Don Cristian Besso nuovo rettore di Maria Ausiliatrice

Intervista al giovane prete salesiano alla guida della Chiesa che è cuore della comunità salesiana

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Don Cristian Besso nuovo rettore di Maria Ausiliatrice

Cosa significa per un salesiano essere nominato rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice, cuore del carisma di don Bosco?

«Nulla di particolare, non mi sento più importante di altri confratelli, anzi: qui lavoriamo in squadra e la vicinanza di ciascuno mi aiuterà a custodire uno dei luoghi più preziosi del carisma salesiano. La mia preoccupazione ed il mio impegno sono di mettere a disposizione la mia vocazione religiosa, le mie competenze teologiche e liturgiche a servizio della comunione con il Signore che diviene sorgente di relazioni e legami robusti innanzitutto con tutte le componenti della famiglia salesiana, confratelli, Figlie di Maria Ausiliatrice, cooperatori, volontari e poi tutti coloro che giungono a Valdocco in cerca di una risposta, di una buona parola».

Pinerolese, 44 anni,  prete salesiano dal 1998, don Besso da un mese è il nuovo giovane rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino: ha preso il testimone da don Franco Lotto, ora rettore del Santuario e centro di spiritualità salesiana Madonna dei Laghi di Avigliana e che per otto anni ha «custodito» la casa di don Bosco in un tempo in cui Valdocco è stato il centro delle celebrazioni del Bicentenario del santo che ha avuto il suo culmine lo scorso 21 giugno con la visita di papa Francesco. Don Cristian ha conosciuto i salesiani frequentando le medie presso l’Istituto don Bosco di Cumiana e di lì non li ha più abbandonati. Laureato in Lettere classiche all’Università di Torino, licenza in Teologia e scienze patristiche e poi un dottorato di ricerca presso l’Istituto patristico Augustinianum di Roma, la passione per le lettere antiche e la liturgia non lo ha mai abbandonato nelle  varie «obbedienze» nella sua  congregazione: dal 2014 è docente di Patristica, Greco biblico e Storia della Chiesa antica all’Università Pontifica salesiana di via Caboto a Torino, incarico che mantiene nonostante il gravoso impegno di rettore.

Don Cristian, il suo predecessore, affidandole le chiavi della Basilica ci disse che le ha lasciato «una casa sempre aperta 7 giorni su 7 dalle 6 alle 19, dove chi varca la soglia trova sempre qualcuno ad ascoltarti, a dirti una buona parola, ad asciugare le lacrime, a confessare. Come pensa di raccogliere l’eredità dei suoi predecessori?

Ho trovato una Basilica accogliente, un luogo  di passaggio di coloro che cercano Dio e di tanti che sentono vicina l’esperienza di don Bosco. Il mio impegno, in continuità con don Franco, è di favorire un centro di spiritualità che sia segno dell’unità della famiglia salesiana: è una grande responsabilità ma credo sia importante che le nostre radici che affondano nel carisma di don Bosco rigenerino un impegno apostolico attuale per le sfide del nostro tempo.

E quali sono?

Innanzi tutto la nuova evangelizzazione: far riscoprire alle nuove generazioni che la Chiesa istituzione non prescrive solo una serie di norme che ingabbiano la libertà. Il nostro messaggio,  soprattutto con i più giovani, deve rivelare che il nostro orizzonte è appagante, che la ricerca del trascendente, il «quaerere deum», il cercare Dio,  nei nostri ambienti può trovare una risposta. Il nostro compito è spolverare un certo cristianesimo stantio, limitato da tradizionalismi e devozionalismo: un «minimalismo culturale» che rischia di non intercettare le domande di senso dei ragazzi e delle ragazze.

Cosa proponete per «togliere la polvere»?

Con un’équipe in cui sono rappresentate tutte le componenti della famiglia salesiana abbiamo messo a punto in Basilica due proposte per i giovani: la prima, per chi ha da 16 a 30 anni a partire da ottobre fino a maggio, si chiama «Dai tempo al tempo»: la Basilica di Maria Ausiliatrice apre le porte a tutti i giovani che desiderano avere del tempo da trascorrere nella preghiera (anche solo mezz’ora) nella scoperta dell’interiorità e nell’ascolto dello Spirito che sollecita al discernimento.

La Chiesa voluta da don Bosco come spazio della preghiera e del protagonismo giovanile…

Proprio così: ogni giovedì alle 16 vi sarà l’esposizione dell’eucaristia per l’adorazione silenziosa, segue la preghiera del Rosario, ancora adorazione sino alle 17.20, quando si offre un tempo prolungato per la celebrazione del sacramento della confessione e la possibilità del colloquio spirituale. Concluderemo il pomeriggio per chi lo vuole con la Messa animata musicalmente dai partecipanti. Invitiamo i giovani a segnare sull’agenda questo appuntamento come «spazio oasi» della settimana e a provare a rendersi disponibili anche per l’animazione dei vari momenti. È importante  che anche le liturgie recepiscano lo stile dei giovani, la loro ‘estetica’: don Bosco aveva simpatia di cuore per i ragazzi e puntava tutto perché fossero protagonisti anche se probabilmente da adulto – come noi -  aveva una sensibilità diversa da loro. Invitiamo inoltre preti,  religiosi e religiose a rendersi  disponibili per il ministero della riconciliazione e per il colloquio spirituale (informazioni  cristian.besso@31gennaio.net).

La Basilica dunque come spazio aperto per fare esperienza di che cos’è la vita spirituale…

È il nostro obiettivo e dai primi incontri siamo incoraggiati che è la strada da percorrere. La seconda proposta a cadenza mensile, più impegnativa, è sempre il giovedì: si tratta di un percorso di preghiera, catechesi e condivisione sui temi fondamentale della fede rivolto ai giovani (dalla quarta superiore in poi)  promosso dalla pastorale giovanile e universitaria della Diocesi e dalla pastorale giovanile salesiana sempre in Basilica: il ciclo intitolato «E se la fede avesse ragione?» prevede un momento di accoglienza con la cena al sacco alle 19.45 cui segue  la catechesi tenuta da sacerdoti, religiose, laici (il calendario completo sul sito www.eselafede.it, ndr).

Perché un giovane dovrebbe partecipare a queste iniziative?

Il nostro obiettivo, in linea con il carisma educativo di don Bosco che ha raccomandato ai suoi figli di mettere in campo con i giovani attenzioni pedagogiche quali l’ascolto, l’incontro, la pazienza ma anche la fermezza, è di valorizzare la dimensione della cultura delle cose ben fatte. Crediamo infatti che il cuore maturi anche con la cultura, con una proposta di preghiera curata, con celebrazioni rispettose dei dinamismi dell’umano in cui i giovani si possano riconoscere e portare a casa uno spunto utile per la loro vita.

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