Papa Francesco: le nazioni aprano il cuore e le porte!

Il Papa parla dei "migranti di oggi" bloccati alle frontiere europee "che soffrono all'aria, senza cibo" e non possono entrare in Europa

Parole chiave: consolazione (3), esilio (2), libro di Geremia (2), Papa Francesco (256), Udienza Generale (38), migranti (82), profughi (55)
Papa Francesco: le nazioni aprano il cuore e le porte

Anche noi possiamo vivere a volte una sorta di esilio, quando la solitudine, la sofferenza, la morte ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio. Quante volte abbiamo sentito questa parola: “Dio si è dimenticato di me”: sono persone che soffrono e si sentono abbandonate.

Dov’è Dio?

Papa Francesco si è interrogato sui sentimenti dei profughi: “Quanti nostri fratelli stanno vivendo in questo tempo una reale e drammatica situazione di esilio, lontani dalla loro patria, con negli occhi ancora le macerie delle loro case, nel cuore la paura e spesso, purtroppo, il dolore per la perdita di persone care! In questi casi uno può chiedersi: dov’è Dio?”.

Le nazioni aprano le porte ai migranti

“Come è possibile - ha proseguito - che tanta sofferenza possa abbattersi su uomini, donne e bambini innocenti? E quando cercano di entrare in qualche altra parte gli chiudono la porta”. “E sono lì, al confine perché tante porte e tanti cuori sono chiusi. I migranti di oggi che soffrono il freddo, senza cibo e non possono entrare, non sentono l’accoglienza”. “A me piace tanto sentire quando vedo le nazioni, i governanti che aprono il cuore e aprono le porte!”.

Ma Dio non si è dimenticato di noi

Nel libro del profeta Geremia, i capitoli 30 e 31 sono detti “libro della consolazione”, perché in essi la misericordia di Dio si presenta con tutta la sua capacità di confortare e aprire il cuore degli afflitti alla speranza.

Geremia si rivolge agli israeliti che sono stati deportati in terra straniera e preannuncia il ritorno in patria. Questo rientro è segno dell’amore infinito di Dio Padre che non abbandona i suoi figli, ma se ne prende cura e li salva. L’esilio era stata un’esperienza devastante per Israele. La fede aveva vacillato perché in terra straniera, senza il tempio, senza il culto, dopo aver visto il paese distrutto, era difficile continuare a credere alla bontà del Signore.

I ricordi delle sofferenze e la gioia per il rientro l’esilio fanno venire in mente al Papa la storia “della vicina Albania” e come “dopo tanta persecuzione e distruzione è riuscita ad alzarsi nella dignità e nella fede. Così avevano sofferto gli israeliti nell’esilio!”.

Il Signore ci libera da ogni paura

Il profeta Geremia ci dà una prima risposta. Il popolo esiliato potrà tornare a vedere la sua terra e a sperimentare la misericordia del Signore. È il grande annuncio di consolazione: “Dio non è assente neppure oggi in queste drammatiche situazioni, Dio è vicino, e fa opere grandi di salvezza per chi confida in Lui”. Non si deve cedere alla disperazione, ma continuare “ad essere sicuri che il bene vince il male e che il Signore asciugherà ogni lacrima e ci libererà da ogni paura”.

Il Signore è fedele, non abbandona alla desolazione. Dio ama di un amore senza fine, che neppure il peccato può frenare, e grazie a Lui il cuore dell’uomo si riempie di gioia e di consolazione.

La benedizione vince la maledizione

Nella gioia e nella riconoscenza, gli esuli torneranno a Sion, salendo sul monte santo verso la casa di Dio, e così potranno di nuovo innalzare inni e preghiere al Signore che li ha liberati. Questo ritornare a Gerusalemme e ai suoi beni è descritto, nel libro di Geremia, con un verbo che letteralmente vuol dire “affluire, scor­rere”. Il popolo è visto, in un movimento paradossale, come un fiume in piena che scorre verso l’altura di Sion, risalendo verso la cima del monte. Un’immagine ardita per dire quanto è grande la misericordia del Signore!

La terra, che il popolo aveva dovuto abbandonare, era divenuta preda di nemici e desolata. Adesso, invece, riprende vita e rifiorisce. E gli esuli stessi saranno “come un giardino irrigato, come una terra fertile”. Israele, riportato in patria dal suo Signore “assiste alla vittoria della vita sulla morte e della benedizione sulla maledizione”.

Il perdono che converte e riconcilia

“È così che il popolo viene fortificato e consolato da Dio. Questa parola è importante: consolato! I rimpatriati ricevono vita da una fonte che gratuitamente li irriga”. A questo punto, il profeta annuncia la pienezza della gioia, e sempre a nome di Dio proclama: “Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni” (31,13).

Il salmo ci dice che quando tornarono in patria “la bocca gli si riempie di sorriso; è una gioia tanto grande!” E’ il dono che il Signore vuole fare anche a ciascuno di noi “con il suo perdono che converte e riconcilia”.

“Il vero e radicale ritorno dall’esilio - ha concluso Papa Francesco - e la confortante luce dopo il buio della crisi di fede, si realizza a Pasqua, nell’esperienza piena e definitiva dell’amore di Dio, amore misericordioso che dona gioia, pace e vita eterna”.

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