Papa Francesco e il dialogo interreligioso

Udienza generale «interreligiosa» di Papa Francesco nel ricordo della «Nostra aetate» del Concilio Vaticano II

Parole chiave: nostra aetate (1), dialogo (74), fedi (6), religioni (31)
Papa Francesco e il dialogo interreligioso

 Cinquant’anni fa questi erano i mesi in cui i «padri conciliari» raccoglievano il frutto di tante fatiche e di tanti dibattiti.

Nella quarta e ultima sessione (14 settembre-8 dicembre 1965) vengono approvati: il 28 ottobre tre decreti - sull’ufficio pastorale dei vescovi «Christus Dominus», sul rinnovamento della vita religiosa «Perfectae caritatis», sulla formazione sacerdotale «Optatam totius» - e due dichiarazioni: sull’educazione cristiana «Gravissimum educationis» e sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane «Nostra aetate». Il 18 novembre la costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum» e il  decreto sull’apostolato dei laici «Apostolicam actuositatem». Il 7 dicembre i decreti sull’attività missionaria della Chiesa «Ad gentes», sul ministero e la vita sacerdotale «Presbyterorum ordinis» e la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo «Gaudium et spes», pietra angolare del Vaticano II.

«Nostra aetate» è un documento fondamentale del Concilio, anche se fu approvato con il minor numero di voti favorevoli (2.221) e con il maggior numero di voti contrari (88). Paolo VI esulta: «Venerabili fratelli, per questo siete venuti, ed ecco che questi atti conclusivi del Concilio ce ne danno esperienza: la Chiesa parla, la Chiesa prega, la Chiesa cresce, la Chiesa si costruisce».

Il decreto, pur nella sua brevità, rispecchia il desiderio della Chiesa di incontrare tutti e di esortare i suoi figli e figlie a entrare con amore in un dialogo attivo con gli altri credenti. Il testo si compone di un’introduzione e 4 punti: «Le diverse religioni»; «La religione musulmana»; «La religione ebraica»; «Fraternità universale». Ribadisce Cristo «è via, verità e vita, in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa»; sottolinea che «la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo» nelle altre religioni riconosciute come tali: «Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini».
In rapporto all’Ebraismo, sì definitivo alle radici ebraiche del Cristianesimo e no irrevocabile all’antisemitismo. La Chiesa «crede che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Gli ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento». Infine «quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo».                                                                                                                    

Papa Francesco sottolinea che «il rispetto reciproco è la condizione e il fine del dialogo interreligioso». All’udienza del 28 ottobre sono presenti esponenti ebrei, musulmani, hindu, buddisti, cristiani e cattolici. Si apre con il saluto dei cardinali Kurt Koch e Jean-Louis Tauran, presidenti rispettivamente dei dicasteri dell’unità dei cristiani e del dialogo interreligioso. Qualche minuto di preghiera silenziosa e comune e in piazza San Pietro si respira lo «spirito di Assisi», suscitato nel 1986 da Giovanni Paolo II. Bergoglio spiega in modo semplice e diretto perché «Nostra aetate» abbia cambiato per sempre l’approccio della Chiesa con le altre fedi e in particolare i rapporti tra cristiani ed ebrei: «Da nemici ed estranei siamo diventati amici e fratelli.

Il Concilio, con la “Nostra ætate”, ha tracciato la via: sì alla riscoperta delle radici ebraiche del Cristianesimo; no a ogni forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano».
Assicura il Pontefice: «La Chiesa guarda con stima i credenti di tutte le religioni e ne apprezza impegno spirituale e morale» come collaborazione a tutto campo: dal lavoro comune per la pace alla lotta contro la miseria, la corruzione, il degrado ambientale e contro la violenza che si fa scudo di Dio e suscita «il sospetto o addirittura la condanna delle religioni. Noi credenti non abbiamo ricette per questi problemi, ma abbiamo una grande risorsa: la preghiera. La preghiera è il nostro tesoro, a cui attingiamo secondo le rispettive tradizioni».

Nessuna religione «è immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o estremistiche, ma si tratta di alzare lo sguardo e di andare avanti verso un dialogo aperto e rispettoso. Il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi: nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso. Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato».   

L’attenzione alle fasce più deboli avrà un’«occasione propizia» per essere praticata durante l’Anno Santo: «La misericordia alla quale siamo chiamati abbraccia tutto il creato, che Dio ci ha affidato perché ne siamo custodi, e non sfruttatori o, peggio, distruttori. Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa! Possa la nostra preghiera aderire alla volontà di Dio».                                                                                                                

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