Il Papa e gli artigiani della misericordia che sconfiggono il buio della fede

Gesù non è un giudice severo, ma colui che ci ama e desidera la nostra conversione. L’invito di Francesco a non ritagliarci una fede “fai da te”, e a diventare noi stessi strumenti di misericordia.

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Gesù non è un giudice severo, ma colui che ci ama e desidera la nostra conversione. L’invito di Francesco a non ritagliarci una fede “fai da te”, e a diventare noi stessi strumenti di misericordia.

Di fronte al dubbio dell’uomo le risposte di Gesù ci stupiscono sempre. All’Udienza Generale di oggi il Papa ha riflettuto sulla misericordia che salva, traendo spunto dall’episodio del Vangelo di Matteo (Mt 11,2-6), che ci mostra San Giovanni Battista in carcere mentre soffre  “perché si trova in un doppio buio: nel buio del carcere e di una cella, e nel buio del cuore”.

Il Battista attendeva con ansia il Messia e nella sua predicazione lo aveva descritto “a tinte forti”, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi. Egli predicava così: “Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3,10).

Lo stile diverso, inaspettato, con il quale Gesù ha iniziato la sua missione pubblica ha sorpreso Giovanni, il quale decise di inviare i suoi discepoli da da Gesù e fargli una domanda molto chiara: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11,3). “Era proprio nel momento del buio…” è stato il commento di Francesco.

Una risposta che spiazza

La risposta di Gesù sembra a prima vista non corrispondere alla richiesta del Battista: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” (Mt 11,4-6).

“Qui - ha osservato il Papa - diventa chiaro l’intento del Signore Gesù: Egli risponde di essere lo strumento concreto della misericordia del Padre, che a tutti va incontro portando la consolazione e la salvezza, e in questo modo manifesta il giudizio di Dio. I ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, recuperano la loro dignità e non sono più esclusi per la loro malattia, i morti ritornano a vivere, mentre ai poveri è annunciata la Buona Notizia. E questa diventa la sintesi dell’agire di Gesù, che in questo modo rende visibile e tangibile l’agire stesso di Dio”.

 

 

Il messaggio di Cristo

Il messaggio che la Chiesa riceve da questo racconto della vita di Cristo è molto chiaro: “Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per punire i peccatori né per annientare i malvagi. A loro è invece rivolto l’invito alla conversione affinché, vedendo i segni della bontà divina, possano ritrovare la strada del ritorno”. Come dice il Salmo: "Se consideri le colpe, Signore, / Signore, chi ti può resistere? / Ma con te è il perdono: / così avremo il tuo timore» (130,3-4).

Una falsa immagine del Messia

La giustizia che il Battista poneva al centro della sua predicazione, in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia. “E i dubbi del Precursore - ha sottolineato Francesco - non fanno che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e con le sue parole”. Si comprende, allora, la conclusione della risposta di Gesù. Dice: “Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” (Mt 11,6). Scandalo significa “ostacolo”. Gesù perciò ammonisce su un particolare pericolo: “se l’ostacolo a credere sono soprattutto le sue azioni di misericordia, ciò significa che si ha una falsa immagine del Messia. Beati invece coloro che, di fronte ai gesti e alle parole di Gesù, rendono gloria al Padre che è nei cieli”.

Attenti alla fede “fai da te”

L’ammonimento di Gesù è sempre attuale: “anche oggi l’uomo costruisce immagini di Dio che gli impediscono di gustare la sua reale presenza”. Alcuni si ritagliano una fede “fai di te” che “riduce Dio nello spazio limitato dei propri desideri e delle proprie convinzioni”. Ma questa fede non è conversione al Signore che si rivela, anzi, “gli impedisce di provocare la nostra vita e la nostra coscienza”.

Altri riducono Dio a un falso idolo: “usano il suo santo nome per giustificare i propri interessi o addirittura l’odio e la violenza”. Per altri ancora Dio “è solo un rifugio psicologico in cui essere rassicurati nei momenti difficili”, si tratta di una fede ripiegata su sé stessa, impermeabile alla forza dell’amore misericordioso di Gesù che spinge verso i fratelli. Altri ancora considerano Cristo “solo un buon maestro di insegnamenti etici”, uno fra i tanti della storia. Infine, c’è “chi soffoca la fede in un rapporto puramente intimistico con Gesù, annullando la sua spinta missionaria capace di trasformare il mondo e la storia”. “Noi cristiani - ha precisato il Papa - crediamo nel Dio di Gesù Cristo, e il nostro desiderio è quello di crescere nell’esperienza viva del suo mistero di amore”.

Diventare strumenti di misericordia

“Impegniamoci dunque - ha concluso Francesco - a non frapporre alcun ostacolo all’agire misericordioso del Padre, ma domandiamo il dono di una fede grande per diventare anche noi segni e strumenti di misericordia”.

L’esempio di Madre Teresa

Al termine della Catechesi il Santo Padre ha ricordato la Canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta: “Cari giovani, diventate come Lei degli artigiani di misericordia; cari ammalati, sentite la sua vicinanza compassionevole specialmente nell’ora della croce; e voi, cari sposi novelli, siate generosi: invocatela perché non manchi mai nelle famiglie la cura e l’attenzione per i più deboli”.

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