Papa Francesco: «Tutto passa, eccetto Dio e il prossimo»

Chiuse le porte sante della cattedrali e dei santuari, domenica 20 novembre - solennità di Cristo re - il Pontefice chiude la porta santa di San Pietro. La visita ai sacerdoti che hanno lasciato il ministero. Sabato e domenica Concistoro per 14 nuovi cardinali, tra i quali mons. Renato Corti, vescovo emerito di Novara

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Papa Francesco: «Tutto passa, eccetto Dio e il prossimo»

«L’Anno Santo ci ha sollecitati a tenere fisso lo sguardo verso il Regno di Dio e a costruire il futuro lavorando per evangelizzare il presente per farne un tempo di salvezza per tutti». Domenica 13 novembre 2016 si sono chiuse le Porte Sante delle cattedrali e dei santuari, tranne quella della basilica di San Pietro che Papa Francesco chiude domenica 20 novembre, solennità di Cristo re dell’universo, quando termina il Giubileo straordinario della misericordia. A Giubileo dei senzatetto, o «persone socialmente escluse», dice: «Non c’è pace in casa di chi sta bene, quando manca giustizia nella casa di tutti. Ogni cosa passa, anche “i regni potenti”, ma non passano Dio e il prossimo». Come si può essere tranquilli nel proprio focolare mentre il povero disperato «giace alla porta? Quanto più aumentano progresso e possibilità, tanto più vi sono coloro che non possono accedervi».  

Il Vescovo di Roma ricorda la promessa di Gesù: «Nemmeno un capello del vostro capo sarà perduto» (Luca 21,18): «Il Signore non dimentica i suoi fedeli, la sua proprietà preziosa, che siamo noi». Si rivolge agli esclusi: «Con la vostra presenza ci aiutate a sintonizzarci sulla lunghezza d’onda di Dio, che rivolge lo sguardo sui tanti poveri Lazzaro di oggi».

Esclama: «Vi chiedo perdono per tutte le volte che noi cristiani,  davanti a una persona povera o a una situazione povera, guardiamo dall’altra parte. Il vostro perdono è acqua benedetta e pulizia per noi, è aiutarci a credere che nel cuore del Vangelo c’è la povertà: cattolici e cristiani dobbiamo formare una Chiesa povera per i poveri».

Venerdì 11 novembre 2016, ultimo «venerdì della misericordia», Francesco a Ponte Nona nella periferia di Roma in un appartamento incontra 7 famiglie, formate da giovani che hanno abbandonato il ministero sacerdotale. Quattro sono della diocesi di Roma, dove sono stati parroci in diverse parrocchie; uno di Madrid; uno dell’America latina; uno originario della Sicilia. Il Papa ha inteso offrire un segno di vicinanza e affetto a questi uomini che hanno compiuto una scelta, spesso non condivisa dai confratelli e dai familiari. La solitudine, le incomprensioni, la stanchezza per il grande impegno e le responsabilità hanno messo in crisi la scelta del sacerdozio. Di qui la decisione di fare una scelta diversa, abbandonare il ministero e formare una famiglia.

L’ingresso del Papa nell’appartamento – racconta «Radio Vaticana» - «è stato segnato da grande entusiasmo dei i bambini che si sono raccolti intorno al Pontefice per abbracciarlo, mentre i genitori non hanno trattenuto la commozione. La visita è stata fortemente apprezzata: tutti hanno sentito non il giudizio del Papa sulla loro scelta ma la presenza, la vicinanza, l’affetto. Il Pontefice ha ascoltato le loro storie e ha seguito le considerazioni che venivano fatte. La sua parola ha rassicurato tutti sulla sua amicizia e sulla certezza del suo interessamento. Papa Francesco ha inteso dare un segno di misericordia a chi vive una situazione di disagio, evidenziando l’esigenza che nessuno si senta privato dell’amore e della solidarietà dei pastori».

Come appaiono lontani i tempi in cui Giovanni Paolo II dava alla Congregazione per il clero disposizione di ritardare il più possibile la concessione della «riduzione allo stato laicale» ai sacerdoti che ne avevano fatto richiesta.

La visita conclude i «Venerdì della misericordia» vissuti dal Papa nel Giubileo come «opere di misericordia». A gennaio ha visitato una casa di riposo per anziani e una per malati in stato vegetativo a Torre Spaccata; a febbraio una comunità per tossicodipendenti a Castelgandolfo; a marzo (Giovedì Santo) il Centro di accoglienza per profughi (Cara) di Castelnuovo di Porto (Roma); ad aprile, con Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli e l’arcivescovo ortodosso di Atene, ha incontrato profughi e migranti nell’isola greca di Lesbo; a maggio la comunità del «Chicco» per persone con grave disabilità mentale a Ciampino; a giugno due comunità per sacerdoti anziani e sofferenti.

A luglio, nel viaggio in Polonia per la Giornata mondiale della gioventù, «venerdì della misericordia» con la preghiera silenziosa al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, con la visita ai bambini all’ospedale pediatrico di Cracovia, con la «Via Crucis» con i giovani iracheni e siriani. Ad agosto visita alla «Comunità Papa Giovanni XXIII» che accoglie donne liberate dalla schiavitù della prostituzione; a settembre in un reparto di neonatologia e in un «Hospice» per malati terminali; a ottobre il «Villaggio Sos», casa famiglia che accoglie bambini abbandonati. 

Sabato 19 novembre Concistoro per la nomina di 13 nuovi cardinali dei cinque continenti. Francesco spiega: «La loro provenienza da 11 nazioni esprime l’universalità della Chiesa che annuncia e testimonia la Buona Novella della misericordia di Dio in ogni angolo della terra». Domenica 20 novembre il Papa concelebra la Messa con i nuovi cardinali, il Collegio cardinalizio, gli arcivescovi e vescovi, i presbiteri.

Tra i nuovi cardinali c’è mons. Renato Corti, vescovo emerito di Novara. C’è il sacerdote albanese Ernest Simoni, torturato dalla dittatura comunista. Un altro coraggioso sacerdote albanese che pagò a caro prezzo la fede sotto il regime di Enver Hoxha, fu Mikel Koliqi, al quale Giovanni Paolo II conferì la porpora nel Concistoro del 26 novembre 1994 a 92 anni: morì tre anni dopo il 28 gennaio 1997. Papa Wojtyla fu in Albania nell’aprile 1993. A Scutari consacrò quattro vescovi albanesi nella Cattedrale che i comunisti avevano trasformato in palazzetto dello sport. 

Nato a Scutari, il 29 settembre 1902, Koliqi fu ordinato sacerdote il 30 maggio 1931. Fu parroco della Cattedrale e vicario generale. Nel 1945 fu condannato a 21 anni di lavori forzati, con l’accusa di ascoltare emittenti radiofoniche straniere. Gliene fecero scontare 38. Fu liberato nel 1986, un anno dopo la morte del dittatore Hoxha, a motivo dell’età: aveva 84 anni.  

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