Il Papa e quel dialogo che abbatte i muri delle incomprensioni

Ascoltare, spiegare con mitezza, non urlare contro, non “abbaiare” all’altro. All’Udienza Giubilare la Catechesi sul dialogo e l’omaggio a San Giovanni Paolo II

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Ascoltare, spiegare con mitezza, non urlare contro, non “abbaiare” all’altro. All’Udienza Generale la Catechesi sul dialogo e l’omaggio a San Giovanni Paolo II

Piazza San Pietro è gremita, e lo è anche via della Conciliazione. Più di centomila persone hanno partecipato all’Udienza Giubilare nel giorno della memoria liturgica di San Giovanni Paolo II: “Esattamente trentotto anni fa - ha ricordato Papa Francesco - quasi a quest’ora, in questa Piazza risuonavano le parole rivolte agli uomini di tutto il mondo: Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”. Questo invito si è trasformato in “un’incessante proclamazione del Vangelo della misericordia” per il mondo e per l’uomo, “la cui continuazione è quest’Anno Giubilare”.

Il dialogo per conoscersi e comprendere le esigenze reciproche

Spunto per la Catechesi è stata la lettura del brano del Vangelo di Giovanni che narra l’incontro di Gesù con una donna samaritana (cfr 4,6-15). “Ciò che colpisce di questo incontro è il dialogo molto serrato tra la donna e Gesù”.

Il dialogo permette alle persone di conoscersi e di comprendere le esigenze gli uni degli altri. Anzitutto, esso è un segno di grande rispetto, perché pone le persone in atteggiamento di ascolto e nella condizione di recepire gli aspetti migliori dell’interlocutore. In secondo luogo, il dialogo è espressione di carità, perché, pur non ignorando le differenze, può aiutare a ricercare e condividere il bene comune. Inoltre, il dialogo ci invita a porci dinanzi all’altro “vedendolo come un dono di Dio, che ci interpella e ci chiede di essere riconosciuto”.

L’aggressore che interrompe l’altro

“Molte volte - ha osservato il Papa - noi non incontriamo i fratelli, pur vivendo loro accanto, soprattutto quando facciamo prevalere la nostra posizione su quella dell’altro”. Non dialoghiamo quando non ascoltiamo abbastanza oppure tendiamo a interrompere l’altro per dimostrare di avere ragione. “Ma quante volte, quante volte stiamo ascoltando una persona, la fermiamo e diciamo: - No! No! Non è così! - e non lasciamo che la persona finisca di spiegare quello che vuole dire. E questo impedisce il dialogo: questa è aggressione. Il vero dialogo, invece, necessita di momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di Dio nel fratello”.

Il dialogo in famiglia

Dialogare aiuta le persone a umanizzare i rapporti e a superare le incomprensioni. Il dialogo serve anche all’interno delle nostre famiglie: “Come si risolverebbero più facilmente le questioni se si imparasse ad ascoltarsi vicendevolmente! È così nel rapporto tra marito e moglie, e tra genitori e figli. Quanto aiuto può venire anche dal dialogo tra gli insegnanti e i loro alunni; oppure tra dirigenti e operai, per scoprire le esigenze migliori del lavoro”.

Il dialogo nella Chiesa

Di dialogo vive anche la Chiesa con gli uomini e le donne di ogni tempo: “Pensiamo al grande dono del creato e alla responsabilità che tutti abbiamo di salvaguardare la nostra casa comune: il dialogo su un tema così centrale è un’esigenza ineludibile. Pensiamo al dialogo tra le religioni, per scoprire la verità profonda della loro missione in mezzo agli uomini, e per contribuire alla costruzione della pace e di una rete di rispetto e di fraternità” (cfr Enc. Laudato si’, 201).

Il dialogo che abbatte i muri

Tutte le forme di dialogo sono espressione della grande esigenza di amore di Dio, che a tutti va incontro e “in ognuno pone un seme della sua bontà, perché possa collaborare alla sua opera creatrice”.

“Il dialogo - ha commentato il Papa - abbatte i muri delle divisioni e delle incomprensioni; crea ponti di comunicazione e non consente che alcuno si isoli, rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo”. Poi l’esortazione: “Non dimenticatevi: dialogare è ascoltare quello che mi dice l’altro e dire con mitezza quello che penso io. Se le cose vanno così, la famiglia, il quartiere, il posto di lavoro saranno migliori. Ma se io non lascio che l’altro dica tutto quello che ha nel cuore e incomincio ad urlare – oggi si urla tanto – non andrà a buon fine questo rapporto tra noi; non andrà a buon fine il rapporto fra marito e moglie, tra genitori e figli. Ascoltare, spiegare, con mitezza, non abbaiare all’altro, non urlare, ma avere un cuore aperto”.

Gesù ben conosceva quello che c’era nel cuore della samaritana, una grande peccatrice; ciononostante non le ha negato di potersi esprimere, l’ha lasciata parlare fino alla fine, ed è entrato poco alla volta nel mistero della sua vita. Questo insegnamento vale anche per noi: “Attraverso il dialogo, possiamo far crescere i segni della misericordia di Dio e renderli strumento di accoglienza e rispetto”.

Il saluto ai pellegrini polacchi

All’Udienza era presente una folta delegazione proveniente dalla Polonia, in occasione del 1050 anniversario del Battesimo del Paese e della memoria liturgica di San Giovanni Paolo II: “Papa di profonda spiritualità, plasmata dalla millenaria eredità della storia e della cultura polacca trasmessa nello spirito di fede, di generazione in generazione”.

“Oggi - ha proseguito Francesco - desidero augurarvi, che il Signore vi dia la grazia della perseveranza in questa fede, questa speranza e quest’amore che avete ricevuto dai vostri avi e che conservate con cura. Nelle vostre menti e nei vostri cuori risuoni sempre l’appello del vostro grande Connazionale a risvegliare in voi la fantasia della misericordia, affinché possiate portare la testimonianza dell’amore di Dio a tutti coloro che ne hanno bisogno”.

“Vi chiedo di ricordarvi di me nelle vostre preghiere. Vi benedico di cuore! Sia lodato Gesù Cristo!”.

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