Il Papa: si convertano i cuori di chi semina terrore

Stoccolma e Cairo nel cuore di Francesco. L’appello alla conversione al termine delle celebrazioni per la domenica delle Palme in Piazza San Pietro

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Il Papa: si convertano i cuori di chi semina terrore

“Il Signore converta il cuore delle persone che seminano terrore, violenza e morte, e anche il cuore di quelli che fanno e trafficano le armi”. Questa è la preghiera che sgorga dal cuore del Papa all’Angelus in Piazza San Pietro: “A Cristo, che oggi entra nella Passione, e alla Vergine Santa affidiamo le vittime dell’attentato terroristico avvenuto venerdì scorso a Stoccolma, come pure quanti sono ancora duramente provati dalla guerra, sciagura dell’umanità. E preghiamo per le vittime dell’attentato compiuto purtroppo oggi, questa mattina, al Cairo, in una chiesa copta. Al mio caro fratello, Sua Santità Papa Tawadros II, alla Chiesa Copta e a tutta la cara nazione egiziana esprimo il mio profondo cordoglio, prego per i defunti e per i feriti, sono vicino ai familiari e all’intera comunità”.

 

Un sapore dolce e amaro

 

In mattinata la Processione delle Palme, poi la Santa Messa: “Questa celebrazione - ha osservato Francesco - ha come un doppio sapore, dolce e amaro, è gioiosa e dolorosa, perché in essa celebriamo il Signore che entra in Gerusalemme ed è acclamato dai suoi discepoli come re; e nello stesso tempo viene proclamato solennemente il racconto evangelico della sua Passione. Per questo il nostro cuore sente lo struggente contrasto, e prova in qualche minima misura ciò che dovette sentire Gesù nel suo cuore in quel giorno, giorno in cui gioì con i suoi amici e pianse su Gerusalemme”.

 

La Giornata Mondiale della Gioventù

 

Da 32 anni la dimensione gioiosa di questa domenica è stata arricchita dalla festa dei giovani: la Giornata Mondiale della Gioventù, che quest’anno viene celebrata a livello diocesano. In Piazza San Pietro i giovani di Cracovia hanno passato la Croce a quelli di Panamá: “un momento sempre emozionante, di orizzonti aperti”.

 

Le grida che fanno tacere le pietre

 

Il Vangelo proclamato prima della processione (cfr Mt 21,1-11) descrive Gesù che scende dal monte degli Ulivi in groppa a un puledro di asino, sul quale nessuno era mai salito; dà risalto all’entusiasmo dei discepoli, che accompagnano il Maestro con acclamazioni festose; ed è verosimile immaginare come questo contagiò i ragazzi e i giovani della città, che si unirono al corteo con le loro grida. Gesù stesso riconosce in tale accoglienza gioiosa una forza inarrestabile voluta da Dio, e ai farisei scandalizzati risponde: “Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19,40).

 

 

Gesù non è un profeta new-age

 

Ma questo Gesù, che secondo le Scritture entra proprio in quel modo nella Città santa, “non è un illuso che sparge illusioni”, non è un profeta “new age”, un “venditore di fumo”, tutt’altro: “è un Messia ben determinato, con la fisionomia concreta del servo, il servo di Dio e dell’uomo che va alla passione; è il grande Paziente del dolore umano”.

 

Mentre dunque anche noi facciamo festa al nostro Re, il Papa ci invita a pensare alle sofferenze che Lui dovrà patire in questa Settimana. Pensiamo alle calunnie, agli oltraggi, ai tranelli, ai tradimenti, all’abbandono, al giudizio iniquo, alle percosse, ai flagelli, alla Corona di Spine…, e infine pensiamo alla Via Crucis, fino alla crocifissione.

 

Non rifiutiamo la nostra croce

 

Lui lo aveva detto chiaramente ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Non ha mai promesso onori e successi. I Vangeli parlano chiaro: “Ha sempre avvertito i suoi amici che la sua strada era quella, e che la vittoria finale sarebbe passata attraverso la passione e la croce”. “E anche per noi - ha commentato il Santo Padre - vale lo stesso. Per seguire fedelmente Gesù, chiediamo la grazia di farlo non a parole ma nei fatti, e di avere la pazienza di sopportare la nostra croce: di non rifiutarla, non buttarla via, ma, guardando Lui, accettarla e portarla, giorno per giorno”.

 

E questo Gesù, che accetta di essere osannato pur sapendo bene che lo attende il “crucifige!”, non ci chiede “di contemplarlo soltanto nei quadri o nelle fotografie”, oppure “nei video che circolano in rete”. No. E’ presente in tanti nostri fratelli e sorelle che oggi, oggi patiscono sofferenze come Lui: “soffrono per un lavoro da schiavi, soffrono per i drammi familiari, soffrono per le malattie… Soffrono a causa delle guerre e del terrorismo, a causa degli interessi che muovono le armi e le fanno colpire”. Uomini e donne ingannati, violati nella loro dignità, scartati…. “Gesù è in loro, in ognuno di loro, e con quel volto sfigurato, con quella voce rotta chiede – ci chiede – di essere guardato, di essere riconosciuto, di essere amato”.

 

Non è un altro Gesù:

E’ lo stesso che è entrato in Gerusalemme tra lo sventolare di rami di palma e di ulivo. E’ lo stesso che è stato inchiodato alla croce ed è morto tra due malfattori. Non abbiamo altro Signore all’infuori di Lui: “Gesù, umile Re di giustizia, di misericordia e di pace”.

 

All’Angelus sono protagonisti i giovani

 

Al termine della celebrazione il Papa ha salutato tutti i presenti “specialmente quanti hanno partecipato all’Incontro internazionale in vista dell’assemblea sinodale sui giovani, promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita in collaborazione con la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi”. “Questo saluto - ha proseguito - si estende a tutti i giovani che oggi, intorno ai loro vescovi, celebrano la Giornata della Gioventù in ogni diocesi del mondo”. È un’altra tappa del grande pellegrinaggio, iniziato da san Giovanni Paolo II, che l’anno scorso ci ha radunati a Cracovia e che ci convoca a Panamá per il gennaio 2019.

 

“Chiediamo al Signore che la Croce, unita all’icona di Maria Salus Populi Romani, là dove passerà faccia crescere la fede e la speranza, rivelando l’amore invincibile di Cristo”.

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