Siria, Papa Francesco: i responsabili dei bombardamenti renderanno conto a Dio!

All’Udienza Generale forte appello del Papa per la pace in Siria. Poi il saluto ai terremotati ed agli operai licenziati. La Chiesa è per tutti: buoni e cattivi, perché così agisce la salvezza di Dio.

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All’Udienza Generale forte appello del Papa per la pace in Siria. Poi il saluto ai terremotati ed agli operai licenziati. La Chiesa è per tutti: buoni e cattivi, perché così agisce la salvezza di Dio.

Il volto del Papa è teso, le telecamere inquadrano il suo sguardo intenso che sembra voler bucare lo schermo quando, al termine dell’Udienza Generale, lancia un nuovo accorato appello: “Il mio pensiero va un’altra volta all’amata e martoriata Siria. Continuano a giungermi notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni di Aleppo, alle quali mi sento unito nella sofferenza, attraverso la preghiera e la vicinanza spirituale. Nell’esprimere profondo dolore e viva preoccupazione per quanto accade in questa già martoriata città, dove muoiono bambini, anziani, ammalati, giovani, vecchi, tanti … rinnovo a tutti l’appello ad impegnarsi con tutte le forze nella protezione dei civili, quale obbligo imperativo ed urgente. Mi appello alla coscienza dei responsabili dei bombardamenti, che dovranno dare conto davanti a Dio!”.

La Chiesa è per tutti

Nella Catechesi, centrata sul perdono di Cristo e sul suo sacrificio per la nostra salvezza, il Papa ha spiegato che La salvezza di Dio è per tutti, nessuno escluso. E’ offerta a tutti. Per questo il Giubileo è tempo di grazia e di misericordia per tutti, buoni e cattivi, quelli che sono in salute e quelli che soffrono.

Le parole che Gesù pronuncia durante la sua Passione trovano il loro culmine nel perdono. Gesù perdona: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Non sono “soltanto parole”, perché diventano “un atto concreto nel perdono offerto al buon ladrone, che era accanto a Lui”. San Luca racconta di due malfattori crocifissi con Gesù, i quali si rivolgono a Lui con atteggiamenti opposti.

Il primo lo insulta, come lo insultava tutta la gente, come fanno i capi del popolo, ma questo povero uomo, spinto dalla disperazione dice: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!” (Lc 23,39). Questo grido “testimonia l’angoscia dell’uomo di fronte al mistero della morte” e la tragica consapevolezza che “solo Dio può essere la risposta liberatrice”: perciò è impensabile che il Messia, “l’inviato di Dio, possa stare sulla croce senza far nulla per salvarsi”.

Capire il sacrificio di Gesù

Gesù ci ha salvati rimanendo sulla croce. Tutti noi sappiamo che non è facile “rimanere sulla croce”, sulle nostre piccole croci di ogni giorno: “Lui, in questa grande croce, in questa grande sofferenza, è rimasto così e lì ci ha salvati; lì ci ha mostrato la sua onnipotenza e lì ci ha perdonati. Lì si compie la sua donazione d’amore e scaturisce per sempre la nostra salvezza. Morendo in croce, innocente tra due criminali, Egli attesta che la salvezza di Dio può raggiungere qualunque uomo in qualunque condizione, anche la più negativa e dolorosa”.

Buoni e cattivi

Il Papa ha poi ricordato la parabola che racconta la festa per lo sposalizio di un figlio di un potente: “questi, quando gli invitati non si presentarono, disse ai suoi servitori: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (Mt 22,9). Tutti siamo chiamati: buoni e cattivi”.

La Chiesa “non è soltanto per i buoni o per quelli che sembrano buoni o si credono buoni”; la Chiesa “è per tutti, e anche preferibilmente per i cattivi, perché la Chiesa è misericordia”. E questo tempo di grazia e di misericordia ci fa ricordare che “nulla ci può separare dall’amore di Cristo!” (cfr Rm 8,39).

Guardare il Crocifisso

Il Papa si è poi rivolto a chi soffre: a chi è inchiodato su un letto di ospedale, a chi vive chiuso in una prigione, a quanti sono intrappolati dalle guerre: “guardate il Crocifisso; Dio è con voi, rimane con voi sulla croce e a tutti si offre come Salvatore a tutti noi. A voi che soffrite tanto dico, Gesù è crocifisso per voi, per noi, per tutti. Lasciate che la forza del Vangelo penetri nel vostro cuore e vi consoli, vi dia speranza e l’intima certezza che nessuno è escluso dal suo perdono”.

“Ma voi potete domandarmi”, ha proseguito: “Ma mi dica, Padre, quello che ha fatto le cose più brutte nella vita, ha possibilità di essere perdonato?” – “Sì! Sì: nessuno è escluso dal perdono di Dio. Soltanto deve avvicinarsi pentito a Gesù e con la voglia di essere da Lui abbracciato”.

Il buon ladrone

Le sue parole sono un meraviglioso modello di pentimento, una catechesi concentrata per imparare a chiedere perdono a Gesù. Prima, egli si rivolge al suo compagno: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena?” (Lc 23,40). Così pone in risalto il punto di partenza del pentimento: “il timore di Dio”.

Ma non la paura di Dio, no: “il timore filiale di Dio”. “Non è la paura - spiega Francesco - ma quel rispetto che si deve a Dio perché Lui è Dio. E’ un rispetto filiale perché Lui è Padre. Il buon ladrone richiama l’atteggiamento fondamentale che apre alla fiducia in Dio: la consapevolezza della sua onnipotenza e della sua infinita bontà. E’ questo rispetto fiducioso che aiuta a fare spazio a Dio e ad affidarsi alla sua misericordia”.

Poi, il buon ladrone dichiara l’innocenza di Gesù e confessa apertamente la propria colpa: “Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male” (Lc 23,41). Dunque Gesù è lì sulla croce “per stare con i colpevoli: attraverso questa vicinanza, Egli offre loro la salvezza”.

E’ riuscito a rubarsi il cielo

E così il buon ladrone diventa testimone della Grazia; l’impensabile è accaduto: “Dio mi ha amato a tal punto che è morto sulla croce per me. La fede stessa di quest’uomo è frutto della grazia di Cristo: i suoi occhi contemplano nel Crocifisso l’amore di Dio per lui, povero peccatore. È vero, era ladrone, era un ladro, aveva rubato tutta la vita”. Ma alla fine, pentito di quello che aveva fatto, guardando Gesù così buono e misericordioso “è riuscito a rubarsi il cielo: è un bravo ladro, questo!”.

Mentre il buon ladrone parla al futuro: “quando entrerai nel tuo regno”, la risposta di Gesù non si fa aspettare; parla al presente: “oggi sarai con me nel paradiso” (v. 43). Nell’ora della croce, la salvezza di Cristo raggiunge il suo culmine; e la sua promessa al buon ladrone rivela il compimento della sua missione: cioè salvare i peccatori. All’inizio del suo ministero, nella sinagoga di Nazaret, Gesù aveva proclamato “la liberazione ai prigionieri” (Lc 4,18); a Gerico, nella casa del pubblico peccatore Zaccheo, aveva dichiarato che “il Figlio dell’uomo – cioè Lui – è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,9).

Un'invocazione breve

Sulla croce, l’ultimo atto conferma il realizzarsi di questo disegno salvifico: “Dall’inizio alla fine Egli si è rivelato Misericordia, si è rivelato incarnazione definitiva e irripetibile dell’amore del Padre. Gesù è davvero il volto della misericordia del Padre. E il buon ladrone lo ha chiamato per nome: “Gesù”.

È una invocazione breve, e tutti noi possiamo farla durante la giornata tante volte: “Gesù”. “Gesù”, semplicemente. E così fatela durante tutta la giornata.

Il saluto ai terremotati ed ai lavoratori licenziati

Al termine dell’Udienza il Papa ha salutato una delegazione proveniente da Ascoli Piceno, accompagnati dal Vescovo Mons. Giovanni D’Ercole: “anche voi avete sofferto!”.

Un pensiero speciale lo ha rivolto all’Arcivescovo di Potenza ed al gruppo di operai licenziati della Basilicata: “Auspico che la grave congiuntura occupazionale possa trovare una positiva soluzione mediante un incisivo impegno da parte di tutti per aprire vie di speranza. Non può salire più la percentuale della disoccupazione!”.

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