Il Papa a Ciudad Juarez: “Mai più morte e sfruttamento!”

 Francesco ha celebrato la Santa Messa a Ciudad Juarez, sul confine tra Messico e Usa. In mattinata la visita al carcere e l’incontro con il mondo del lavoro

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Il Papa a Ciudad Juarez: “Mai più morte e sfruttamento!”

Ciudad Juárez è situata all’estremo nord del Messico, lungo il Rio Grande. L’altare è stato costruito ad un’ottantina di metri soltanto dalla recinzione che segna il confine con gli Stati Uniti. Assiepate da entrambi i lati della barriera, centinaia di migliaia di persone hanno potuto assistere alla celebrazione.

 

Almeno altri 50 mila fedeli si sono raccolti attorno ai maxischermi nello stadio Sun Bowl nella vicina città di El Paso in Texas: “Grazie all’aiuto della tecnologia - ha commentato Francesco - possiamo cantare, pregare e celebrare insieme questo amore misericordioso che il Signore ci dona, e il quale nessuna frontiera potrà impedirci di condividere. Grazie, fratelli e sorelle di El Paso, per farci sentire una sola famiglia e una stessa comunità cristiana!”.

 

L’omaggio silenzioso

 

Prima di iniziare la Santa Messa il Papa ha raggiunto la croce nera, che si trova nel punto più vicino al confine. Qui ha deposto un omaggio floreale in memoria dei tanti migranti che hanno perso la vita tentando di scavalcare la barriera: “un passaggio, un cammino carico di terribili ingiustizie: schiavizzati, sequestrati, soggetti a estorsione, molti nostri fratelli sono oggetto di commercio del transito umano”.

 

Una tragedia che non può essere ignorata

 

Non possiamo negare la crisi umanitaria che negli ultimi anni ha significato “la migrazione di migliaia di persone, sia in treno, sia in autostrada, sia anche a piedi attraversando centinaia di chilometri per montagne, deserti, strade inospitali”. Questa tragedia umana “che la migrazione forzata rappresenta, al giorno d’oggi è un fenomeno globale”.

 

Non cifre, ma nomi e volti

 

Un fenomeno che di solito si misura in cifre ma che Papa Francesco ha voluto ricordare con nomi, storie, famiglie: “Sono fratelli e sorelle che partono spinti dalla povertà e dalla violenza, dal narcotraffico e dal crimine organizzato. A fronte di tanti vuoti legali, si tende una rete che cattura e distrugge sempre i più poveri. Non soffrono soltanto la povertà, ma anche e soprattutto queste forme di violenza”.

 

Il pensiero di Francesco è andato soprattutto ai giovani, che “come carne da macello”, sono perseguitati e minacciati quando tentano di uscire “dalla spirale della violenza e dall’inferno delle droghe”. “E che dire - ha aggiunto - delle tante donne alle quali con la violenza è stata ingiustamente tolta la vita?”.

 

Il dono delle lacrime

 

La liturgia ha proposto il brano biblico del profeta Giona che riuscì a portare al pentimento gli abitanti della città di Ninive, risparmiando così loro il castigo divino. “Piangere per l’ingiustizia piangere per il degrado, piangere per l’oppressione”. Sono le lacrime che possono “aprire la strada alla trasformazione”, “purificare lo sguardo e aiutare a vedere la spirale di peccato in cui molte volte si sta immersi”.

 

“Chiediamo - ha suggerito il Papa - al nostro Dio il dono della conversione, il dono delle lacrime; chiediamogli di poter avere il cuore aperto. Mai più morte e sfruttamento! C’è sempre tempo per cambiare, c’è sempre una via d’uscita e un’opportunità, c’è sempre tempo per implorare la misericordia del Padre”.

 

I segnali positivi

 

Francesco ha elogiato gli sforzi di “tante organizzazioni della società civile in favore dei diritti dei migranti”. “So anche - ha proseguito - del lavoro impegnato di tante sorelle religiose, di religiosi e sacerdoti, di laici che si spendono nell’accompagnamento e nella difesa della vita. Danno aiuto in prima linea rischiando molte volte la propria. Con la loro vita sono profeti di misericordia, sono il cuore comprensivo e i piedi accompagnatori della Chiesa che apre le sue braccia e sostiene”.

 

Il pastorale, donato dai detenuti

 

Il pastorale utilizzato da Papa Francesco per la celebrazione è stato intagliato dai detenuti del penitenziario di Ciudad Juárez.  Incontrandoli, in mattinata, Francesco ha voluto celebrare con loro il Giubileo della Misericordia: “Sappiamo che non si può tornare indietro, sappiamo che quel che è fatto è fatto, ma questo non significa che non ci sia una possibilità di scrivere una nuova storia, una nuova storia d’ora in avanti”.

 

Il Papa si è poi soffermato sul “reinserimento” che “non comincia qui tra queste pareti”, ma  “fuori”, nelle vie della città. La riabilitazione inizia con “la frequenza alla scuola di tutti i nostri figli e con un lavoro degno per le loro famiglie”, creando “spazi pubblici per il tempo libero e la ricreazione”, abilitando “le istanze di partecipazione civica, i servizi sanitari, l’accesso ai servizi basici, per nominare solamente alcune misure”.

 

L’incontro con il mondo del lavoro

 

Poco più tardi, davanti al mondo del lavoro, il Papa ha denunciato la mentalità dominante che “pone il flusso di persone al servizio dei flussi di capitale provocando in molti casi lo sfruttamento dei dipendenti come oggetti da usare e gettare e scartare”. (cfr Enc. Laudato si’, 123). “Dio - ha affermato Francesco - chiederà conto agli schiavisti dei nostri giorni, e noi dobbiamo fare tutto il possibile perché queste situazioni non si verifichino più”.

 

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