Papa Francesco in Myanmar e in Bangladesh

Un pellegrinaggio fatto di preghiera, dialogo, segni e parole 

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Papa Francesco in Myanmar e in Bangladesh

Papa Francesco chiede perdono ai Rohingya e il «Corriere della Sera» elogia: «Il coraggio del Papa: assume su di sé le colpe dell’Occidente». Nell’ultimo giorno del viaggio in Oriente (26 novembre-2 dicembre 2017) il Papa incontra a Dacca, capitale del Bangladesh, i profughi Rohingya, fuggiti dal Myanmar: «La vostra tragedia è dura e grande, ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male, chiedo perdono. Anche questi fratelli e sorelle sono l'immagine di Dio. Una tradizione della vostra religione (buddista, n.d.r.) dice che Dio ha preso dell'acqua e vi ha versato del sale, l'anima degli uomini. Noi tutti portiamo il sale di Dio dentro. Mi appello al vostro cuore grande perché sia capace di accordarci il perdono: siano riconosciuti i loro diritti. Non chiudiamo il cuore, non guardiamo dall'altra parte. La presenza di Dio si chiama anche Rohingya».

Ordina 16 nuovi preti per la Chiesa bengalese – «Non stancatevi di pregare per i vostri sacerdoti». Parla a braccio a 100 mila fedeli nel «Suhrawardy Udyan Park». Ai preti novelli dice: «Dispensate la Parola di Dio che avete ricevuto con gioia. Leggete e meditate la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato. Consapevoli di essere stati scelti fra gli uomini, esercitate in letizia e carità l'opera sacerdotale, unicamente intenti a piacere a Dio». Le sue parole a braccio sono tradotte in bengalese: «So che tanti vengono da lontano, con un viaggio di più di due giorni: grazie per la vostra generosità e fedeltà, andate avanti con lo spirito delle beatitudini». 

Ai rifugiati in Bangladesh provenienti dal Myanmar occidentale – Alle autorità e al corpo diplomatico a Dacca non nasconde la gravità della situazione dei rifugiati e invoca misure efficaci. In una terra che Abdul Hamid, presidente della Repubblica,  definisce di «armonia religiosa, pace e umanità», il Pontefice ricorda che i profughi  hanno trovato un riparo temporaneo con «non poco sacrificio» del Paese ospitante «sotto gli occhi del mondo. Nessuno può mancare di essere consapevole della gravità della situazione, dell’immenso costo di umane sofferenze e di precarie condizioni di vita di tanti fratelli e sorelle, in maggioranza donne e bambini, ammassati nei campi-profughi. La comunità internazionale attui misure efficaci in questa grave crisi, non solo risolvendo le questioni politiche ma anche offrendo immediata assistenza al Bangladesh nel suo sforzo di rispondere a urgenti bisogni umani».

Non usare la religione per giustificare odio e violenza - Nella notte del 1º luglio 2016 nella capitale del Bangladesh sette terroristi islamisti aprono il fuoco nel ristorante «Holey Artisan Bakery» nel quartiere diplomatico, prendono in ostaggio decine di avventori e uccidono 2 poliziotti: muoiono 22 civili (9 italiani) e 5 attentatori, uno è catturato, 13 ostaggi liberati. Francesco commenta: «In un mondo dove la religione è spesso mal utilizzata per fomentare divisione, la testimonianza di riconciliazione e unione è quanto mai necessaria. Ciò si manifesta nella comune indignazione dopo il brutale attacco terroristico dell’anno scorso e nel chiaro messaggio delle autorità religiose per cui il santissimo nome di Dio non può mai essere invocato per giustificare l’odio e la violenza. La Chiesa apprezza la libertà, di cui beneficia la Nazione, di praticare la propria fede e di realizzare le opere caritative, come offrire ai giovani un’educazione di qualità e un esercizio di sani valori etici e umani. Quando i capi religiosi si pronunciano con una sola voce contro la violenza ammantata di religiosità e cercano di sostituire la cultura del conflitto con la cultura dell’incontro, essi attingono alle più profonde radici spirituali».

In Bangladesh ci sono 375 mila cattolici (0,24%) su 158 milioni e 998 mila abitanti – Ci sono 8 diocesi con 12 vescovi, 374 parrocchie con 372 preti, 1.269 suore, 1.427 missionari laici, 1.200 catechisti. Ai vescovi e ai cattolici Bergoglio dice: «Vi chiedo di perseverare in questo ministero. Riconoscete i carismi dei laici: bisogna promuovere la loro effettiva partecipazione nella vita delle Chiese particolari. La gente del Bangladesh, Paese benedetto con vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, è nota per il suo amore alla famiglia, per il senso di ospitalità, il rispetto verso i genitori e i nonni e la cura di anziani, infermi, indifesi. Una speciale gratitudine a coloro che lavorano silenziosamente per sostenere le famiglie cristiane nella loro missione di dare quotidiana testimonianza all’amore riconciliante del Signore». Elogia la comunità cattolica per il servizio ai poveri attraverso l’apostolato educativo, gli ospedali, le cliniche e i centri di salute. «Eppure, specie alla luce della crisi dei rifugiati, vediamo quanto ancora maggiori siano le necessità da raggiungere».

«L’apertura del cuore è una scala che raggiunge l’Assoluto» - La dimensione interreligiosa ed ecumenicacaratterizza il Bangladesh: «La diversità etnica rispecchia la diversità delle tradizioni religiose. Adoperatevi a costruire ponti e a promuovere il dialogo, non solo perché questi sforzi facilitano la comunicazione tra diversi gruppi religiosi, ma anche perché risvegliano le energie spirituali necessarie per l’opera di costruzione della nazione nell’unità, nella giustizia e nella pace». Il viaggio in Oriente si conclude con l’incontro interreligioso ed ecumenico per la pace, animato da inni e danze, avvalorato dal saluto dei rappresentanti delle comunità, rallegrato dal «Canto per la pace» che esprime «il comune desiderio di armonia, fraternità e pace contenuto negli insegnamenti delle religioni del mondo». Condizione per una cultura dell’incontro «è coltivare un’apertura del cuore, che è una porta che permette l’inizio del dialogo. L’apertura del cuore è una scala che raggiunge l’Assoluto».

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