Papa Francesco, dalla fine del mondo

Un profilo del Santo Padre, primo gesuita a salire sul soglio pontificio

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Papa Francesco, dalla fine del mondo

Papa Francesco, due anni dopo 

Da oltre due anni la Chiesa ha un papa, Francesco, che in larga parte è ancora un enigma; anche se a ciascuno di noi sembra di conoscerlo da sempre, e di conoscerlo come una persona con cui ci si incontra tutti i giorni. Questo è probabilmente il suo carisma, e la sua arma principale, sia negli incontri con le folle che con i singoli: una capacità spesso disarmante di stabilire un contatto diretto, sorridente, con i suoi interlocutori.

Con un suo grande predecessore – Giovanni Paolo II – che egli stesso ha definito un gigante condivide questa facilità di approccio, e anche l’impressione che fare il Papa gli piaccia; ci si diverta forse è una parola eccessiva, da usare in questo caso; ma sembra trovarsi bene nel ruolo. Mentre Paolo VI e Benedetto XVI, per citare altri due pontefici recenti, hanno spesso dato l’impressione di sentire tutto il peso delle chiavi di Pietro (e le dimissioni di papa Ratzinger in fondo sono l’esempio più eclatante di quel gravame) né Wojtyla né Bergoglio danno questa sensazione.

Se in maniera sommaria cerchiamo di identificare qualche grande linea della sua azione, ci sembra di poter dire che uno degli interessi principali è quello di stabilire un contatto con tutto ciò che non è Chiesa; basta pensare agli incontri-intervista con Eugenio Scalfari, all’invito a Emma Bonino, al colloquio con Al Gore e con Raul Castro, solo per fare alcuni esempi di una lista che potrebbe essere molto più lunga. A queste “antenne” dirette verso l’esterno bisogna poi aggiungere un senso acutissimo di quello che colpisce la sfera emotiva e sentimentale delle persone, dell’opinione pubblica. Una sensibilità che – oltre alla sua storia personale, e alla sua lettura del Vangelo – lo porta a privilegiare continuamente temi quali la povertà, il lavoro, l’immigrazione, la giustizia sociale e i problemi ambientali. A margine, si può osservare che questa sua sensibilità tutta particolare lo ha reso un beniamino dei mass media, in Italia e all’estero.

Sostanza e non immagine

Così come lo ha reso simpatico l’immagine di un papa che sembra ripartire da zero, che appare lontano (e talvolta intollerante) della burocrazia, delle regole, delle leggi. Papa Francesco crea, ha creato l’impressione di una nuova atmosfera, come si ci trovassimo davanti a una Chiesa che non è mai esistita prima in questo modo. E dal momento che ciascuno di noi tendenzialmente non ama strutture burocratiche e amministrative, - nella vita civile; e figuriamoci quando si tratta di anime!- è difficile non provare un moto di simpatia verso un Papa che sembra condividere le nostre stesse reazioni e sentimenti.

E’ un atteggiamento che ha un risvolto anche nella sua predicazione. Papa Francesco, un “figlio della Chiesa” si pone in un atteggiamento tale che la dottrina cristiana che predica di giorno in giorno non sembri provenire da un’autorità lontana, troppo alta per essere toccata, ma da un uomo simile a chi ascolta, che capisce le debolezze e le cadute legate allo stato umano.

Un Papa umano, troppo umano? Certamente c’è chi gli rimprovera questo atteggiamento: la frase “chi sono io per giudicare?”, che lo ha reso tanto famoso quanto è stata estrapolata da un intero contesto, ha suscitato molte perplessità. “Una bella frase, una frase apostolica – ha commentato per esempio lo scrittore tedesco Martin Mosebach – ma non può dirla come Papa”. Una grande continuità però papa Francesco la dimostra nel campo della misericordia. Se il tema della misericordia è emerso con forza particolare nel pontificato di Giovanni Paolo II, che ne ha istituito addirittura la festa, ed è proseguito con Benedetto XVI, Francesco sembra veramente convinto che il mondo ospiti troppa giustizia, giusta e ingiusta; e allora vuole sovrabbondare in misericordia verso chi è punito anche se giustamente, in base a criteri umani. O di Chiesa.

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Papa Francesco

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