Don Bosco e l'Expo un legame che affonda le radici nel passato

L'esposizione nazionale dell'Industria, della Scienza e dell'Arte di Torino e il ruolo del fondatore della congregazione

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Don Bosco e l'Expo un legame che affonda le radici nel passato

Nel settembre 1883 un sacerdote brianzolo molto dotto, alpinista e docente nel Seminario milanese, si reca a Valdocco. È don Achille Ratti, futuro Pio XI (1922-1939) che nel 1934 canonizza il prete castelnuovese.

Don Bosco ha 68 anni, don Ratti ne ha 26. Personalità colta e curiosa, ad attirarlo sono la fama di santità e le origi­nali iniziative apostoliche di quella sorta di «Città dei giovani». Visita l’Oratorio, ammira la scuola tipografica e il teatro, studia le scuole professionali e serali. Trascorrono due giorni insieme, parlano, pregano, siedono allo stesso tavolo da lavoro. Don Bosco gli racconta della sua ansia per i giovani, svela i suoi progetti e la sua pena per il dissidio tra Chiesa e Sta­to. Quando nel 1937 affida ai Salesiani la Tipografia Poliglotta Vaticana e l’amministrazione de «L'Osservatore Romano», Pio XI racconta che, mentre esprimeva la sua ammirazione per i laboratori, don Bosco ri­spondeva in terza persona: «Ah, in queste cose don Bosco vuole sempre essere all'avanguardia del progresso».

E infatti nel 1884 nell’«Esposi­zione nazionale dell'Industria, della Scienza e dell'Arte» di Torino una galleria speciale raccoglie uno straordinario successo. All’ingresso si legge a carat­teri cubitali: «Don Bosco. Fabbrica di carta, tipografia, legatoria e libreria salesiana». Proprio per l’orientamento fieramente anticlericale e massonico dell’Espo­sizione – che vuole esaltare il progresso contro l’«oscurantismo cattolico» - don Bosco vuole parteciparvi.

Scrive lo storico don Francesco Motto sul «Bollettino Salesiano»: «Don Bosco otten­ne dai responsabili dell'Esposizione di poter disporre, ac­canto al padiglione uf­ficiale, di una "galleria" tutta sua, lunga quasi 60 metri. Intendeva mostrare  l'intero processo della produzione di un libro, partendo dagli stracci, selezionati, spolverati e ridotti in pasta, passando per la fabbricazione della carta, la fusione dei caratteri, la stampa vera e propria, la rilegatura con fregi, illustrazioni, incisioni, e arrivare all'esposizione del testo sul bancone di vendita».

Il prete di Valdocco fa montare impianti e macchinari. C’è anchela Cartieradi Mathi Canavese che aveva comprato nel 1877 dando lavoro a 200 giovani. Racconta don Motto: «La sola macchina per fare la carta era lunga 50 metri e larga 5, con tanto di caldaia che manda il vapore nei cilindri che prosciugavano la carta, azionata da un motore a gas. La macchina tipografica era arrivata dall'estero. Tutti questi im­pianti venivano attivati sotto gli occhi dei visitatori, da una ventina di addetti, operai e giovani di Valdocco, i quali lavoravano a ciclo continuo e pranzavano sul posto di lavoro grazie alle vivande calde portate da un carro attrezzato da Valdocco e che a sera portava i libri prodotti nella giornata. Per tutta la settimana, tranne la domenica, in cui il padiglione rimane­va chiuso, una sorta di pacifica "contestazione" di un'organizzazione capitalistica del lavoro che non permetteva il riposo festivo».

Il prete di Castelnuovo è molto battagliero, disposto a ogni impresa per i suoi giovani. Alla fine ecco lo scanda­lo. Il padiglio­ne salesiano, che ha suscitato enorme interesse e ha attirato un grande pubblico, viene premiato solo con la medaglia d'argento. Don Bosco non sta zitto, fa le sue rimostranze alla giuria, deciso a difendere i diritti dei suoi giovani.

D’altra parte è un prolifico scrittore e un moderno editore: 1.174 testi raccolti in 37 grandi volumi. La pubblicazione più popolare è dal 1853 «Letture cattoliche», che rispondono all’esigenza di fare della plebe ignorante un popolo istruito. Sono scritti di istruzione scolastica. Per esempio per diffondere il sistema metrico decimale – che nel Regno sabaudo diventa obbligatorio dal 1850 - nel 1846 pubblica «Il sistema metrico decimale» preceduto dalle 4 operazioni aritmetiche (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) «a uso degli artigiani e della gente di campagna» e nel 1849 scrive la commedia in tre atti (8 dialoghi) «Il sistema metrico decimale». Quando vuole «passare» ai giovani qualcosa di importante, immancabilmente si volge al teatro.

Scrive e pubblica libretti elementari di catechesi; suggerimenti di vita morale; nozioni di educazione domestica ed economica; letture amene; libri storici come «Storia Sacra», «Storia ecclesiastica», «Storia d’Italia»; racconti edificanti; scritti di istruzione religiosa e manuali di preghiera. Il più famoso «Il giovane provveduto» diffonde 6 milioni di copie e 100 ristampe, un successo strepitoso diffuso in tutte le opere salesiane fino al Concilio Vaticano II. Nel 1877 inizia le pubblicazioni «Il Bollettino Salesiano», oggi stampato in 56 edizioni, 29 lingue e 132 Paesi.

Nella lettera alla giuria cita le 300 mila copie dei «Classici ita­liani» distribuiti mensilmente dalla sua tipografia per 16 anni; i due milioni di copie delle «Letture cattoliche»; i milioni di copie del «Giovane prov­veduto». Sottolinea­ i prezzi «modicissimi» dei volumi. Precisa con puntiglio che la giuria ha deliberato senza visitare lo stand e fare i necessari confronti. Conclude: qualora la giuria non prenda  in con­siderazione queste osservazioni, egli rinuncia «a qualsiasi premio e attestato», anzi diffida di pubblicare alcunché a questo riguardo. Molto deciso, don Bosco preferisce il silenzio stampa alla diffusione di notizie false e tendenziose.

Come va a finire? La giuria, ideologicamente condi­zionata, persiste e respinge le rivendicazioni. E così don Bosco ordina di non ritirare il diploma di partecipazione, soddisfatto comunque di aver promosso «in un col benessere morale e materiale della gioventù povera e abbandonata, il vero progresso eziandio delle scienze e delle arti». È soddisfatto perché ha dimostrato con i fatti chela Chiesanon è contraria al progresso scientifico.

Dunque, non c’è da stupirsi che nell’Esposizione universale in corso a Milano ci sia una «Casa don Bosco».

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