La "grammatica dell'odio" secondo Perissinotto

Intervento dello scrittore torinese sulla Voce del Popolo del 19 aprile in un ricco dossier dedicato al "peso delle parole". Le parole pesano, talvolta come pietre. Le esternazioni razziste del leghista Matteo Salvini sul problema dei campi Rom sono espressione di una violenza che sta imbarbarendo il dibattito italiano

La "grammatica dell'odio" secondo Perissinotto

Le parole con le quali la politica incita all'odio, non sono sempre e solo parole violente, volgari. Certo, leggendo il bel libro di Gian Antonio Stella «Negri, Froci, Giudei & Co.» (Rizzoli 2009) ci rendiamo conto di quale sia la potenza distruttiva del turpiloquio o dell'insulto, ma sottovalutare le parole più correnti e più falsamente innocue sarebbe un grave errore.

Prendiamo due termini apparentemente neutri: «noi» e «loro». Sono i due pronomi che servono, se contrapposti, a costruire l'alterità, a creare «l'altro», il diverso. Sarebbe stupido e demagogico pensare che, per abolire odio e razzismo, basti abolire l'alterità. L'altro ci serve per definire la nostra stessa identità: noi italiani, loro francesi; noi maschi, loro femmine; noi atei (io almeno lo sono), loro credenti; noi cristiani, loro islamici. Non c'è niente di male nel riconoscere che ci sono persone come noi e persone diverse per opinioni, lingua, religione. Ma c'è un limite oltre il quale «Loro» diventa un abominio.

Tempo fa, andai in un liceo a parlare di lotta al razzismo e uno dei ragazzi, saputello, aria da uomo fatto e sguardo di sfida, prese la parola: «Noi non siamo razzisti, perché loro vengono curati nei nostri ospedali sebbene siano extracomunitari».

Avrei potuto dargli del fascista (probabilmente lo era), o del razzista (sicuramente lo era), o anche solo dell'imbecille (epiteto che si accompagna bene con i due precedenti, un po' come il vino bianco con il pesce), ma preferii attenermi alla pura grammatica.

«Sai cosa sono gli iperonimi?» gli chiesi.

«No».

«Sono parole dal significato più generale, rispetto ad altre dal significato più specifico. Ad esempio, ‘Animale’ è iperonimo di ‘Cane’. Tu hai un cane?».

«Sì».

«E allora, possiamo dire che hai un animale. Adesso ti propongo un iperonimo per ‘extracomunitario’, e questo iperonimo è ‘persona’. Se i cani sono animali, allo stesso modo, gli extracomunitari sono persone».

A denti stretti lo studente dovette ammettere che la grammatica non gli lasciava scampo, così portai l'affondo finale. «Adesso ripeti la frase che hai detto prima, sostituendo ‘persone’ a ‘extracomunitari’».

Lui la ripeté: «Noi non siamo razzisti, perché loro vengono curati nei nostri ospedali sebbene siano persone.»

«Ti sembra che quel ‘sebbene’ abbia ancora un senso? Ti sembra che l'affermazione intera sia ancora dotata di senso?».

Non rispose.

Il momento in cui il «loro» diventa abominio è quello in cui ci fa perdere di vista la comune appartenenza all'insieme delle persone. I genocidi, le stragi, le espressioni più aberranti dell'odio nascono tutti dall'implicita affermazione che «noi» siamo persone e «loro» no. Non sembra, ma anche la grammatica ha il suo peso.

Tutti i diritti riservati

Cultura e società

archivio notizie

18/01/2018

Da Aristotele ad Einstein, quando la scienza interroga l'uomo

Da Aristotele ad Einstein, passando per Copernico, Tommaso d’Aquino, Galileo, Darwin… I progressi della scienza continuamente interrogano la nostra visione dell’uomo, ne scrive Valter Danna, docente di Filosofia teoretica alla Facoltà teologica torinese 

11/01/2018

Nicola Lagioia: "Torino scelga, piccola Parigi o grande Cuneo?"

Dopo l'intervento di Paolo Verri sul valore della cultura sotto la Mole, la parola al direttore del Salone del Libro

07/11/2017

Cento anni fa l'inizio della Rivoluzione russa

Il 7 novembre di cento anni fa l'assalto al Palazzo d'Inverno di Pietrogrado segna l'inizio della Rivoluzione russa, assimilabile alla Rivoluzione francese 

26/10/2017

Caporetto, una lezione che dura da cent'anni

24 ottobre, anniversario della terribile disfatta italiana durante la Prima Guerra Mondiale. L'Esercito combatteva, lo Stato si sfaldava. Pagine di storia da ricordare e raccontare ai giovani