La carità di don Orione per le popolazioni colpite dal terremoto

Cento anni fa (1915-2015) il sisma nella Marsica, quando il mondo scoprì il Santo di Pontecurone

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La carità di don Orione per le popolazioni colpite dal terremoto

«Una di quelle mattine grige e gelide, dopo una notte insonne, assistei a una scena assai strana. Un piccolo prete sporco e ma­landato con la barba di una decina di giorni, si aggirava tra le macerie attorniato da una schiera di bambini e ragazzi rimasti senza famiglia. Invano il piccolo prete chiedeva se vi fosse un qualsiasi mezzo di trasporto per portare quei ragazzi a Roma. La ferrovia era stata interrotta dal terremoto, altri veicoli non vi erano per un viaggio così lungo. In quel mentre arrivarono e si fermarono cinque o sei automobili. Era il re (Vittorio Emanuele III, n.d.r.), col suo seguito, che visitava i comuni devastati.

Appena gli illustri personaggi scesero dalle loro macchine e si allontanarono, il piccolo prete, senza chiedere il permesso, cominciò a caricare sopra una di esse i bambini da lui raccolti. Ma, come era prevedibile, i carabinieri rimasti a custodire le macchine, vi si opposero; e poiché il prete insisteva, ne nacque una vivace colluttazione, al punto da richia­mare l'attenzione dello stesso sovrano. Affatto intimidito, il prete si fece allora avanti, e col cappello in mano, chiese al re di la­sciargli per un po' di tempo la libera disposizione di una di quelle macchine, in modo da poter trasportare gli orfani a Roma, o almeno alla stazione più prossima ancora in attività. Date le cir­costanze, il re non poteva non acconsentire. Assieme ad altri, anch'io osservai, con sorpresa e ammirazione, tutta la scena. Appena il piccolo prete col suo carico di ragazzi si fu allontanato, chiesi attorno a me: “Chi è quell'uomo straor­dinario?”. Una vecchia che gli aveva affidato il suo nipotino, mi rispose: “Un certo don Orione, un prete piuttosto strano”».

Così lo scrittore Ignazio Silone, comunista verace, in uno dei suoi libri più famosi, «Uscita di sicurezza» racconta il suo incontro con uno dei più grandi santi della carità, don Luigi Orione.

L’incontro avveniva cento anni fa. Alle 7,55 del 13 gennaio 1915 una terribile scossa devasta la selvaggia terra di Marsica in Abruzzo, uno dei più catastrofici terremoti d’Italia, 11º grado della scala Mercalli, epicentro nella conca del Fucino. La «bestia» in 30 secondi uccide 35 mila persone, su 120 mila abitanti a sud de L’Aquila. Avezzano è rasa al suolo, 10.719 vittime su 11.208 abitanti. Silone era un ragazzotto di 15 anni: nato nel1900 aPescina, 5 mila morti su 10 mila abitanti. Diventerà uno degli scrittori più rappresentativi del Novecento. In «Uscita di sicurezza», pubblicato nel 1949, tratteggia l’Italia dei primi decenni del ’900, in cui la rassegnazione si mescola alla prepotenza e al malcostume. Il piccolo prete piemontese gli confida: «La mia vera vocazione è un segreto che voglio rivelarti. Poter vivere come un autentico asino di Dio e della Divina Provvidenza». Quattro mesi dopo, il 24 maggio 2015 l’Italia entra nella grande carneficina del primo conflitto mondiale.

«Il prete piuttosto strano» non è nuovo a queste imprese. Il 28 dicembre 1908 apprende dai giornali del terremoto che ha raso al suolo Reggio Calabria e Messina. In treno il 9 gennaio 1909 raggiunge le due città. Scene da fine del mondo. Si rimbocca le maniche, si immerge nell'opera di soccorso, la tonaca infangata e ridotta a uno straccio, mani e piedi feriti. Una generosità senza limiti che è un rimprovero vivente per molti, a cominciare dal clero. Si merita il riconoscimento dei Reali e di Pio X che lo nomina vicario generale di Messina. Ma il vescovo e i preti lo considerano un «intruso» e una «spia di Roma». Sopporta tutto con umiltà e carità. Un santo che arricchisce la grande e bella compagnia di santi e beati subalpini che fanno grandela Chiesae l’Italia, Torino e il Piemonte. È l'anello di congiunzione tra Settecento e Novecento, la felice sintesi della santità incarnata dai «giganti»: Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842) con la sconfinata fiducia nella Provvidenza e l'amore per i malati; Giuseppe Cafasso (1811-1860), asceta, formatore del clero, «prete della forca» che conforta i condannati fino al patibolo; Giovanni Bosco (1815-1888), padre e maestro dei giovani; Leonardo Murialdo (1828-1900), geniale pioniere tra giovani e operai, giornali e impegno socio-politico.

Luigi Orione nasce il 23 giugno 1872 a Pontecurone, provincia di Alessandria e diocesi di Tortona, ultimo di quattro fratelli, sicché i vestiti gli arrivano quando gli altri li hanno consumati ben bene. Il padre, selciatore di strade e orgoglioso garibaldino, socialista e anticlericale. La mamma, donna di fede, collabora al magro bilancio familiare: al tempo della mietitura si alza alle 3, va a spigolare nei campi e porta con sé Luigino avvolto in uno scialle. Così il piccolo sperimenta le ristrettezze economiche del sottoproletariato e una grande fiducia nella Divina Provvidenza. Per tre anni (1882-85) deve aiutare il padre per le strade del Monferrato, come garzone selciatore. Nell’ottobre 1886 entra nell’Oratorio di Valdocco e don Bosco lo rassicura: «Noi saremo sempre amici».

In seminario a Tortona a 20 anni avvia l'«Oratorio festivo San Luigi» per ragazzi sbandati e apre un «collegetto» per fanciulli poveri nel «quartiere rosso» di San Bernardino. Nel 1895 a 23 anni è ordinato sacerdote. Si butta nell'apostolato e nella promozione sociale: oratori, collegi, colonie agricole, Piccoli Cottolengo per minori, orfani, malati, handicappati, anziani, gli «scarti» della società e i perseguitati dalle disgrazie quotidiane e dalle catastrofi naturali.

Una sera d'inverno scende alla stazione di Tortona. Un barbone lo avvicina. Lui entra nella sala d'aspetto deserta, si sfila da sotto la talare i calzoni nuovi che gli hanno appena regalato e li dona al disgraziato. Dall'inesauribile carità sbocciano le fondazioni: Piccola Opera della Divina Provvidenza - sacerdoti, fratelli eremiti e coadiutori -; Piccole Suore Missionarie della carità dalle quali sbocciano due germogli contemplativi, le Sacramentine adoratrici non vedenti e le Contemplative di Gesù crocifisso; l'Istituto secolare orionino e il Movimento laicale orionino. A Tortona costruisce il santuario della Madonna della Guardia.

Logorato dalle fatiche, crolla di schianto per angina pectoris il 12 marzo 1940 a Sanremo. Un trionfo di popolo il corteo funebre che attraversa Genova, Novi Ligure, Alessandria, Milano, Voghera, Pontecurone e Tortona: è sepolto nella cripta del santuario. Sulla tomba fa scrivere: «Fu tutto e sempre della Chiesa e del Papa».

Pio XII lo definisce «padre dei poveri e insigne benefattore dell'umanità dolorante e abbandonata». Silone azzarda un paragone con Lenin «che non fu il socialista del sabato sera e don Orione non fu il prete della domenica mattina». Il 28 marzo 1921, nella parrocchia romana di Ognissanti, lo incontra mons. Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII, e ne resta estasiato: «Era l'uomo più caritatevole che io abbia mai conosciuto». Albino Luciani, Giovanni Paolo I, lo inquadra: «Quell’uomo è lo stratega della carità». Alla beatificazione il 26 ottobre 1988 Giovanni paolo II dice: «Fu certamente una delle personalità più eminenti di questo secolo per la sua fede cristiana apertamente vissuta. Ebbe la tempra e il cuore dell'apostolo Paolo». Il piccolo prete della Provvidenza» è canonizzato il 16 maggio 2004 da Wojtyla: «Apostolo instancabile, creativo, efficace».

Racconta il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione

per le cause dei santi: «L'ho conosciuto personalmente: era un uomo e un prete trascinante». Il grande scienziato Enrico Medi: «I santi passeggiano per questa terra. Ho conosciuto don Orione con quelle sue orecchione che volavano come ali degli angeli, con quella bocca aperta a un sorriso maestoso, con quegli occhi che ti bruciavano l'anima, ti entravano dentro, ti parlavano, scoprivano, scrutavano, comandavano, pregavano e santificavano, come la luce esce dagli angeli».

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