Bergoglio: Rimbocchiamoci le maniche per alleviare la sofferenza

“Le Opere di Misericordia non sono temi teorici, ma testimonianze concrete!”. L’Udienza Giubilare straordinaria di giovedì 30 giugno e il nuovo appello per il lavoro

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“Le Opere di Misericordia non sono temi teorici, ma testimonianze concrete!”. L’Udienza Giubilare straordinaria di giovedì 30 giugno e il nuovo appello per il lavoro

La misericordia non è una parola astratta, ma è uno stile di vita. Una cosa è “parlare di misericordia”, un’altra è “vivere la misericordia”. Parafrasando le parole dell'apostolo San Giacomo (cfr 2,14-17), Papa Francesco ha osservato che la misericordia senza le opere è morta in sé stessa: “Ciò che rende viva la misericordia è il suo costante dinamismo per andare incontro ai bisogni e alle necessità di quanti sono nel disagio spirituale e materiale. La misericordia ha occhi per vedere, orecchi per ascoltare, mani per risollevare…”.

Chi non vive per servire non serve per vivere

La vita quotidiana ci permette di toccare con mano tante esigenze che riguardano le persone più povere e più provate. A noi viene richiesta quell’attenzione particolare che ci porta ad accorgerci dello stato di sofferenza e bisogno in cui versano tanti fratelli e sorelle. “A volte passiamo davanti a situazioni di drammatica povertà e sembra che non ci tocchino; tutto continua come se nulla fosse, in una indifferenza che alla fine rende ipocriti e, senza che ce ne rendiamo conto, sfocia in una forma di letargo spirituale che rende insensibile l’animo e sterile la vita”.

“La gente che passa”, che va avanti nella vita senza accorgersi delle necessità degli altri, senza vedere tanti bisogni spirituali e materiali, è “gente che passa senza vivere, è gente che non serve agli altri”. Il Santo Padre ha ricordato a questo punto che: “chi non vive per servire, non serve per vivere”. Parole che hanno avuto una ampia eco durante il viaggio a Cuba. Più che una frase uno stile di vita, tanto caro a Papa Francesco.

Rimboccarsi le maniche

Chi ha sperimentato nella propria vita la misericordia del Padre non può rimanere insensibile dinanzi alle necessità dei fratelli. “Avevo fame e mi avete dato da mangiare; avevo sete e mi avete dato da bere; ero nudo, profugo, malato, in carcere e mi avete assistito” (cfr Mt 25,35-36). Non si può tergiversare davanti a una persona che ha fame: occorre darle da mangiare. “Gesù ci dice questo! Le opere di misericordia non sono temi teorici, ma sono testimonianze concrete. Obbligano a rimboccarsi le maniche per alleviare la sofferenza”.

Vedere Gesù nel povero

A causa dei mutamenti del nostro mondo globalizzato, alcune povertà materiali e spirituali si sono moltiplicate: “diamo quindi spazio - è l’esortazione di Papa Francesco - alla fantasia della carità per individuare nuove modalità operative. In questo modo la via della misericordia diventerà sempre più concreta. A noi, dunque, è richiesto di rimanere vigili come sentinelle, perché non accada che, davanti alle povertà prodotte dalla cultura del benessere, lo sguardo dei cristiani si indebolisca e diventi incapace di mirare all’essenziale”.

Mirare all’essenziale. Cosa significa? “Mirare Gesù, guardare Gesù nell’affamato, nel carcerato, nel malato, nel nudo, in quello che non ha lavoro e deve portare avanti una famiglia. Guardare Gesù in questi fratelli e sorelle nostri; guardare Gesù in quello che è solo, triste, in quello che sbaglia e ha bisogno di consiglio, in quello che ha bisogno di fare strada con Lui in silenzio perché si senta in compagnia. Queste sono le opere che Gesù chiede a noi! Guardare Gesù in loro, in questa gente. Perché? Perché così Gesù guarda me, guarda tutti noi”.

 

 

I viaggi del Papa in Caucaso

Conclusa la Catechesi sulla Misericordia, Papa Francesco ha ripercorso il recente viaggio in Armenia ed ha annunciato il prossimo in Georgia e Azerbaigian: “il Signore mi ha concesso di visitare l’Armenia, la prima nazione ad avere abbracciato il cristianesimo, all’inizio del quarto secolo. Un popolo che, nel corso della sua lunga storia, ha testimoniato la fede cristiana col martirio. Rendo grazie a Dio per questo viaggio, e sono vivamente grato al Presidente della Repubblica Armena, al Catholicos Karekin II, al Patriarca e ai Vescovi cattolici, e all’intero popolo armeno per avermi accolto come pellegrino di fraternità e di pace”.

E su Georgia e Azerbaigian il Santo Padre ha detto: “Ho accolto l’invito a visitare questi Paesi per un duplice motivo: da una parte valorizzare le antiche radici cristiane presenti in quelle terre – sempre in spirito di dialogo con le altre religioni e culture – e dall’altra incoraggiare speranze e sentieri di pace. La storia ci insegna che il cammino della pace richiede una grande tenacia e dei continui passi, cominciando da quelli piccoli e man mano facendoli crescere, andando l’uno incontro all’altro. Proprio per questo il mio auspicio è che tutti e ciascuno diano il proprio contributo per la pace e la riconciliazione”.

Perchè il lavoro dà dignità

Al termine dell’Udienza, come di consueto, Papa Francesco si è soffermato a salutare i pellegrini, giunti da ogni parte del mondo. Ai polacchi ha ricordato la prossima Giornata mondiale della gioventù: “Vi prego di continuare a pregare me e per i giovani che in Polonia e in tutto il mondo cristiano si stanno preparando per il nostro, ormai imminente, incontro a Cracovia”.

Tra i numerosi gruppi italiani presenti all’Udienza vi era l’Associazione dei Consulenti del Lavoro, giunti a Roma per il 7° Festival del lavoro: “li incoraggio a promuovere la cultura del lavoro che assicura la dignità della persona e il bene comune della società, a partire dalla sua cellula, la famiglia. E’ proprio la famiglia, infatti, a soffrire di più per le conseguenze di un cattivo lavoro: cattivo per la sua scarsità e per la sua precarietà. Voi, consulenti del lavoro, non avete un compito assistenziale, ma promozionale, affinché in ambito nazionale ed europeo le istituzioni e gli attori economici perseguano in modo concertato l’obiettivo della piena e dignitosa occupazione, perché il lavoro dà dignità!”.

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