Il tempo della quarta secolarizzazione

Il sociologo descrive il nuovo modello di società e il mito degli stili di vita

Parole chiave: miti (1), secolarizzazione (4), chiesa (665), società (56), sociologia (2)
Il tempo della quarta secolarizzazione

In Grecia, nel settimo secolo a.C., il poeta e scrittore più noto era Esiodo. I suoi poemi «Le opere e i giorni» e «Teogonia» esercitavano un fascino eguale all’«Iliade» e all’«Odissea» di Omero, vissuto un secolo prima. Soprattutto «Teogonia» con i suoi miti, le interpretazioni del mondo, la genealogia degli dèi, le imprese dei popoli, rappresentava la ‘cupola mitologica’ sotto cui avveniva la vita dei mortali.

Nelle città il potere assoluto era esercitato dal re, capo politico e supremo sacerdote che stabiliva con precisione il tempo dei riti, assistito da una casta sacerdotale. Il suo era un potere esclusivo e carismatico e lui solo era in contatto con gli dèi attraverso riti misteriosi e segreti. Nel decimo secolo le immigrazioni doriche di origine indoeuropea iniziarono a provocare le prime trasformazioni. Al palazzo cominciò a sostituirsi la città come centro del potere dove prevalevano nuove forze sociali. Anche la religione risentì di questo mutamento e gli dèi, che erano stati presenze influenti sulla vita reale, diventarono solo più simboli, immagini, rappresentazioni del sacro. La storia e il pensiero diventarono poco a poco autonomi dagli dèi e dalle loro mitologie.

Fu la prima secolarizzazione. Quella dei miti, sostituiti dal sorgere della filosofia classica del V secolo con Parmenide, Platone, Aristotele. Dal tempo mitologico (sacrum) si passò al tempo del saeculum inteso quale tempo profano. Nacque la filosofia greca con il suo tipo di vita collettiva, di atteggiamento religioso e anche di forma di pensiero, di intelligenza, di tecniche intellettuali. La storia d'Occidente iniziò con il pensiero greco e il tutto avvenne con due grandi innovazioni mentali: il pensiero positivo, indipendente da ogni forma di realtà mitica e sovrannaturale; e il pensiero astratto, il Logos.

Il Logos della filosofia greca, che rappresentò per cinque secoli il theion (divino) e il cosmos, si venne però presto a scontrare con una seconda secolarizzazione, quando al Logos astratto di Aristotele e degli stoici il cristianesimo sostituì il Logos-Uomo, Gesù. Sul piano teorico si assistette a una doppia rivoluzione; da un lato il divino (il Theion) non era più una struttura anonima, ma una persona; dall’altro il modo di conoscerlo non era più la ragione, ma la fede. Nella filosofia greca il Theion, che era Logos e Cosmos, divenne nel cristianesimo la divino-umanità. L’imporsi della visione cristiana rappresentò la seconda secolarizzazione, che potremmo chiamare umanizzazione del divino.

La radicale novità del Logos, trasformato in un uomo, si capisce dalle vicende di Giustino, uno stimato filosofo stoico che si convertì al cristianesimo nel II secolo. In migliaia di pagine Giustino scrisse del fascino del Logos divenuto «carne» e della salvezza non più quale provvidenza cieca, ma quale rapporto personale con il Dio fatto uomo. Per la sua fede Giustino subì il martirio ad opera di un imperatore pur saggio e illuminato quale Marco Aurelio, tanto profanatoria appariva l’idea cristiana della divino-umanità. In questa seconda secolarizzazione operata dal cristianesimo ci sono rotture teoriche, etiche e spirituali così grandi da far dire che ancora oggi, in Occidente, nessuno può dirsi non cristiano per quanto riguarda la visione della persona, dell’eguaglianza dei diritti, del lavoro, della salvezza, della vita buona.

A queste prime due secolarizzazioni i sociologi non hanno dato molta attenzione, dedicando invece interesse a una terza secolarizzazione che prese avvio dal XVI secolo in poi: la secolarizzazione delle scienze economiche, politiche, astronomiche, e successivamente psicologiche, antropologiche, sociologiche. Da questa secolarizzazione nacquero la modernità, il capitalismo, i diritti individuali, la libertà di religione. La «Città dell’uomo» rivendicò la sua autonomia. Questa svolta, per Max Weber disincantamento religioso del mondo, avvenne in Occidente dall’incontro di grandi trasformazioni economiche e sociali con l’etica del protestantesimo. L'uomo disincantato (che nei testi di Weber coincide con l'uomo dotato di una sua vocazione a un’etica sobria e virtuosa) costruì il mondo secolare. Nello stesso periodo il filosofo olandese Hugo Grotius formulò il principio dell’autonomia del diritto naturale, valido di per sé, sia che Dio esista o non esista. Era il rifiuto dell’eteronomia rivendicata oggi da quanti riprendono il principio di Grotius Etsi Deus non daretur, interpretandolo però in modo impreciso: «Come se Dio non esistesse». In realtà in Grotius il principio aveva il senso di «Anche se Dio non ci fosse».

Che cosa è successo dalla metà del XX secolo in poi, dopo che l’umanizzazione del divino ha contribuito a rendere sempre meno rilevanti nella scena pubblica sia le religioni che la stessa idea di trascendenza verticale? Sì è formata la quarta secolarizzazione; quella della vita quotidiana e degli stili di vita. L’autonomia delle scienze, rivendicata dalla secolarizzazione di Max Weber, si è estesa anche all’autonomia delle pratiche individuali «dalla culla alla tomba». L’ambito dei bisogni e delle aspettative individuali pretende oggi di porsi sempre più come ambito di diritti con riconoscimento pubblico. La secolarizzazione degli stili di vita sempre meno discendenti dalla propria religione di appartenenza e sempre più dalla scelta degli individui, fa emergere una «religione orizzontale», all'interno della quale le identità e le appartenenze degli individui sono dipendenti dalla personale iniziativa spontanea, diventando però con ciò sempre più problematiche e riflessive.

«Quando gli dei abbandonano il mondo e le religioni cessano di significare la loro alterità, è il mondo stesso che comincia ad apparirci altro, a rivelare una profondità immaginativa che diventa l’oggetto di una ricerca speciale, dotata del suo fine in se stessa e che rimanda soltanto a se stessa. Il fatto è, semplicemente, che l’apprensione immaginativa del reale che costituiva il supporto antropologico dell’attività religiosa si mette a funzionare per conto suo, indipendente dagli antichi contenuti che la canalizzavano» (M. Gauchet, «Disincanto del mondo»,1992, 297).

Dove si trasferiscono le forme spirituali, e anche quelle dell’ateismo, quando gli dèi, evocati da Marcel Gauchet, abbandonano il mondo? E’ domanda significativa perché formulata dallo studioso più radicale della tesi del «religioso dopo le religioni». Attorno a tale domanda dovrebbero ritrovarsi in ricerca tutte le scienze della religione e le teologie. Potremmo dire che si trasferiscono in forme secolari, poiché secolare è l’epoca presente che le determina. È in questa fase secolare in cui gli individui ritengono di avere autonomia anche negli stile di vita, che lo spirituale e anche l’ateismo tradizionale si mutano in forme individuate, esperienziali, anateistiche. E’ la condizione antropologica che Weber chiamerebbe «sentimento d’inaudita solitudine interiore del singolo individuo», connessa al grande processo storico-religioso di disincantamento del mondo.

Queste nuove sensibilità secolari si caratterizzano per il loro senso dell’agire rivolto a ricomporre quanto la secolarizzazione aveva diviso tra politica e religione, tra modernità e tradizione, tra chiesa e stato, tra feriale e festivo, tra religioso pubblico e religioso privato e, in conclusione, tra razionalità e trascendenza. Nuove sensibilità che si formano quando il senso dell’agire non sembra più direttamente derivabile dalla razionalità e dalla tecnologia.

Volendo indicare in un’immagine il carattere di queste sensibilità spirituali potremmo riferirci alla loro tendenza di trasferire i contenuti della conoscenza, delle esperienze, delle pratiche, da una forma fissa e sostanziale ad una in sviluppo, in continua espansione. L’accento posto sull’esperienza in ogni ambito non significa altro che questo. I grandi dogmi non rappresentano più gli eterni pensieri della creazione, ma solo punti di passaggio di un’eterna evoluzione. All’interno della cultura spirituale e sociale della quarta secolarizzazione si allentano le rigide delimitazioni e i legami con il passato. L’individuo, come in una ricerca continua, può circolare nella molteplicità variabile delle condizioni di vita, riflettendo, per così dire, in sé il panta rei delle cose. Sono immagini che Georg Simmel scriveva a inizio 1900 e che evocano una società liquida. Un secolo prima che ne parlassero altri.

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