Il Papa alla comunità torinese, nel futuro con speranza

Piazza Vittorio - Domenica 21 giugno,  Celebrazione Eucaristica l'omelia del Santo Padre e il saluto di Nosiglia

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Il Papa alla comunità torinese, nel futuro con speranza

Papa Francesco

Nell’Orazione Colletta abbiamo pregato: «Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua grazia coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore». E le Letture che abbiamo ascoltato ci mostrano come è questo amore di Dio verso di noi: è un amore fedele, un amore che ricrea tutto, un amore stabile e sicuro. Il Salmo ci ha invitato a ringraziare il Signore perché «il suo amore è per sempre». Ecco l’amore fedele, la fedeltà: è un amore che non delude, non viene mai meno. Gesù incarna questo amore, ne è il Testimone. Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, di perdonarci, e così ci accompagna nel cammino della vita, secondo la promessa che fece ai discepoli: «Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Per amore si è fatto uomo, per amore è morto e risorto, e per amore è sempre al nostro fianco, nei momenti belli e in quelli difficili. Gesù ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura.

E ci ama tutti, al punto che ognuno di noi può dire: “Ha dato la vita per me”. La fedeltà di Gesù non si arrende nemmeno davanti alla nostra infedeltà. Ce lo ricorda san Paolo: «Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso» (2 Tm 2,13). Gesù rimane fedele, anche quando abbiamo sbagliato, e ci aspetta per perdonarci: Lui è il volto del Padre misericordioso. Ecco l’amore fedele. Il secondo aspetto: l’amore di Dio ri-crea tutto, cioè fa nuove tutte le cose, come ci ha ricordato la seconda Lettura. Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ri-crearci. La salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati; allora facciamo esperienza, quella bella esperienza di Colui che è venuto non per i sani, ma per i malati, non per i giusti, ma per peccatori (cfr Mt 9,12-13); sperimentiamo la sua pazienza, la sua tenerezza, la sua volontà di salvare tutti. E quale è il segno? Il segno che siamo diventati “nuovi” e siamo stati trasformati dall’amore di Dio è il sapersi spogliare delle vesti logore e vecchie dei rancori e delle inimicizie per indossare la tunica pulita della mansuetudine, della benevolenza, del servizio agli altri, della pace del cuore, propria dei figli di Dio. Lo spirito del mondo è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù è capace della vera novità, di farci uomini nuovi. Infine, l’amore di Dio è stabile e sicuro, come gli scogli rocciosi che riparano dalla violenza delle onde. Gesù lo manifesta nel miracolo narrato dal Vangelo, quando placa la tempesta, comandando al vento e al mare (cfr Mc 4,41). I discepoli hanno paura perché si accorgono di non farcela, ma Egli apre il loro cuore al coraggio della fede. Di fronte all’uomo che grida: “Non ce la faccio più”, il Signore gli va incontro, offre la roccia del suo amore, a cui ognuno può aggrapparsi sicuro di non cadere. Quante volte noi sentiamo di non farcela più! Ma Lui è accanto a noi con la mano tesa e il cuore aperto.

Cari fratelli e sorelle torinesi e piemontesi, i nostri antenati sapevano bene che cosa vuol dire essere “roccia”, cosa vuol dire “solidità”. Ne dà una bella testimonianza un famoso poeta nostro: «Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono: teste quadre, polso fermo e fegato sano, parlano poco ma sanno quel che dicono, anche se camminano adagio, vanno lontano. Gente che non risparmia tempo e sudore – razza nostrana libera e testarda –. Tutto il mondo conosce chi sono e, quando passano… tutto il mondo li guarda». Possiamo chiederci se oggi siamo saldi su questa roccia che è l’amore di Dio. Come viviamo l’amore fedele di Dio verso di noi. Sempre c’è il rischio di dimenticare quell’amore grande che il Signore ci ha mostrato. Anche noi cristiani corriamo il rischio di lasciarci paralizzare dalle paure del futuro e cercare sicurezze in cose che passano, o in un modello di società chiusa che tende ad escludere più che a includere. In questa terra sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l’amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi. Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia; possiamo condividere le difficoltà di tanta gente, delle famiglie, specialmente quelle più fragili e segnate dalla crisi economica. Le famiglie hanno bisogno di sentire la carezza materna della Chiesa per andare avanti nella vita coniugale, nell’educazione dei figli, nella cura degli anziani e anche nella trasmissione della fede alle giovani generazioni.

Crediamo che il Signore è fedele? Come viviamo la novità di Dio che tutti i giorni ci trasforma? Come viviamo l’amore saldo del Signore, che si pone come una barriera sicura contro le onde dell’orgoglio e delle false novità? Lo Spirito Santo ci aiuti a essere sempre consapevoli di questo amore “roccioso” che ci rende stabili e forti nelle piccole o grandi sofferenze, ci rende capaci di non chiuderci di fronte alla difficoltà, di affrontare la vita con coraggio e guardare al futuro con speranza. Come allora sul lago di Galilea, anche oggi nel mare della nostra esistenza Gesù è Colui che vince le forze del male e le minacce della disperazione. La pace che Lui ci dona è per tutti; anche per tanti fratelli e sorelle che fuggono da guerre e persecuzioni in cerca di pace e libertà. Carissimi, ieri avete festeggiato la Beata Vergine Consolata, la Consola’, che “è lì: bassa e massiccia, senza sfarzo: come una buona madre”. Affidiamo alla nostra Madre il cammino ecclesiale e civile di questa terra: Lei ci aiuti a seguire il Signore per essere fedeli, per lasciarci rinnovare e rimanere saldi nell’amore.

Il saluto dell'Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia

Padre Santo, la Sua presenza in mezzo a noi è fonte di tanta gioia. L’abbiamo atteso per lunghi mesi, pregando e meditando la Sua Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, per entrare in sintonia con il Suo cuore e il Suo insegnamento, che anche oggi ci sta offrendo con abbondanza. Lei sa bene che, come piemontesi, siamo sobrii di parole e non manifestiamo all’esterno tanti sentimenti, che pure albergano dentro di noi; ma oggi non possiamo fare a meno di esprimere la riconoscenza al Signore e a Lei, caro Padre, per aver accolto l’invito a venire a onorare il Santo dei Giovani, presbitero di questa Chiesa, amato in tutto il mondo, e a contemplare la Sindone, uno dei tesori più preziosi che la Chiesa di Torino, grazie a Lei, custodisce con amore e trepidazione. Lei conosce Torino e il suo territorio e sa che i suoi abitanti sono attivi e intraprendenti, aperti all’innovazione sia in campo sociale che ecclesiale, tenaci e grandi lavoratori e imprenditori. Oggi, ha davanti a sé un popolo che sta vivendo una situazione di difficoltà, sia sotto il profilo religioso che sociale.

Per questo il Suo messaggio di speranza scuote le coscienze di chi è rassegnato e anima quelle di chi è invece intenzionato a lottare con impegno per un futuro diverso e più ricco di valori spirituali e sociali condivisi. I nostri numerosi Santi e Beati ci hanno trasmesso una fede incentrata sull’Amore più grande che è la croce di Cristo, vissuto verso ogni persona povera e ultima, bisognosa di dignità e di accoglienza, di rispetto e di solidarietà e giustizia. Le nostre Chiese particolari, sostenute dall’impegno fedele e generoso di tanti sacerdoti, diaconi permanenti, persone consacrate e di un grande esercito di volontari laici, si fanno carico ogni giorno delle necessità dei poveri e dei loro diritti ed esigenze di giustizia e di solidarietà, in stretta collaborazione con le componenti istituzionali e sociali. Desideriamo avere uno sguardo positivo e carico di speranza verso quella fascia di popolazione che è stata per Don Bosco – e lo è per noi – particolarmente amata, cercata e valorizzata. Sì, Padre Santo, i giovani sono la nostra parte migliore, su cui stiamo concentrando le forze, per accompagnarli ad affrontare con coraggio i problemi che li assillano, dalla mancanza di lavoro, alle difficoltà familiari, al disimpegno morale e spirituale. Gli oratori delle nostre parrocchie stanno aprendosi sempre più all’esterno, per abitare i luoghi dove i giovani si incontrano e annunciare che Gesù li chiama amici e ha un amore di predilezione per ciascuno di loro.

La carenza di vocazioni purtroppo si fa sentire, anche se non mancano segnali confortanti di ripresa, come il costante e qualificato servizio di Istituti religiosi maschili e femminili nell’ambito educativo, spirituale e pastorale e il generoso impegno missionario da parte di molti laici, nelle associazioni e movimenti e nelle parrocchie, per formarsi ad essere animatori di comunità e testimoni di Gesù Cristo nei diversi ambienti del vissuto familiare e sociale. Memori dell’insegnamento di Don Bosco ad essere «buoni cristiani e onesti cittadini», Le assicuro che quanto ci sta consegnando in questa visita con la Sua Parola e prima ancora il Suo esempio, sarà accolto dalle Chiese particolari del Piemonte e Valle d’Aosta e da tutta la popolazione del nostro territorio come stimolo e orientamento per annunciare con gioia e fedeltà il Vangelo e testimoniarlo con coerenza, promuovendo la dignità di ogni persona e famiglia, la custodia di quell’ambiente così ricco di risorse naturali che il Signore ci ha donato, la giustizia ed equità tra tutte le componenti sociali. 2 Padre Santo, ci permettiamo infine di consegnare a Lei direttamente quanto hanno offerto i pellegrini della Sindone, per un’opera di carità che Lei vorrà sostenere, secondo le priorità che riterrà più opportune. Grazie, Padre Santo: ci benedica e continui a mantenere con questa terra quell’amorevole affetto e vicinanza che ha sempre avuto e oggi rinnova in modo così pieno e gioioso.

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