Motu Proprio del Papa sui beni temporali

Papa Bergoglio decide di separare in maniera netta coloro che gestiscono il patrimonio e chi vigila su questo processo

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 Motu Proprio del Papa sui beni temporali

Finanze vaticane: Papa Francesco separa amministrazione da controllo, gestione da vigilanza. Il vero riformatore ha il coraggio di cambiare idea, di aggiornarsi e di «aggiustare» il tiro della sua stessa riforma. È il caso di Francesco. Il 4 luglio 2016 ha pubblicato il motu proprio «I beni temporali» che mette a punto la riforma degli organismi che si occupano dei beni della Santa Sede.

Il nuovo documento continua il cammino intrapreso con il motu proprio «Fidelis dispensator et prudens» (24 febbraio 2014), che istituisce tre nuovi organismi: il Consiglio per l’economia, la Segreteria per l’economia e l’Ufficio del revisore generale. Le competenze di questi organismi sono precisate negli statuti (22 febbraio 2015) «ad experimentum». Nel luglio 2014 il Pontefice trasferisce le competenze della sezione ordinaria dell’Apsa - che gestisce gli immobili - alla Spe. Ma il sistema non funziona e suscita varie polemiche sulle competenze. Così nell’autunno 2015 Francesco avvia un gruppo di lavoro e poi una commissione, guidata dal cardinale laziale Velasio De Paolis, con il compito di risolvere i problemi.

Il motu proprio «I beni temporali», pubblicato il 9 luglio 2016, mette fine a mesi di discussioni, definisce i rapporti tra l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica – presieduta dal cardinale ligure-piemontese Domenico Calcagno - e la Segreteria per l’economia che ha come prefetto il cardinale australiano George Pell. In sostanza il Papa fa una distinzione «netta e inequivocabile» tra gestione e amministrazione, da una parte; e controllo e vigilanza dall’altra. Come avviene per  gli enti, le aziende, le imprese, le banche, gli Stati del mondo. Quindi l’Apsa torna a gestire il patrimonio; alla Spe resta la vigilanza. Si chiarisce quel conflitto d’interessi strutturale dentro la Segreteria per l’economia, organizzata in due sezione: una che  vigila sull’altra avendo un unico responsabile.  

Il nuovo motu proprio ricorda che «i beni temporali» che la Chiesa possiede sono destinati al culto divino, al sostentamento del clero, all’apostolato e alle opere di carità, «specialmente a servizio dei poveri»; sottolinea «la responsabilità di porre la massima attenzione affinché l’amministrazione delle risorse economiche sia sempre al servizio di tali fini». 

Il primo punto - L’esperienza di questi due anni rende evidente la necessità «di delineare meglio le rispettive attività». Scrive Francesco: «Precisando quanto stabilito e modificando quanto appare necessario emendare, intendo ribadire la direttiva fondamentale che è necessario separare in maniera netta e inequivocabile la gestione diretta del patrimonio dal controllo e vigilanza. È della massima importanza che gli organismi di vigilanza siano separati da quelli vigilati». All’Apsa «compete l’amministrazione dei beni e la gestione finanziaria»; alla Spe «il controllo e vigilanza sull’attività di amministrazione e gestione». Quindi la Segreteria per l’economia controlli e vigili sull’Apsa; emani «decreti esecutivi e istruzioni»; assista l’Apsa nella gestore dei beni; svolga «tutte le attività di monitoraggio, verifica e analisi e proposte»; sottoponga ogni anno al Consiglio per l’Economia il bilancio preventivo e consuntivo dell’Apsa; formuli raccomandazioni e chieda informazioni e documentazione; curi «che siano adottate adeguate misure correttive». La Segreteria per l’economia dovrà approvare «ogni alienazione, acquisto o straordinaria amministrazione posto in essere» dall’Apsa, in base ai criteri stabiliti dalla Superiore Autorità», parole queste che ricordano il ruolo del Pontefice nel valutare le transazioni di maggiore importanza. 

Il secondo punto - Parla della sezione amministrativa della Segreteria per l’economia: dovrà elaborare le procedure da applicare; dovrà «formulare linee guida, modelli, procedure e indicare le migliori prassi in materia di appalti»; dovrà adempiere «tutto quanto riguarda il personale», ferme restando le competenze della Segreteria di Stato, e salvo il pagamento degli stipendi, affidato ad Apsa; dovrà «curare il rispetto delle normative vigenti, compreso il riferimento ai parametri retributivi per il personale» e «fornire assistenza al Fondo pensioni e al Fondo assistenza sanitaria».  

Il terzo punto – All’Apsa spetta «amministrare il patrimonio mobiliare e immobiliare della Santa Sede e quello degli enti che a essa hanno affidato i propri beni»; si occupa di «acquistare beni e servizi dai fornitori esterni, per se stessa, per i dicasteri della Santa Sede e per le istituzioni collegate, in conformità a procedure e controlli interni»; deve pagare le fatture; svolge «servizio di tesoreria pagando gli stipendi al personale»; segue «le norme e le linee guida date dalla Segreteria per l’economia nel tenere la contabilità e nel redigere i bilanci»; dispone del personale ausiliario per i dicasteri della Santa Sede e per la manutenzione degli immobili; ha la responsabilità anche della «Peregrinatio ad Petri Sedem». 

Francesco confida nella «reciproca collaborazione dei superiori dei due dicasteri», cioè calcagno e Pell. L’accenno alla collaborazione è significativo e richiama le norme generali della costituzione «Pastor Bonus», la carta fondamentale della Curia romana varata da Giovanni Paolo II nel 1988. Il testo è importante anche perché le conferenze episcopali, le diocesi e le congregazioni religiose dovranno avviare la stessa riforma (se non l’hanno già fatto): distinguere tra amministrazione e vigilanza, tra controllore e controllato.

Fonte: Sir
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