Intervista al cardinale Maradiaga: così avanza la riforma del Papa

A Torino nostra intervista al coordinatore del gruppo di cardinali chiamati da Papa Francesco a rivedere l'organizzazione della Curia romana 

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Intervista al cardinale Maradiaga: così avanza la riforma del Papa

Il 31 gennaio ha chiuso le celebrazioni in onore di san Giovanni Bosco a Torino il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, 74 anni, salesiano, che il 13 aprile del 2013 è stato nominato da Papa Francesco coordinatore del gruppo di 9 cardinali chiamati a consigliarlo nel governo della Chiesa universale e a rivedere l’organizzazione della Curia romana definita dalla Costituzione apostolica  Pastor Bonus promulgata da papa Giovanni Paolo II il 28 giugno 1988. Lo abbiamo incontrato per commentare con lui questo percorso di rinnovamento che riguarda la curia romana ma che riflette e si inserisce in un cammino  - segnato anche dalle encicliche e dalle esortazioni apostoliche - che investe tutta la Chiesa.

Eminenza, come è iniziato il percorso della riforma, da quali problematiche?

Anzitutto bisogna dire che nelle riunioni pre-conclave molti cardinali dicevano che il Papa non sempre ha un’informazione globale sul mondo cattolico perché la maggior parte delle notizie arrivano solo attraverso le nunziature e la Segreteria di stato. Si diceva che sarebbe stato meglio avere  un consiglio di cardinali della base, uno per ogni continente, pastori delle diocesi,  che avessero il compito di fornire al Santo Padre quel quadro più ampio che a volte  alle nunziature e alla segreteria di stato non arriva. Nel pre conclave c’era il cardinale Bergoglio che, arrivato al pontificato, tra le prime cose che fece mi chiamò e mi disse voglio formare un Consiglio con questo e questo… Aveva già tutti i nomi in mente e poi mi chiese se me la sentivo di fare da coordinatore. Risposi: «Se lei me lo chiede devo farlo» e così  tutto è cominciato…

Un Consiglio che dunque  «avvicina» il Papa alla Chiesa e che con lui ha iniziato ad affrontare problemi concreti, può farci un esempio?

Tra i nodi da affrontare, un numero eccessivo di dicasteri. Che è un problema di ordine pratico: come si fa a governare con un consiglio dei ministri che è troppo numeroso e che per questo non si può riunire con una certa periodicità? La soluzione è ridurre. Per questo si è proceduto ad accorpare alcuni consigli in dicasteri, non per dare più importanza ad alcuni, ma per semplificare la burocrazia e lavorare più agilmente. Non un accentrare, ma uno snellire.

Quali passi sono stati compiuti?

Abbiamo già fatto 18 riforme. A volte ci chiedono «ma cosa fa questo Consiglio? Non vediamo risultati». I risultati invece si sono, ma non si vedono  perché non fanno rumore. Papa Francesco nel discorso del Natale scorso alla Curia romana li ha elencati proprio per far vedere che si cammina.

Quando uscirà una nuova costituzione?

Quando le riforme saranno fatte. Non sarà l’inizio, ma la fine di un processo

E il Consiglio?

Il Consiglio continuerà perché non è stato costituito solo per riformare la  Pastor bonus, ma per offrire consigli quando il Santo Padre li richiede.

Il Consiglio affronta  cambiamenti specifici, come quelli che riguardano i dicasteri e quindi gli ambiti della Pastor bonus, di riflesso esorta a cambiamenti di stile che interessano la Chiesa universale e che interpellano anche le Chiese locali.   

Il Papa, sempre nel discorso di dicembre alla Curia, ha indicato diverse  «malattie» e quindi diversi orizzonti su cui puntare per migliorare e cambiare, ma io vedo che più in generale ama richiamare tutta la Chiesa a una vicinanza maggiore ai fedeli. È il criterio della «Chiesa in uscita» che è emerso dalla conferenza di Aparecida del 2007 quando abbiamo riflettuto sul fatto che non possiamo più aspettare che la gente venga da noi, ma siamo noi a dover andare dalla gente. Quando Papa Francesco parla di Chiesa in uscita ci dice che  non dobbiamo fermarci nelle nostre curie, nelle nostre canoniche, ma andare incontro a coloro che si sono allontanati o a coloro che non abbiamo mai incontrato perché nessuno gli ha mai parlato di Dio. Ricordo bene il bacio che diede ad un uomo con tanti tumori in faccia: quel gesto fu più efficace di tante omelie…

Lei è stato presidente di Caritas Internationalis e oggi collabora con un Papa che tra le linee di rinnovamento invita a essere sempre più ‘Chiesa di poveri per i poveri’, Chiesa che accoglie lo straniero in un tempo in cui ogni giorno assistiamo al dramma dei migranti.

Papa Francesco viene attaccato per queste sue parole, perché dice che non possiamo vivere in una società autoreferenziale e non dobbiamo costruire muri ma ponti. Logicamente  non è una situazione facile da affrontare quella dei migranti,  non si tratta solo di dire «venite» rischiando di trapiantare un problema da un paese all’altro senza progettare soluzioni. Bisogna invece impegnarci a promuovere lo sviluppo, la logica del bene comune. Ma non è facile farlo capire. È necessario un cambiamento nell’economia e su questo c’è grande resistenza,  serve più equità, più condivisione, ma sappiamo che si può fare. Conosco imprenditori che si impegnano davvero ad applicare la dottrina sociale della Chiesa.

Tra i primi temi affrontati dal Consiglio de i Cardinali quello della famiglia, ora si prepara quello dei giovani, ancora un segno di un Papa che si mette in ascolto e vuole una Chiesa vicina.

All’inizio dei nostri lavori nel Consiglio dei cardinali il Papa aveva detto che il prossimo sinodo sarebbe stato sulla famiglia perché oggi non c’è famiglia e questo  è uno dei punti deboli della società moderna. La famiglia è fragile, si rompe facilmente,  è incompleta, ci sono tante mamme sole  e per questo il Papa ci invita a recuperare il piano originale di Dio sulla famiglia  e per questo l’Amoris laettitia ha una importanza enorme e  ci fa soffrire che i mass media si soffermino solo su alcuni punti del capitolo 8. Bisogna far capire la gioia di essere mamma e papà, di aiutare le nuove generazioni a crescere con Gesù per cambiare il mondo. Senza famiglia non c’è società solo guerre aggressività paure. Oggi è la festa di San Giovanni Bosco il santo dei giovani, il santo dei sogni e proprio Papa Francesco ci ricorda che il  pericolo di questo nostro tempo è dimenticarsi di sognare. Come diceva in Evangelii gaudium non bisogna lasciarsi rubare i sogni e i sogni per i giovani sono i grandi ideali, l’essere persone di valore, quei buoni e onesti cittadini che Don Bosco poneva come modello.

Ha citato l’Evangelii gaudium, recentemente la Facoltà Teologica torinese ha organizzato sull’esortazione apostolica un convegno aperto dal teologo argentino Carlos Galli che ha esordito evidenziando le radici latino americane del documento, lei è anche membro della Pontificia commissione per l’America latina.

Evangelii gaudium riassume anche lo stile sudamericano di papa Francesco: la gioia, l’allegria. Quella gioia del Vangelo che lui vuole trasmettere, che comunica quando incontra le persone. Ricordo la sua prima Messa in una parrocchia romana. alla fine è uscito di corsa alla porta per salutare la gente e tutti erano entusiasti. A Santa Marta continua a farlo, va alla porta, saluta tutti uno per uno con gioia, con calore. Gioia ed entusiasmo, ma anche ascolto. Dopo il Sinodo sulla famiglia si è fatta un’inchiesta tra i padri sinodali sui temi che potevano essere affrontati in un altro sinodo e dal momento che quello dei giovani era auspicato da tanti il Papa lo ha accolto e si farà il prossimo anno. Un sinodo però non è solo pensato per sentire i problemi e suggerire soluzioni. Il sinodo ha una dimensione di evangelizzazione. Ecco dunque che è significativo fermarsi sul tema scelto: «I giovani la fede e il discernimento». Oggi è davvero importante aiutare i giovani al discernimento e dobbiamo prepararci bene, ascoltando anche  quei ragazzi che non vengono in Chiesa, quelli marginalizzati per la droga, dobbiamo attrarli verso Dio, come ha fatto don Bosco e come ci ripete papa Francesco guardando ad una Chiesa che cammina con loro, aperta al cambiamento, in uscita per farsi vicina a ciascuno.  

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