Gli adolescenti fragili del Torino Film Festival

Al di là della vittoria di «Mange tes morts» di Jean-Charles Hue, il fil rouge della rassegna subalpina è stato lo sguardo sulle giovani generazioni: smarrite, in cerca di un posto nel mondo

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Gli adolescenti fragili del Torino Film Festival

Poco meno dello scorso anno: 259 mila euro d’incasso contro i 267 mila del 2013. Ma con nove sale a disposizione, anziché le undici della scorsa edizione, e, di conseguenza, con una disponibilità di posti inferiore a dodici mesi fa. Sotto il profilo economico, il bilancio del 32° Torino Film Festival è positivo, con un netto aumento della presenza media degli spettatori ad ogni singola proiezione. Spettatori che, in totale, dal 21 al 29 novembre, in circa 90 mila hanno affollato i cinema cittadini anche con lunghe code, non di rado non trovando più posto in sala proprio per l’alta affluenza di pubblico e la minore disponibilità di capienza complessiva.

Sul fronte dei contenuti, l’ex Festival cinema giovani, alla luce di quanto emerso sotto la Mole, non ha smarrito la propria vocazione di sismografo attento alle nuove tendenze espressive e ai nuovi autori della scena internazionale, rafforzando l’espressione di un festival al contempo «colto e popolare». Alla fine, a portarsi a casa i 15 mila euro in palio per il miglior lungometraggio del concorso, è stato «Mange tes morts» di Jean-Charles Hue. Un film duro, concitato e spigoloso, all’incrocio tra saga familiare, dramma criminale e road movie. Inoltre, la giuria presieduta dal regista Ferzan Ozpetek, attribuendo il Premio speciale della giuria-Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a «For some inexplicable reason», ha fatto coincidere il proprio riconoscimento con i gusti del pubblico, che ha indicato per l’appunto come preferita la pellicola dell’ungherese Gabor Reisz. Un doppio, felice risultato per un ritratto in immagini garbato di un giovane goffo e romantico, un trentenne che, scaricato dalla fidanzata, è intenzionato a lasciare il Paese e a partire per il Portogallo.

Ma al di là dei riconoscimenti (tra gli altri premi, la menzione speciale della giuria a «N-Capace» dell'italiana Eleonora Danco), a riassumere l’intera rassegna torinese sono stati quei film in concorso che hanno affrontato, in forme diverse e con esiti peraltro non omogenei, il tema delicato e sfuggente dell’adolescenza. Un vero e proprio fil rouge, con uno sguardo sulle giovani generazioni che ha accomunato le due protagoniste di «Mercuriales», diretto dal francese Virgil Vernier, con l’adolescente fragile di «Violet», firmato dal fiammingo Bas Devos, e i ragazzi taciturni e irrequieti di «Frastuono», diretto dall’italiano Davide Maldi. E’ una dispersione senza sofferenza né rabbia, quella degli adolescenti smarriti raccontati sugli schermi del Torino Film Festival. E il nulla a cui sembrano avviati è l’ulteriore dimostrazione di come la sensibilità del cinema sappia restituire, nella rapida successione dei fotogrammi, anche la realtà più complessa e impalpabile. Non basterà certo a risolvere i problemi. Ma è un primo, piccolo passo per osservarsi più da vicino. E cominciare, magari, a prendere coscienza.

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