I laici oggi poco incisivi in parrocchie autocentrate

Prosegue nella Chiesa torinese il dibattito sulla ricezione dell'Evangelii Gaudium di Papa Francesco 

Parole chiave: laici (17), chiesa (665), concilio (28), diocesi (138)
I laici oggi poco incisivi in parrocchie autocentrate

L’impegno laicale nella chiesa – dall’evangelizzazione alla formazione – nonostante la grande spinta innovatrice di papa Francesco, continua ad apparire poco incisivo e creativo. Del resto se guardiamo agli ultimi decenni possiamo dire che, malgrado l’elaborazione da parte del Vaticano II di una matura teologia del laicato, abbiamo assistito a una progressiva restrizione del suo ruolo. Le associazioni che in passato fornivano un laicato preparato a compiti non solo parrocchiali sono da tempo in difficoltà e non hanno saputo finora davvero reinventarsi. Anche il maggior coinvolgimento dei laici come operatori pastorali, là dove il progetto si realizza, non cambia il quadro generale; è una ministerialità che tende ad essere solo sostitutiva.

La Evangelii Gaudium indica chiaramente che l’evangelizzazione è un compito primario dei laici: «Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado d’istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni» (120). E ciò nell’orizzonte di una Chiesa in uscita. «Non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese» ed è necessario passare da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria» (15). Linguaggi e strutture devono trasformarsi per diventare più missionari (27).

A queste esigenze non sembrano rispondere in modo adeguato né i consigli pastorali a livello parrocchiale e diocesano né il vasto mondo delle aggregazioni laicali. Dobbiamo rassegnarci a questa situazione? Mentre viviamo una profonda rottura della tradizione cristiana che richiede un rinnovamento di visione e di azione e siamo sollecitati a vivere e a proporre la gioia del Vangelo, qual è la nostra risposta? Che cosa ci tocca fare per non essere blandamente assenti in questa situazione dell’esperienza di fede e di vita della chiesa? Come coinvolgere le generazioni più giovani che non hanno sperimentato forme attive e significative di partecipazione laicale alla vita della chiesa? E come promuovere in essa un’assunzione di responsabilità e un ruolo decisionale da parte delle donne?

Su questi temi il chiccodisenape vorrebbe sollecitare un’ampia riflessione nella nostra diocesi a partire da queste considerazioni :

- Nella diocesi si sta avviando un riassetto delle parrocchie, che risponda alla diminuzione del clero. Questo può essere un passaggio inevitabile, che tuttavia rischia di evadere la reale questione in gioco, che è quella, sollecitata dall’Evangelii gaudium, di ripensare profondamente le modalità dell’annuncio evangelico.

- Finito il regime di cristianità, la fede non viene più trasmessa in forma solo istituzionale e sacramentale. C’è domanda di ascolto e di confronto e, se pure si corre il rischio di una religione fai-da-te, oggi non si può più prescindere (ed è un bene) da una forte personalizzazione dell’esperienza religiosa. Ciò richiede sicuramente un ripensamento della trasmissione della fede nella catechesi parrocchiale, ma richiede anche la ricerca di nuove modalità di annuncio attraverso percorsi più personali o di gruppo.

- L’azione pastorale della chiesa sembra concentrarsi quasi esclusivamente nei confini parrocchiali. E la diocesi di solito non è che la somma della vita delle parrocchie. Ma le parrocchie, quando sono in grado di avere una certa vivacità, sono spesso autocentrate. I laici che partecipano alle loro attività pastorali altrettanto raramente hanno uno sguardo che sia un po’ più ampio. La Chiesa è la parrocchia – questo è lo schema che sta diventando la norma. Non si riflette abbastanza sul fatto che il radicamento territoriale si è indebolito e resta molto forte soltanto per i bambini e per gli anziani; i luoghi di lavoro o i non luoghi del commercio e del trasporto, i luoghi di aggregazione intorno agli interessi più che alla territorialità diventano gli spazi più importanti e frequentati, quelli dunque in cui occorre portare l’annuncio. Allo stesso modo sono cambiati i tempi della vita quotidiana e della festa. Dove e quando l’uomo secolare può incontrare l’annuncio del Vangelo? Dove e in quali tempi si può vivere la comunione cristiana?

- Non si può più prescindere dal confronto ecumenico e interreligioso ed anzi diventa necessario includerlo nell’annuncio. L’identità cristiana non deve essere un elemento di separazione rispetto alle altre esperienze religiose; se è differente, lo deve essere anzitutto in quanto è più includente. Ma ciò richiede di ripensare le modalità e i contenuti dell’annuncio.

- In Europa (e probabilmente anche altrove) sono sorte nuove esperienze di presenza e di annuncio cristiano, che sembrano rispondere ai mutamenti appena richiamati e fanno pensare non a un superamento della parrocchia, ma alla sua integrazione con modi e stili di presenza più adeguati ai tempi e ai luoghi della vita in città. Pensiamo in particolare alle esperienze francesi delle Maison d’église. Forse è arrivato il momento anche in Italia di pensare coraggiosamente a nuove strutture e modalità di annuncio, ma anche di aggiornare in modo sostanziale le strutture esistenti, in particolare le parrocchie e le associazioni.

La nostra proposta è di avviare un percorso di riflessione nelle associazioni e nelle parrocchie, che conduca a un convegno ecclesiale nel quale approfondire questi temi e lanciare proposte operative. Per preparare il convegno vi invitiamo a riflettere e a farci pervenire le vostre considerazioni sulle seguenti questioni:

1. Perché la Evangelii gaudium ha, anche nella nostra diocesi, una risonanza così debole e non sembra aver prodotto significativi mutamenti nel modo di vivere e praticare la missione cristiana, (anche se la recentissima lettera pastorale del nostro Arcivescovo, La città sul monte, sembra volere rimediare a questo ritardo)?

2. Quali sono i più rilevanti mutamenti nei modi e negli stili di vita urbani e come rispondono ad essi le tradizionali forme di presenza e di annuncio della Chiesa?

3. Come può l’annuncio cristiano incontrare da un lato il crescente indifferentismo e dall’altro il crescente pluralismo religioso? E che significano, concretamente, le proposte di Papa Francesco di una Chiesa nelle periferie e come ospedale da campo?

4. Oltre all’indispensabile revisione e conversione dello stile di vita di ciascun cristiano (che resta sempre la condizione fondamentale), a quali nuovi contenuti, luoghi, tempi e modalità di annuncio del Vangelo e della sua gioia possiamo pensare?  Non è forse giunto il tempo di un nuovo slancio missionario, che richiede anche un impegno ideativo e progettuale?

5. In quali ambiti della vita sociale e con quale modalità si deve oggi, con più urgenza, testimoniare la carità evangelica?

Le associazioni, i gruppi e le parrocchie, che vogliano rispondere a questi interrogativi, sono pregati di farci pervenire le loro riflessioni entro la fine di febbraio all’indirizzo: chiccodisenape@gmail.com. Queste riflessioni saranno il lavoro preparatorio in vista di un convegno diocesano che si terrà il 21 ottobre prossimo. Sono programmati due incontri intermedi: il 25 marzo con la teologa Stella Morra dell’Università Gregoriana (in collaborazione con l’Atrio dei gentili di Fossano) e il 5 marzo con il teologo canadese Gilles Routhier.

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