Il nuovo abbraccio tra Francesco e Benedetto

Alle ore 12 di martedì 28 giugno si è svolta, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, la cerimonia per il 65° dell’Ordinazione Sacerdotale del Papa Emerito.

Alle ore 12 di martedì 28 giugno si è svolta, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, la cerimonia per il 65° dell’Ordinazione Sacerdotale del Papa Emerito.

"Non si deve essere superstiziosi, ma nel momento in cui l'anziano arcivescovo impose le mani su di me, un uccellino, forse un'allodola, si levò dall'altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso; per me fu come se una voce dall'alto mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta", così il Papa Emerito ricorda il giorno della sua Ordinazione Sacerdotale, avvenuta nella Cattedrale di Freising il 29 giugno 1951.

Oggi Benedetto XVI e Papa Francesco si sono abbracciati ancora. Due giganti, due grandi uomini su cui aleggia lo Spirito di Dio: “Lei, Santità - è il saluto di Francesco - continua a servire la Chiesa, non smette di contribuire veramente con vigore e sapienza alla sua crescita; e lo fa da quel piccolo Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano che si rivela in tal modo essere tutt'altro che uno di quegli angolini dimenticati nei quali la cultura dello scarto di oggi tende a relegare le persone quando, con l'età, le loro forze vengono meno. È tutto il contrario; e questo permetta che lo dica con forza il Suo Successore che ha scelto di chiamarsi Francesco!”

“Perché il cammino spirituale di San Francesco iniziò a San Damiano, ma il vero luogo amato, il cuore pulsante dell'Ordine, lì dove lo fondò e dove infine rese la sua vita a Dio fu la Porziuncola, la «piccola porzione», l'angolino presso la Madre della Chiesa; presso Maria che, per la sua fede così salda e per il suo vivere così interamente dell'amore e nell'amore con il Signore, tutte le generazioni chiameranno beata. Così, la Provvidenza ha voluto che Lei, caro Confratello, giungesse in un luogo per così dire propriamente "francescano" dal quale promana una tranquillità, una pace, una forza, una fiducia, una maturità, una fede, una dedizione e una fedeltà che mi fanno tanto bene e danno tanta forza a me ed a tutta la Chiesa. Mi permetto di aggiungere: anche un sano e gioioso umorismo.”

Papa Francesco ha ricordato il brano del Vangelo di Giovanni che racconta la chiamata definitiva di Simone: “Gesù, guardandolo, in fondo gli chiede una cosa sola: «Mi ami?». Quanto è bello e vero questo! Perché è qui, Lei ci dice, è in quel «mi ami» che il Signore fonda il pascere, perché solo se c'è l'amore per il Signore Lui può pascere attraverso di noi: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo» (Gv 21, 15-19). È questa la nota che domina una vita intera spesa al servizio sacerdotale e della vera teologia che Lei non a caso ha definito come la ricerca dell'amato"; è questo che Lei ha sempre testimoniato e testimonia ancora oggi: che la cosa decisiva nelle nostre giornate «di sole o di pioggia», quella solo con la quale viene anche tutto il resto, è che il Signore sia veramente presente, che lo desideriamo, che interiormente siamo vicini a lui, che lo amiamo, che davvero crediamo profondamente in lui e credendo lo amiamo veramente”.

Il nuovo abbraccio tra Francesco e Benedetto

“È questo amare - ha proseguito Francesco - che veramente ci riempie il cuore, questo credere è quello che ci fa camminare sicuri e tranquilli sulle acque, anche in mezzo alla tempesta, proprio come accadde a Pietro; questo amare e questo credere è quello che ci permette di guardare al futuro non con paura o nostalgia, ma con letizia, anche negli anni ormai avanzati della nostra vita”.

Al termine della cerimonia Benedetto XVI, a sorpresa, ha preso la parola e, a braccio, ha detto: “Santo Padre, cari confratelli, 65 anni fa, un fratello ordinato con me ha deciso di scrivere sulla immaginetta di ricordo della prima Messa soltanto, eccetto il nome e le date, una parola, in greco: «Efharistomen», convinto che con questa parola, nelle sue tante dimensioni, è già detto tutto quanto si possa dire in questo momento. «Efharistomen» dice un grazie umano, grazie a tutti. Grazie soprattutto a Lei, Santo Padre: la Sua bontà, dal primo momento dell’elezione, in ogni momento della mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente più che nei Giardini Vaticani, con la bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto. Grazie anche della parola di ringraziamento, per tutto. E speriamo che Lei potrà andare avanti con noi tutti con questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, a Gesù, a Dio”.

“Alla fine - ha concluso il Papa Emerito - vogliamo inserirci in questo grazie del Signore e così ricevere realmente la novità della vita e aiutare alla Transustanziazione del mondo: che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale l’amore ha vinto la morte”.

Nel corso dell’intervista sull’aereo durante il viaggio di ritorno dall’Armenia il Santo Padre aveva definito affettuosamente il Papa Emerito: “il nonno saggio a casa”. Ma l’affetto e la riconoscenza di Francesco verso Benedetto la possiamo leggere anche nella prefazione del libro: “Insegnare ed imparare l’amore di Dio”, raccolta di omelie di Joseph Ratzinger pubblicata proprio in occasione del sessantacinquesimo: “Ogni volta che leggo le opere di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI – scrive Bergoglio – mi diviene sempre più chiaro che egli ha fatto e fa teologia in ginocchio: in ginocchio perché, prima ancora che essere un grandissimo teologo e maestro della fede, si vede che è un uomo che veramente crede, che veramente prega. Egli incarna esemplarmente il cuore di tutto l’agire sacerdotale, quel profondo radicamento in Dio, quel costante rapporto con il Signore Gesù”.

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