Papa Francesco dal Kenya: salvate la terra

Dal cuore dell’Africa Papa Francesco porta la voce dei popoli più diseredati del Pianeta e chiede che la Conferenza di Parigi sul clima COP 21 (30 novembre-11 dicembre 2015) – in base alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) - segni una tappa decisiva nei negoziati del futuro accordo internazionale per il dopo 2020 e «porti a un accordo globale e trasformatore per la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà e il rispetto della dignità umana», non facendo prevalere gli «interessi privati» rispetto al bene comune perché sarebbe una catastrofe.

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Papa Francesco dal Kenya: salvate la terra

Dal cuore dell’Africa Papa Francesco porta la voce dei popoli più diseredati del Pianeta e chiede che la Conferenza di Parigi sul clima COP 21 (30 novembre-11 dicembre 2015) – in base alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) - segni una tappa decisiva nei negoziati del futuro accordo internazionale per il dopo 2020 e «porti a un accordo globale e trasformatore per la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà e il rispetto della dignità umana», non facendo prevalere gli «interessi privati» rispetto al bene comune perché sarebbe una catastrofe. Il discorso in spagnolo pronunciato giovedì 26 novembre 2015 al quartier generale dell'Onu a Nairobi (UNON) anticipa il COP21. È preoccupato Bergoglio per le conseguenze negative di certi accordi commerciali internazionali, specie per l'accesso ai farmaci nei Paesi poveri e per la piaga dei «traffici illeciti» di diamanti, materie prime, oro e avorio –dei quali l’Africa è ricca – che alimentano «l’instabilità politica, la criminalità organizzata, il terrorismo».   

                                                                                                                        

OGNI GOVERNO DIFENDA AMBIENTE E RISORSE NATURALI – Ai responsabili dei due programmi delle Nazioni Unite, UNEP (United Nations Enviroment Programme) e UN-Habitat (United Nations Human Settlements Programme) chiede che «ogni governo preservi l’ambiente e le risorse naturali, senza vendersi a ambigui interessi»; ribadisce che «l’abuso e la distruzione dell’ambiente si associano a un’inarrestabile esclusione»; esige che «l’accordo si basi sui principi di solidarietà, giustizia, equità e partecipazione, e orienti al raggiungimento di tre obiettivi: la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà, il rispetto della dignità umana» perché bisogna «mettere l’economia e la politica al servizio dei popoli».   

                                                                                     

CONDANNA DELLE NUOVE SCHIAVITÙ – Condanna le nuove forme di schiavitù: «Traffico delle persone, lavoro forzato, prostituzione, traffico di organi, migrantiche fuggono dalla miseria e dal degrado ambientale» che crescono «in un contesto di povertà e alimentano miseria ed esclusione». Inoltre «il commercio illegale di diamanti e pietre preziose, metalli rari o di alto valore strategico, legname e materiale biologico e prodotti di origine animale, come il traffico di avorio e il conseguente sterminio degli elefanti, alimenta l’instabilità politica, la criminalità organizzata e il terrorismo». I trattati di libero scambio in tema di proprietà intellettuale e nel settore farmaceutico e delle biotecnologie «dovrebbero garantire un minimo di cura e di accesso alle cure essenziali per tutti». Dando ai Paesi poveri «il tempo, l’elasticità e le eccezioni necessarie a un adeguamento ordinato e non traumatico alle regole commerciali». Esemplifica: «L’eliminazione della malaria e della tubercolosi, la cura delle cosiddette malattie “orfane” e la trascurata medicina tropicale richiedono un’attenzione politica prioritaria».  

                                            

BAMBINI E GIOVANI USATI COME «CARNE DA CANNONE» – Il Pontefice  visita Kangemi, uno dei sette quartieri più poveri di Nairobi in cui vivono migliaia e migliaia di persone in condizioni disumane. La gente lo accoglie con gioia. Ascolta il racconto di una donna e la testimonianza di una religiosa impegnata nel quartiere: fogne a cielo aperto, baracche in lamiera, fango delle strade, piccoli negozi di cui la gente vive, ragazzi che giocano in un campo da calcio. Improvvisa: «Mi sento a casa condividendo questo momento con fratelli e sorelle che hanno un posto speciale nella mia vita e nelle mie scelte. Le vostre gioie e speranze, le vostre angosce e i vostri dolori non mi sono indifferenti». Somma ingiustizia è che a milioni di persone è negato l’accesso alle infrastrutture, ai servizi di base e all’acqua potabile: «Negare l’acqua è una grave ingiustizia. Di queste condizioni approfittano le organizzazioni criminali al servizio di interessi economici o politici, che utilizzano i bambini e i giovani come “carne da cannone” per i loro affari insanguinati. Nuove forme di colonialismo basato su un modello iniquo di distribuzione delle risorse».                                                                  

«TRABAJAMOS PARA TODA FAMILIA» - «Recemos, trabajamos y comprometàmos juntos para que toda familia tenga un techo digno. Preghiamo, lavoriamo e impegniamoci perché ogni famiglia abbia una casa decente, acqua potabile, un bagno, energia sicura per illuminare, per cucinare, per migliorare; perché ogni quartiere abbia strade, piazze, scuole, ospedali, spazi sportivi, ricreativi e artistici; perché i servizi essenziali arrivino a ognuno; perché siano ascoltati i vostri appelli e il vostro grido; perché tutti possiate godere della pace e della sicurezza».

CON I GIOVANI LA FESTA «HAKUNA MATATA» - Nello Stadio Kasarani di Nairobi i giovani kenyani lo interpellano e Bergoglio risponde sul tribalismo che rende nemica gente della stessa nazione, sulla corruzione che distrugge la persona, sul radicalismo che affascina chi non ha lavoro. Una festa «Hakuna matata, senza problemi né pensieri» dopo il deserto dei diritti umani fra le baracche di Kangemi. Canti, balli, allegria sugli spalti e sulla pista investono Francesco: anche il presidente Kenyatta, la moglie, il capo della comunità islamica, i religiosi e i giovani improvvisano un «trenino» a tempo di musica. Le testimonianze di due giovani  mettono il dito su alcune piaghe e chiedono al Papa il modo per curarle.

LA CORRUZIONE È UN CAMMINO DI MORTE - Francesco accantona il discorso scritto e improvvisa in spagnolo le risposte. Il tribalismo è come «due mani dietro la schiena che stringono pietre da scagliare contro l’altro, mentre ciò che lo vince è un confronto rispettoso». La corruzione provoca in Francesco un empito di condanna. Ribadisce: «La persona corrotta non vive in pace., non soltanto nella politica ma in tutte le istituzioni, incluso in Vaticano, ci sono casi di corruzione. È qualcosa che ci entra dentro. È come lo zucchero: è dolce, ci piace, è facile e poi? Facciamo una brutta fine! Invece di tanto zucchero facile, finiamo diabetici e anche il nostro Paese finisce di ammalarsi di diabete. Ogni volta che accettiamo una tangente e che ci mettiamo in tasca una “bustarella”, distruggiamo il nostro cuore, la nostra personalità, la nostra patria. La corruzione è un cammino di morte». Il radicalismo: «La prima cosa da fare è l’istruzione e il lavoro. Se un giovane non ha lavoro, che futuro lo attende? È un pericolo sociale che dipende da un sistema internazionale ingiusto che ha al centro non la persona ma il dio denaro».                                                                                                                     Pier 

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