Giuseppini del Murialdo i 150 anni degli Artigianelli

L'Agorà delle identità contro la crisi a Torino. Parla don Danilo Magni

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Giuseppini del Murialdo i 150 anni degli Artigianelli

Domenica 4 dicembre 2016 l'Opera Torinese del  Murialdo inaugura «Artigianelli 150», il progetto nato nel 2010 in vista delle celebrazioni dei 150 anni della presenza del Fondatore, san Leonardo Murialdo, al Collegio Artigianelli, a Torino in corso Palestro 14, divenuto rettore nel 1866. Alle 12 intervengono mons. Cesare Nosiglia, don Mario Aldegani, superiore generale della Congregazione di San Giuseppe,  il sindaco  Chiara Appendino, il  presidente della Regione Sergio Chiamparino e Francesco Profumo, presidente della Compagnia di San Paolo. La giornata inizia alle 9.30 con la Messa nella Cappella del Collegio cui segue la mostra curata dai giovani sulle realtà murialdine e l’animazione di strada. Dopo la benedizione dei nuovi spazi «rigenerati» nel pomeriggio la festa prosegue con la festa e alle 16 lo spettacolo teatrale dei giovani con Arturo Brachetti. Abbiamo incontrato don Danilo Magni giuseppino del Murialdo, classe 1970, ordinato prete nel 1998,direttore del Collegio Artigianelli e dell’Opera torinese del Murialdo a cui abbiamo chiesto di presentarci lo spirito del rinnovamento che mira a far diventare la Casa Madre della Congregazione di san Giuseppe un «centro aperto alla città a soprattutto ai giovani per  dare un contributo concreto per un positivo cambiamento sociale».

Don Danilo come si innesta il cambiamento che avete pensato per i Collegio Artigianelli nel solco del carisma del vostro fondatore che ha dedicato la sua vita di prete educatore perché i giovani più in difficoltà «ne perdantur», non si perdano?  

Qui, al Collegio Artigianelli, il Murialdo 150 anni fa nel 1866, raccogliendo l’eredità del confratello, il sacerdote torinese don Giovanni Cocchi, che dedicò la sua vita ai giovani più poveri, ne proseguì l’opera e fondò nel 1873 nella cappella dell’Istituto la Congregazione di San Giuseppe (i giuseppini del Murialdo), mettendo idealmente ii suoi ragazzi sotto la protezione dell’artigiano di Nazareth. Da allora il Collegio Artigianelli è la nostra Casa Madre. Nell’idea di don Cocchi e proseguita da san Leonardo che ne raccoglie l’eredità c’era la convinzione  – che rimane la nostra «mission» - di offrire ai ragazzi più poveri e abbandonati che vagavano nelle periferie torinesi e ai numerosi spazzacamini che scendevano dalle montagne per trovare  lavoro, una casa, una famiglia e un’opportunità di riscatto attraverso l’istruzione e l’insegnamento di un mestiere. Lo stesso nome «Collegio» che abbiamo mantenuto negli anni e che richiama i «College» del mondo anglosassone, ambienti per i figli dei borghesi,  qui da sempre è stato riservato ai giovani che dalla vita hanno avuto di meno, «gli Artigianelli», i piccoli artigiani.

E chi sono gli Artigianelli di oggi?

Non sono molto diversi da giovani che accoglieva ieri il Murialdo: sono i ragazzi «con l’intelligenza del saper fare» al quale da sempre la nostra istituzione cerca di dare dignità e futuro  attraverso la preparazione professionale, tramite l’Engim il nostro ente di formazione che qui la una sede regionale e l’avviamento al lavoro. Una sfida che funziona ancora oggi: per esempio i nostri allievi che frequentano i nostri  corsi per l’80% trovano un lavoro subito dopo la qualifica.

Perché avete deciso i rinnovare il locali del Collegio con uno sforzo significativo aprendo «gli Artigianelli» anche alla città con il nuovo bistrot-ristorante «Etiko»?

Il ristorante, lo dice già il nome, è l’ultima opera nata dove, accanto alla filosofia a km zero fondata sui valori della sostenibilità ambientale e sociale - dalla scelta del personale a quella delle materie prime, provenienti da aziende locali e terreni confiscati alle mafie -  lavorano persone con difficoltà di inserimento sociale e anche alcuni nostri ex allievi della formazione professionale. La filosofia  di «Artigianelli 150», accanto ad interventi di rigenerazione architettonico-funzionale, che mirano a dare un contributo concreto per un positivo cambiamento sociale, nasce e si realizza attorno al perno del trinomio educazione-welfare-lavoro, con una speciale attenzione al mondo dei giovani e delle famiglie in difficoltà.  Il nostro tempo segnato dalla crisi dell’attuale sistema sociale che ha permesso finora di sostenere molte attività per i ragazzi e i giovani che hanno meno  ha spinto l’Opera torinese del Murialdo a ripensare e a sperimentare nuovi modelli di welfare e di impresa sociale che sostengano le nostra opere a favore delle categorie più svantaggiate. San Leonardo Murialdo ha fatto sorgere i progetti di accompagnamento al lavoro dei suoi giovani mettendo insieme le competenze e i vari attori che erano in campi nella Torino del suo tempo: è stato con gli altri santi sociali un antesignano della costruzione di reti, esattamente nello spirito dell’Agorà del sociale lanciata dal nostro Arcivescovo. Così per sostenere alcune attività del Collegio come il Centro diurno educativo per 15 minori in difficoltà , la Comunità mamma bambino con quattro nuclei famigliari e  altre iniziative educative che hanno sede al Collegio abbiamo messo in piedi alcune imprese sociali come la cioccolateria Spes, il laboratorio di panificazione nel seminterrato del Collegio, il Pensionato Universitario, la cooperativa di servizi Dinamo. Qui è nato  SocialFare il primo centro per l’innovazione sociale che ha come obiettivo sviluppare idee e reti per il bene comune e accompagnare all’ accelerazione di imprese sociali e occuparsi dell’alternanza scuola lavoro.  Abbiamo poi in cantiere la riapertura del Teatro Juvarra dove far tornare i giovani, come accadeva con il Murialdo e poi con il suo successore don Eugenio Reffo autore d testi teatrali, ad esprimersi attraverso le altri e il teatro d’impegno civile.  

Ma perché la congregazione dei Giuseppini ha deciso di farsi promotrice di un’iniziativa così ambiziosa?  E cosa risponde a chi l’avverte sui rischi di mischiare l’impresa  con la pastorale educativa? 

 «L’unica mia preoccupazione di prete giuseppino sono i giovani poveri che oggi sono i neets, i minori stranieri non accompagnati, chi per le difficoltà della famiglia non ha opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. Perché il carisma del Murialdo ci sollecita all’educazione dei giovani, secondo una visione della persona e della società ispirata al vangelo e perciò incarnata, situata storicamente e quello che sta avvenendo è sotto gli occhi di tutti. Non possiamo accontentarci di predicare la Parola, senza raccontarla con la testimonianza parlante di opere nuove. Se non ci assumiamo la responsabilità di stare dentro il nostro mondo cambiando noi stessi non educhiamo nessuno, perdiamo la nostra identità, corriamo il rischio di arroccarci nella difesa di quanto di buono già costruito, un dono che se non siamo capaci a reinterpretare va a esaurirsi. È un rischio che dobbiamo correre per i nostri ragazzi».

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