Il silenzio alleato dell'anima

Placare il tumulto della vita fermando le parole: una tendenza sempre più diffusa nella nostra società

Parole chiave: rumore (1), società (56), preghiera (51)
Il silenzio alleato dell'anima

C’è il silenzio del grande monaco egiziano sant’Antonio, che nel IV secolo, dopo aver venduto tutto, si è ritirato nel deserto. C’è il silenzio di tanti altri, uomini e donne, che l’hanno emulato. C’è il silenzio che scandisce la comunione fraterna e l’obbedienza alla regola dei monaci del passato e del presente. «Abitare stabilmente la dimensione di pacificazione, di perfetta tranquillità della mente, di assoluta ricettività dello spirito, raggiunte attraverso il silenzio, ci libera da ansia e angoscia», dice padre Antonio Gentili, barnabita che vive nella Casa per ritiri spirituali di Campello. Quando il nostro io è assediato dall’inquietudine, nel tentativo di allontanare il malessere fa emergere forze distruttive, dalla repressione dei sentimenti fino alla violenza. La conseguenza è che in una simile condizione siamo distratti, alienati, incapaci di ascoltare noi stessi e gli altri. Inabili a percepire “qui e ora” le sensazioni reali e profonde del corpo e del cuore: stanchezza, infelicità, ma anche gioia, entusiasmo.

Nella nostra società c’è voglia di silenzio. A Roma, alla Fondazione Santa Lucia (il centro di alta specializzazione per la riabilitazione neuromotoria), si è appena inaugurata la «stanza del silenzio», un’area dove ritagliarsi un tempo senza rumori. Un’oasi di raccoglimento di cui pochissime strutture ospedaliere sono dotate, facilmente raggiungibile dagli ospiti del centro ma anche dagli operatori e dai familiari dei pazienti, che qui possono meditare o raccogliersi in preghiera indipendentemente dalla religione professata. A Milano, invece, presso il Museo diocesano, l’Accademia del silenzio (laboratorio creativo che partecipa a Bookcity 2014 nell’ambito del programma «Scuola») sta realizzando una serie di incontri per gli istituti medi inferiori e superiori sul tema «Do you speak silenzio?». Guidati dai loro docenti, i ragazzi si sono trasformati in “cacciatori di silenzi” all’interno dei loro luoghi abituali, attività quotidiane, libri preferiti. Due gli spunti di riflessione proposti: è più importante quel che si dice o quel che si tace? E’ possibile comunicare oltre le parole? Con le frasi scelte da ciascuna classe si costruirà un’ideale Casa del silenzio che è anche una Casa della lettura: un luogo dei sogni, delle emozioni condivise.

Recenti ricerche, d’altronde, dimostrano che il silenzio “resetta” le nostre capacità percettive, fa variare l'attività elettrica del cervello: in questa particolare condizione cambiano gli schemi di pensiero: non si seguono più le regole della logica, ma ci si abbandona alle emozioni, ai processi associativi, alla preghiera, ai sogni ad occhi aperti. Sono momenti psichici di grande consapevolezza, di “sintonia” con chi ci sta intorno, come sostengono gli spiritualisti. Secondo uno studio dell’università di Tokyo, due persone che stanno vicine in silenzio presentano le stesse onde cerebrali, quelle cosiddette del cuore, ma anche dell’intuizione, della creatività.

Leggi l'articolo integrale su Il nostro tempo di domenica 23 novembre 2014

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