto, tutte da verificare, la scelta della Commissione Anica permette, anche ragionando sulle esclusioni alla corsa verso gli Oscar, di fare il punto sullo stato di salute del cinema italiano. Ad essere scartati, infatti, ma solo dopo una profonda riflessione da parte dei membri di giuria, sono stati «Le meraviglie» di Alice Rohrwacher e «Anime nere» di Francesco Munzi, ossia il Grand Prix per la migliore regia all’ultimo Festival di Cannes e la pellicola forse più apprezzata dalla critica all’ultima Mostra di Venezia, poche settimana fa. Due film che (come avevamo scritto su queste stesse colonne nelle cronache dal Lido) testimoniano di una buona vitalità delle nostre produzioni, pur in un momento storico difficile per il cinema nazionale e per tutta la filiera. Compreso l’esercizio, con le sale poco frequentate dal pubblico nel mese di settembre.

In ogni caso, non ci poteva essere scelta migliore: «Il capitale umano», liberamente tratto dal romanzo di Stephen Amidon, ambientato in Brianza e interpretato da un cast eccellente (Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi), radiografia spietata ma lucidissima del degrado sociale contemporaneo, prigioniero dell’ossessione di fare soldi e avere successo nella vita, ha incassato 6,5 milioni di euro ed è stato venduto in 35 Paesi stranieri, tra cui la Francia, dove uscirà a dicembre.

Piacerà il film ai giurati americani? Difficile prevederlo. Virzì non possiede lo stile barocco e sontuoso di Sorrentino, ma «Il capitale umano» trae forza da un rigore formale e contenutistico invidiabile. E la fonte originaria del film, il romanzo di Amidon, potrebbe costituire un buon punto di riferimento. «La grande bellezza» è costato 9 milioni di euro, incluso il lancio e la distribuzione, e ha incassato, fino a prima della vittoria dell’Oscar, più di 7 milioni di euro, mentre in Usa ha sfiorato i 3 milioni di dollari. Dopo l’Oscar, sono arrivati passaggi televisivi fortunatissimi e vendite estere copiose. Quindici anni fa, «La vita è bella» di Roberto Benigni arrivò a 229 milioni di dollari, il maggior incasso di sempre per una pellicola italiana. Un traguardo irraggiungibile. Ma sognare, in fondo, non costa nulla.

Paolo Perrone

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