Il Papa: oggi serve seminare speranza

Il Signore ci chiede di seminare speranza e consolare i fratelli. La Catechesi sulla speranza all’Udienza Generale. E l’appello a non dimenticare il dramma dei migranti

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Il Papa: oggi serve seminare speranza

 

“La nostra speranza non si fonda sulle nostre capacità e sulle nostre forze, ma sul sostegno di Dio e sulla fedeltà del suo amore, cioè sulla forza e la consolazione di Dio”. Non esistono cristiani di “serie A”, cioè i forti, e altri di “serie B”, cioè i deboli. Perché anche chi è “forte” si trova prima o poi a sperimentare la fragilità e ad avere bisogno del conforto degli altri; e viceversa nella debolezza si può sempre offrire un sorriso o una mano al fratello in difficoltà. Sono le considerazioni di Papa Francesco all’Udienza Generale di oggi.

 

Seminare speranza, anche se non è facile

 

San Paolo scrive: “Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi” (Rm 15, 1). Questa espressione “noi che siamo i forti” potrebbe sembrare presuntuosa, ma nella logica del Vangelo “sappiamo che non è così”, anzi, è proprio il contrario perché la nostra forza non viene da noi, ma dal Signore. “Chi sperimenta nella propria vita l’amore fedele di Dio e la sua consolazione è in grado, anzi, in dovere di stare vicino ai fratelli più deboli e farsi carico delle loro fragilità”. Se noi stiamo vicini al Signore, avremo quella fortezza per essere vicini ai più deboli, ai più bisognosi e consolarli e dare forza a loro. Questo noi possiamo farlo senza autocompiacimento, ma sentendoci semplicemente come un “canale” che trasmette i doni del Signore; e così diventa concretamente un “seminatore” di speranza. “E’ questo che il Signore ci chiede, con quella fortezza e quella capacità di consolare e essere seminatori di speranza. E oggi serve seminare speranza, ma non è facile …”.

 

“Già da alcune settimane - ha osservato il Santo Padre - l’Apostolo Paolo ci sta aiutando a comprendere meglio in che cosa consiste la speranza cristiana. E abbiamo detto che non era un ottimismo, era un’altra cosa. E l’apostolo ci aiuta a capire questo. Oggi lo fa accostandola a due atteggiamenti quanto mai importanti per la nostra vita e la nostra esperienza di fede: la perseveranza e la consolazione”.

 

La perseveranza

 

La perseveranza potremmo definirla pure come pazienza: è la capacità di sopportare, portare sopra le spalle, “sop-portare”, di rimanere fedeli, anche quando il peso sembra diventare troppo grande, insostenibile, e saremmo tentati di giudicare negativamente e di abbandonare tutto e tutti.

 

La consolazione

La consolazione, invece, è la grazia di saper cogliere e mostrare in ogni situazione, anche in quelle maggiormente segnate dalla delusione e dalla sofferenza, la presenza e l’azione compassionevole di Dio.

 

Speranza e consolazione sono doni di Dio

 

San Paolo ci ricorda che la perseveranza e la consolazione ci vengono trasmesse in modo particolare dalle Scritture, cioè dalla Bibbia. Infatti la Parola di Dio “ci porta a volgere lo sguardo a Gesù, a conoscerlo meglio e a conformarci a Lui, ad assomigliare sempre di più a Lui”. In secondo luogo, la Parola ci rivela che il Signore è davvero “il Dio della perseveranza e della consolazione”, che rimane sempre fedele al suo amore per noi “cioè che è perseverante nell’amore con noi, non si stanca di amarci! E’ perseverante: sempre ci ama! E si prende cura di noi, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua bontà e della sua misericordia, cioè ci consola. Non si stanca neanche di consolarci”.

 

La Parola che alimenta la speranza

 

In tale prospettiva, si comprende anche l’affermazione iniziale dell’Apostolo: Il frutto è, come dice Paolo, “avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù”. La Parola di Dio alimenta una speranza che si traduce concretamente in condivisione, in servizio reciproco. Ed è una comunità così che “con un solo animo e una voce sola rende gloria a Dio”. Ma tutto questo è possibile se si mette al centro Cristo, e la sua Parola, perché Lui è il “forte”, Lui è quello che ci dà la fortezza, che ci dà la pazienza, che ci dà la speranza, che ci dà la consolazione. Lui è il “fratello forte” che si prende cura di ognuno di noi: tutti infatti abbiamo bisogno di essere caricati sulle spalle dal Buon Pastore e di sentirci avvolti dal suo sguardo tenero e premuroso.

 

“Cari amici - ha concluso il Papa - non ringrazieremo mai abbastanza Dio per il dono della sua Parola, che si rende presente nelle Scritture. È lì che il Padre del Signore nostro Gesù Cristo si rivela come Dio della perseveranza e della consolazione”.

 

La Giornata Mondiale dell’Acqua

 

Terminata la Catechesi, salutando i pellegrini di lingua inglese, il Papa ha ricordato che oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita 25 anni fa dalle Nazioni Unite, mentre ieri ricorreva la Giornata Internazionale delle Foreste. Ringraziando i partecipanti al Convegno sul tema: “Watershed: Replenishing Water Values for a Thirsty World”, che si è tenuto oggi in Vaticano ha aggiunto: “Mi rallegro di questo incontro, che segna una nuova tappa nell’impegno congiunto di varie istituzioni per sensibilizzare alla necessità di tutelare l’acqua come bene di tutti, valorizzando anche i suoi significati culturali e religiosi. Incoraggio in particolare il vostro sforzo nel campo educativo, con proposte rivolte ai bambini e ai giovani. Grazie per quanto fate, e che Dio vi benedica!”.

 

Le 24 ore per il Signore

 

 

Papa Francesco ha poi invitato tutte le comunità “a vivere con fede” l’appuntamento del 23 e 24 marzo per riscoprire il Sacramento della Riconciliazione chiamato “24 ore per il Signore”:  l'iniziativa prosegue anche dopo il Giubileo della Misericordia e prevede che molte chiese restino aperte ininterrottamente per consentire le confessioni: “Auspico che anche quest’anno tale momento privilegiato di grazia del cammino quaresimale sia vissuto in tante chiese del mondo per sperimentare l’incontro gioioso con la misericordia del Padre”.

 

Il dramma dei migranti, tragedia più grande dopo Seconda Guerra mondiale

 

Al termine dell’Udienza il Papa ha lanciato un nuovo appello a non dimenticare il problema dei rifugiati e dei migranti “la tragedia più grande dopo quella della Seconda Guerra Mondiale”. Ha quindi incoraggiato i partecipanti all’incontro per Direttori Migrantes “a proseguire nell’impegno per l’accoglienza e l’ospitalità dei profughi e dei rifugiati, favorendo la loro integrazione, tenendo conto dei diritti e dei doveri reciproci per chi accoglie e chi è accolto”.

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