Sinodo famiglia, per Francesco nessun anatema ma discernimento e misericordia

I primi risultati del Sinodo, con il discorso di Bergoglio e l'appello per la pace 

Parole chiave: divorziati (2), sinodo (46), famiglia (86), comunione (8)
Sinodo famiglia, per Francesco nessun anatema ma discernimento e misericordia

Questo pomeriggio, nel corso della 18.ma e ultima Congregazione generale del Sinodo ordinario dei Vescovi sulla Famiglia, Papa Francesco ha rivolto ai Padri Sinodali e a tutti i partecipanti in Aula il discorso che riportiamo di seguito:

Care Beatitudini, Eminenze, Eccellenze, cari fratelli e sorelle, vorrei innanzitutto ringraziare il Signore che ha guidato il nostro cammino sinodale in questi anni con lo Spirito Santo, che non fa mai mancare alla Chiesa il suo sostegno. Ringrazio davvero di cuore S. Em. il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo, S. Ecc. Mons. Fabio Fabene, Sotto-segretario, e con loro ringrazio il Relatore S. Em. il Cardinale Peter Erdő e il Segretario Speciale S. Ecc. Mons. Bruno Forte, i Presidenti delegati, gli scrittori, i consultori, i traduttori e tutti coloro che hanno lavorato instancabilmente e con totale dedizione alla Chiesa: grazie di cuore! Ringrazio tutti voi, cari Padri Sinodali, Delegati Fraterni, Uditori, Uditrici e Assessori, Parroci e famiglie, per la vostra partecipazione attiva e fruttuosa. Ringrazio anche gli “anonimi” e tutte le persone che hanno lavorato in silenzio contribuendo generosamente ai lavori di questo Sinodo. Siate sicuri tutti della mia preghiera, affinché il Signore vi ricompensi con l’abbondanza dei suoi doni di grazia!

Mentre seguivo i lavori del Sinodo, mi sono chiesto: che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia? Certamente non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto.

Sicuramente non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della Fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia.

Significa aver sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana.

Significa aver ascoltato e fatto ascoltare le voci delle famiglie e dei pastori della Chiesa che sono venuti a Roma portando sulle loro spalle i pesi e le speranze, le ricchezze e le sfide delle famiglie di ogni parte del mondo.

Significa aver dato prova della vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia.

Significa aver cercato di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività.

Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole “indottrinarlo” in pietre morte da scagliare contro gli altri.

Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite.

Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori.

Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile.

Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi1.

E – aldilà delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – abbiamo visto anche che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo, per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato2. Il Sinodo del 1985, che celebrava il 20° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ha parlato dell’inculturazione come dell’«intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo, e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane»3. L’inculturazione non indebolisce i valori veri, ma dimostra la loro vera forza e la loro autenticità, poiché essi si adattano senza mutarsi, anzi essi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture4.

Abbiamo visto, anche attraverso la ricchezza della nostra diversità, che la sfida che abbiamo davanti è sempre la stessa: annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, difendendo la famiglia da tutti gli attacchi ideologici e individualistici.

E, senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri, abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che «TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI» (1 Tm 2,4), per inserire e per vivere questo Sinodo nel contesto dell’Anno Straordinario della Misericordia che la Chiesa è chiamata a vivere.

Cari Confratelli, l’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule, delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia (cfr Rm 3,21-30;Sal 129; Lc 11,37-54). Significa superare le costanti tentazioni del fratello maggiore (cfr Lc15,25-32) e degli operai gelosi (cfr Mt 20,1-16). Anzi significa valorizzare di più le leggi e i comandamenti creati per l’uomo e non viceversa (cfr Mc 2,27).

In questo senso il doveroso pentimento, le opere e gli sforzi umani assumono un significato più profondo, non come prezzo dell’inacquistabile Salvezza, compiuta da Cristo gratuitamente sulla Croce, ma come risposta a Colui che ci ha amato per primo e ci ha salvato a prezzo del suo sangue innocente, mentre eravamo ancora peccatori (cfr Rm 5,6).

Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore (cfr Gv 12,44-50).

Il beato Paolo VI, con parole stupende, diceva: «Possiamo quindi pensare che ogni nostro peccato o fuga da Dio accende in Lui una fiamma di più intenso amore, un desiderio di riaverci e reinserirci nel suo piano di salvezza [...]. Dio, in Cristo, si rivela infinitamente buono [...]. Dio è buono. E non soltanto in sé stesso; Dio è – diciamolo piangendo – buono per noi. Egli ci ama, cerca, pensa, conosce, ispira ed aspetta: Egli sarà – se così può dirsi – felice il giorno in cui noi ci volgiamo indietro e diciamo: Signore, nella tua bontà, perdonami. Ecco, dunque, il nostro pentimento diventare la gioia di Dio»5.

Anche san Giovanni Paolo II affermava che «la Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia […] e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice»6.

Anche Papa Benedetto XVI disse: «La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio [...] Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10,10)»7.

Sotto questa luce e grazie a questo tempo di grazia che la Chiesa ha vissuto, parlando e discutendo della famiglia, ci sentiamo arricchiti a vicenda; e tanti di noi hanno sperimentato l’azione dello Spirito Santo, che è il vero protagonista e artefice del Sinodo. Per tutti noi la parola “famiglia” non suona più come prima, al punto che in essa troviamo già il riassunto della sua vocazione e il significato di tutto il cammino sinodale8.

In realtà, per la Chiesa concludere il Sinodo significa tornare a “camminare insieme” realmente per portare in ogni parte del mondo, in ogni Diocesi, in ogni comunità e in ogni situazione la luce del Vangelo, l’abbraccio della Chiesa e il sostegno della misericordia di Dio! Grazie!

_____________________________

Appello per la Pace contro ogni forma di terrore e violenza

«Le nostre voci, insieme a quella di Papa Francesco, si uniscono al grido di tanti innocenti: non più violenza, non più terrorismo, non più distruzioni, non più persecuzioni! Cessino immediatamente le ostilità e il traffico delle armi!». Lo scrivono i 270 padri riuniti al Sinodo sulla famiglia in un messaggio sulla situazione Medio Oriente, Africa e Ucraina. Appelli che si ripetono da decenni dopo ogni Sinodo, come da decenni è esplosiva la situazione in queste aree del mondo.                      

Afferma il messaggio: «Da anni ormai, a causa dei sanguinosi conflitti in corso» le famiglie del Medio Oriente «sono vittime di inaudite efferatezze. Le loro condizioni di vita si sono ulteriormente aggravate in questi ultimi mesi e settimane» per il folle tentativo dell’Isis di impadronirsi di larghe fette del Medio Oriente, per la devastante guerra civile in Siria, per la cosiddetta «Intifada dei pugnali», per gli attentati in Africa, per lo scontrpo ormai decennale tra israeliani e palestinesi.                                 

 Aggiungono i padri sinodali: «L’uso di armi di distruzione di massa, le uccisioni indiscriminate, le decapitazioni, il rapimento di esseri umani, la tratta delle donne, l’arruolamento di bambini, la persecuzione a motivo del credo e dell’etnia, la devastazione dei luoghi di culto, la distruzione del patrimonio culturale e innumerevoli altre atrocità hanno costretto migliaia di famiglie a fuggire dalle proprie case e a cercare rifugio altrove, spesso in condizioni di estrema precarietà». E oggi «sono impedite dal farvi ritorno e dall’esercitare il loro diritto a vivere in dignità e sicurezza sul proprio suolo, contribuendo alla ricostruzione e al benessere materiale e spirituale dei rispettivi Paesi. In tale drammatico contesto sono continuamente violati i principi fondamentali della dignità umana e della convivenza pacifica e armoniosa fra le persone e i popoli, i diritti più elementari, quali quello alla vita e alla libertà religiosa, e il diritto umanitario internazionale».                                                                     

 I padri esprimono dunque la loro vicinanza «ai patriarchi, ai vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati e ai fedeli, come anche a tutti gli abitanti del Medio Oriente. Pensiamo a tutte le persone sequestrate e chiediamo la loro liberazione». La pace in Medio Oriente va cercata «non con scelte imposte con la forza, ma con decisioni politiche rispettose delle particolarità culturali e religiose delle singole Nazioni e delle varie realtà che le compongono».                                                                                                     I padri ringraziano Giordania, Libano, Turchia e «numerosi Paesi europei per l’accoglienza riservata ai rifugiati», e si appellano alla Comunità internazionale «affinché, messi da parte gli interessi particolari, ci si affidi, nella ricerca di soluzioni, agli strumenti della diplomazia, del dialogo, del diritto internazionale». «Siamo convinti - assicurano i vescovi nel messaggio - che la pace è possibile ed è possibile fermare le violenze che in Siria, in Iraq, a Gerusalemme e in tutta la Terra Santa, coinvolgono ogni giorno sempre più famiglie e civili innocenti e aggravano la crisi umanitaria. La riconciliazione è frutto della fraternità, della giustizia, del rispetto e del perdono». Dopo aver auspicato che ebrei, i cristiani e i musulmani possano «scorgere nell’altro credente una fratello da rispettare» i padri estendono il loro pensiero e preghiera «con uguale preoccupazione, sollecitudine e amore, a tutte le famiglie che si trovano coinvolte in situazioni analoghe in altre parti del mondo, specialmente in Africa e in Ucraina», domandando anche per loro «con forza il ritorno a una vita dignitosa e tranquilla». Analogo appello venne rivolto lo scorso anno al termine del Sinodo straordinario sempre sulla famiglia.                                           

Una riunione «più ampia» sulla Siria, forse già alla fine della prossima settimana. Questa la conclusione del vertice a Vienna tra i capi delle diplomazie di Stati Uniti, Federazione Russa, Turchia e Arabia Saudita. Contemporaneamente, nella capitale austriaca si è riunito il cosiddetto Quartetto per il Medio Oriente, dedicato alla crisi israelo-palestinese. E mentre per la prima volta  il cosiddetto Califfato lancia un messaggio in ebraico contro Israele, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, chiede un faccia a faccia tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas.                                             Pier Giuseppe Accornero 

Papa Francesco

archivio notizie

14/01/2018

Bergoglio: "Chi alza muri e barriere rinuncia all'incontro con l'altro"

Il messaggio di Papa Francesco per la giornata dei migranti e dei rifugiati

29/09/2017

Perché il Papa dà fastidio

Da tempo all'interno della Chiesa cattolica si fanno sentire reazioni di fastidio e di opposizione a papa Francesco. L'intervento di don Lucio Casto 

14/09/2017

Colombia, il primo passo per una pace giusta

Il Papa ha visitato la Colombia nei giorni della pacificazione nazionale. Dal Sud America ha lanciato parole che stanno facendo il giro del mondo, un appello universale a lavorare per la pace, gettare ponti, compiere sempre «il primo passo» per la riconciliazione. Parole rivolte anche alla Chiesa

05/02/2017

Il Papa: “Ogni vita è sacra"

All’Angelus la preghiera del Papa per i bambini “in pericolo d’interruzione della gravidanza” e per le persone “che stanno alla fine della vita”