Il sangue dei preti di Boves
"Martiri per amore. L'eccidio nazista di Boves", Edizioni Paoline 2015 l'opera di Chiara Genisio
Il libro tratta la tragica vicenda dei due sacerdoti di Boves, don Giuseppe Bernardi, titolare della Parrocchia di S. Bartolomeo martire e del giovane viceparroco, don Mario Ghibaudo, trucidati barbaramente dalle SS, il 19 settembre 1943, nel corso della pima spietata rappresaglia perpetrata dai tedeschi durante l’occupazione dell’Italia centrosettentrionale (Boves, città martire insignita di medaglie d’oro al Valor Militare ed al Merito Civile, nei venti mesi della lotta di liberazione, ha sofferto altri due eccidi).
Lo stesso titolo del volumetto richiama eloquentemente l’invocazione della ‘Preghiera del ribelle’, scritta dal Capitano Teresio Olivelli (Medaglia d’Oro alla memoria e prestigioso esponente cattolico della Resistenza di cui è in corso la causa di beatificazione) che recita testualmente:‘Signore……ascolta la preghiera di noi ribelli per amore’.
Quanto ai due sacerdoti, che hanno sacrificato la vita nell’adempimento del loro ministero pastorale, non vi è dubbio che hanno testimoniato col sangue l’affermazione evangelica ‘non vi è amore più grande che dare la vita per i propri amici’. Col tempo, come illustrato nel libro, da quel seme di fratellanza, è incredibilmente nata, prima in Italia, la Scuola di Pace di Boves, una iniziativa fondamentale per la riconciliazione fra i popoli, presupposto imprescindibile per la costruzione di quell’Unione Europea che, si spera, un giorno possa coronare la visione dei quattro grandi statisti (Adenauer, Schuman, De Gasperi e Spaak) che, nel dopoguerra, ne gettarono le fondamenta. La conferma della validità dei criteri ispiratori deella Scuola di Pace è documentata implicitamente dall’Autrice trattando l’incontro, ormai consolidato, fra le comunità di Boves e della cittadina bavarese di Schondorf, dove è sepolto Joachim Peiper, il criminale Maggiore delle SS responsabile della strage e dell’incendio del 19 settembre ’43.
A questo riguardo, citando una pertinente affermazione di Papa Francesco, nella veglia di preghiera tenutasi la sera del 19 settembre scorso nella chiesa parrocchiale dedicata a San Bartolomeo (a cui ha partecipato significativamente una rappresentante della cittadina tedesca), il celebrante, don Bruno Mondino, ha ricordato che “perdonare apre al futuro”. Ed è questo che sta avvenendo a Boves!
Così pure non può negarsi che l’uccisione di don Bernardi e don Ghibaudo, per le efferate modalità che il libro documenta puntualmente, sia riconducilile ad un odio profondo verso la fede cristiana da loro coerentemente professata. Al riguardo l’autrice, profonda conoscitrice dell’ideologia del nazionalsocialismo hitleriano, fornisce alcuni inequivocabilrimenti citando affermazioni testuali di Himmler (lo spietato Capo carismatico delle SS da lui stesso create) che prevedevano l’instaurazione, nel Reich millenario, di un neopaganesimo sostitutivo del cristianesimo.
Anche in questo caso, pertanto, si ha una palese attestazione dell’attiva presenza della Chiesa cattolica nella difesa delle comunità locali dalle violenze nazifasciste durante la Resistenza che proprio a Boves, in quel fatidico giorno, era iniziata in Italia ad opera di una formazione autonoma di patrioti ‘ribelli’ (primo nucleo di quelle formazioni autonome che si qualificheranno Esercito Nazionale di Liberazione) al comando di un ufficiale monarchico, il Capitano Ignazio Vian (M.O.V.M. alla memoria) che, il 24 luglio 1944, pagherà anch’egli con la vita, dopo inenarrabili torture, la sua fedeltà al giuramento prestato ed alla Patria calpestata dall’occupante teutonico. (Di questo impareggiabile testimone della fede cattolica il Maggiore degli Alpini Enrico Martini ‘Mauri’, nel suo Rapporto sul 1° Gruppo Divisioni Alpine autonome da lui comandato, scriverà ‘Vian era uno di quegli uomini che emanano luce, che sono nati per insegnare agli altri la via’).
E Don Giuseppe Bernardi, che lo conosce, recandosi nella frazione S. Giacomo ad incontrarlo per adempiere all’incarico impostogli dal Maggiore Piper di chiedergli la restituzione dei due prigionieri e di arrendersi per risparmiare la popolazione, otterrà soltanto il soddisfacimento della prima richiesta. D’altronde, scrive testualmente Chiara Genisio, “Ancor prima di incontrare i partigiani sa già che non si consegneranno ai tedeschi, e neppure lo desidera. (Sono dei soldati!) Pensa e pregasolo di trovare una soluzione per non mettere in pericolo la vita di tanti, troppi uomini, donne e bambini innocenti, e le loro case”.. Già lungo il tragitto, confiderà a Don Michele Pellegrino, confratello di Madonna dei Boschi suo accompagnatore nella missione intimidatoria ‘Iddio accetti la mia vita,la dono volentieri, ma risparmi tutti i miei figlio spirituali’. Al suo rientro in paese, ormai quasi svuotato, (con i due prigionieri liberati ed il cadavere del caduto tedesco nello scontro al Ponte del Sergent), conferma che nessuno si arrenderà” a coπmmento di questo paragrafo che implica un giudizio sulla Resistenza può utilmente essete citato la seguente affermazione tratta dalla Premessa del libro “Boves Storie:di guerra e di pace”: sottoscritta dai Sindaci succedutisi fino al 2002:
‘A Boves il laboratorio culturale della Scuola di Pace ha senso e peso in quanto luogo di organizzazione della ‘memoria’ e del DNA di una collettività nel cammino - che, nei venti mesi, non è stato forse da tutti e in egual misura chiaramente identificato o capito, ma da tutti voluto - verso la rivendicazione della libertà e della democrazia’.
Ultima considerazione, ma solo in ordine di esposizione e non d’importanza, risulta l’affermazione (pienamente condivisibile) riportata nella Postfazione di don Bruno Mondino laddove afferma che ‘Don Bernardi e Vassallo (l’imprenditore liberale e laico che accompagnerà il parroco fino a S. Giacomo per la trattativa e con lui condividerà l’atroce martirio) ci lasciano questa grande lezione: si può essere di idee radicalmente diverse e lavorare insieme per lo stesso bene comune, addirittura sacrificarsi insieme per lo stesso bene comune’.
Questa recensione, infine, non può concludersi senza sottoscrivere convintamente l’affermazione dello stesso autore della Postfazione e cioè che il compito che si è assunto Chiara Genisio con questo libro (raccontare la vita di due preti, don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo morti più di settant’anni fa) è una storia coinvolgente, resa bene da chi l’ha scritta.
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