Il respiro della speranza non può essere soffocato

Giubileo dei detenuti. Il Papa: “Tutti possiamo sbagliare, ma si può sempre cambiare”. All’Angelus l’appello per un atto di clemenza per quanti “ritenuti idonei”.

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Giubileo dei detenuti. Il Papa: “Tutti possiamo sbagliare, ma si può sempre cambiare”. All’Angelus l’appello per un atto di clemenza per quanti “ritenuti idonei”.

“Il perdono è l’essenza dell’amore che sa comprendere lo sbaglio e porvi rimedio”. E’ il messaggio che Papa Francesco ha lanciato ieri dal suo account Pontifex su Twitter. Nella Basilica Vaticana di San Pietro si è celebrata oggi la Santa Messa per il Giubileo dei carcerati: “Perdono e amore sconfiggono ogni male”, ma attenzione, perché: “Anche pregiudizi e falso benessere creano celle”.

Il Papa, affacciato alla finestra dell’Angelus, ha poi lanciato un forte appello in favore del miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri “affinché sia rispettata pienamente la dignità umana dei detenuti”, ed ha chiesto di riflettere “sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva, ma aperta alla speranza e alla prospettiva di reinserire il reo nella società”.

In questo Anno Santo della Misericordia Francesco ha invitato le Autorità civili a prendere in considerazione “la possibilità di compiere un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”.

La speranza è dono di Dio

“Dobbiamo chiederla”. Essa è posta nel più profondo del cuore di ogni persona perché possa “rischiarare con la sua luce il presente”, spesso turbato e offuscato da tante situazioni che portano tristezza e dolore. Abbiamo bisogno di rendere sempre più salde le radici della nostra speranza, perché possano portare frutto. Non esiste luogo nel nostro cuore che non possa essere raggiunto dall’amore di Dio. “Dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione, pace”.

Rivolgendosi ai detenuti il Papa ha osservato: “Certo, il mancato rispetto della legge ha meritato la condanna; e la privazione della libertà è la forma più pesante della pena che si sconta, perché tocca la persona nel suo nucleo più intimo. Eppure, la speranza non può venire meno”. Una cosa, infatti, è ciò che meritiamo per il male compiuto; altra cosa, invece, è il “respiro” della speranza, “che non può essere soffocato da niente e da nessuno”. Il nostro cuore sempre spera il bene; “ne siamo debitori alla misericordia con la quale Dio ci viene incontro senza mai abbandonarci” (cfr Agostino, Sermo 254, 1).

Dio spera

Nella Lettera ai Romani, l’apostolo Paolo parla di Dio come del «Dio della speranza» (Rm 15,13). E’ come se volesse dire anche a noi: “Dio spera”; e per paradossale che possa sembrare, è proprio così: “Dio spera! La sua misericordia non lo lascia tranquillo”. È come quel Padre della parabola, che spera sempre nel ritorno del figlio che ha sbagliato (cfr Lc 15,11-32). Non esiste tregua né riposo per Dio fino a quando non ha ritrovato la pecora che si era perduta (cfr Lc 15,5).

Se dunque Dio spera, allora la speranza “non può essere tolta a nessuno, perché è la forza per andare avanti; è la tensione verso il futuro per trasformare la vita; è una spinta verso il domani, perché l’amore con cui, nonostante tutto, siamo amati, possa diventare nuovo cammino…”. Insomma: “la speranza è la prova interiore della forza della misericordia di Dio, che chiede di guardare avanti e di vincere, con la fede e l’abbandono in Lui, l’attrattiva verso il male e il peccato”.

Accendere la speranza

“Cari detenuti - ha proseguito Francesco - è il giorno del vostro Giubileo! Che oggi, dinanzi al Signore, la vostra speranza sia accesa. Il Giubileo, per la sua stessa natura, porta con sé l’annuncio della liberazione (cfr Lv 25,39-46). Non dipende da me poterla concedere, ma suscitare in ognuno di voi il desiderio della vera libertà è un compito a cui la Chiesa non può rinunciare”.

Tutti possiamo sbagliare

“A volte, una certa ipocrisia spinge a vedere in voi solo delle persone che hanno sbagliato, per le quali l’unica via è quella del carcere. Io vi dico: ogni volta che entro in un carcere mi domando: Perché loro e non io?”. Tutti abbiamo la possibilità di sbagliare: tutti. In una maniera o nell’altra abbiamo sbagliato. E l’ipocrisia fa sì che non si pensi alla possibilità di cambiare vita: c’è poca fiducia nella riabilitazione, nel reinserimento nella società. Ma in questo modo si dimentica che tutti siamo peccatori e, spesso, siamo anche prigionieri senza rendercene conto.

Noi, prigionieri di un falso benessere

Quando si rimane chiusi nei propri pregiudizi, o si è schiavi degli idoli di un falso benessere, quando ci si muove dentro schemi ideologici o si assolutizzano leggi di mercato che schiacciano le persone, in realtà “non si fa altro che stare tra le strette pareti della cella dell’individualismo e dell’autosufficienza, privati della verità che genera la libertà. E puntare il dito contro qualcuno che ha sbagliato non può diventare un alibi per nascondere le proprie contraddizioni”.

Aprire un nuovo capitolo della vita

Sappiamo infatti che “nessuno davanti a Dio può considerarsi giusto” (cfr Rm 2,1-11). Ma “nessuno può vivere senza la certezza di trovare il perdono!”. Il ladro pentito, crocifisso insieme a Gesù, lo ha accompagnato in paradiso (cfr Lc 23,43). “Nessuno di voi, pertanto - è l’esortazione di Francesco - si rinchiuda nel passato! Certo, la storia passata, anche se lo volessimo, non può essere riscritta. Ma la storia che inizia oggi, e che guarda al futuro, è ancora tutta da scrivere, con la grazia di Dio e con la vostra personale responsabilità”. Imparando dagli sbagli del passato, si può aprire un nuovo capitolo della vita. Non cadiamo nella tentazione “di pensare di non poter essere perdonati”. Qualunque cosa, piccola o grande, il cuore ci rimproveri, “Dio è più grande del nostro cuore” (1 Gv 3,20): “dobbiamo solo affidarci alla sua misericordia”.

Quel perdono apparentemente impossibile

La fede, anche se piccola come un granello di senape, è in grado di spostare le montagne (cfr Mt 17,20). Quante volte la forza della fede “ha permesso di pronunciare la parola perdono in condizioni umanamente impossibili!”. Persone che hanno patito violenze o soprusi su loro stesse o sui propri cari o i propri beni… “Solo la forza di Dio, la misericordia, può guarire certe ferite”. E dove alla violenza si risponde con il perdono, “là anche il cuore di chi ha sbagliato può essere vinto dall’amore che sconfigge ogni forma di male”. E così, tra le vittime e tra i colpevoli, “Dio suscita autentici testimoni e operatori di misericordia”.

La catena spezzata

Accanto alla croce, è esposta la statua della Madonna della Mercede, protettrice dei prigionieri; il Bambino Gesù tiene tra le sue mani una catena spezzata: “Oggi veneriamo la Vergine Maria in questa statua che la raffigura come Madre che tiene tra le braccia Gesù con una catena spezzata, la catena della schiavitù e della prigionia. Ella rivolga su ciascuno di voi il suo sguardo materno; faccia sgorgare dal vostro cuore la forza della speranza per una vita nuova e degna di essere vissuta nella piena libertà e nel servizio al prossimo”.

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