I Papi contro la bomba atomica

La crisi in Corea, il pericolo guerra atomica. I risultati del convegno in Vaticano sulle armi nucleari (10-11 novembre 2017)

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I Papi contro la bomba atomica

«L'umanità rischia il suicidio» per le armi nucleari, dice Papa Francesco. Il 10-11 novembre 2017 in Vaticano si è tenuto il convegno «Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo Integrale». La Chiesa e il Papa lavorano con determinazione per promuovere le condizioni necessarie a un mondo senza armi nucleari e denunciano che il commercio delle armi stimola e mantiene vivi i focolai di guerra. «Siamo in una vera e propria guerra». Il convegno dà seguito al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, una svolta positiva nonostante le ricorrenti crisi innescate dalla Corea del Nord.

TRATTATO SULLA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI - Il 7 luglio 2017 la Conferenza delle Nazioni Unite a New York approva, dopo anni, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, firmato finora da 122 Paesi, tra i quali il 20 settembre il rappresentante della Santa Sede, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher «ministro degli Esteri». Il 23 marzo 2017 Francesco in un messaggio all’Onu aveva scritto: «La comunità internazionale è chiamata ad adottare strategie lungimiranti per promuovere la pace e la stabilità ed evitare approcci miopi ai problemi di sicurezza». E il 26 settembre 2017, per la Giornata Onu per l’eliminazione delle armi nucleari, Bergoglio aggiunge: «Impegniamoci per un mondo senza armi nucleari, applicando il Trattato di non proliferazione per abolire questi strumenti di morte».  

«L’UOMO UNO STUPIDO E TESTARDO CHE NON VEDE» - Con i giornalisti sull’aereo di ritorno dalla Colombia (6-10 settembre 2017) il Pontefice, rispondendo sulla corsa atomica della Corea del Nord, cita l’Antico Testamento - «Chi ama la correzione ama la scienza, chi odia il rimprovero è uno stupido» (Proverbi 12,1) – e spiega: «Mi viene in mente la frase: “L’uomo è uno stupido, un testardo che non vede”. È l’unico animale del creato che cade due volte nella stessa buca. Il cavallo e gli altri non lo fanno. C’è superbia e presunzione. Siamo superbi. E così, quando non si vuol vedere, non si vede e si guarda solo da una parte. E poi c’è il “dio tasca”. Tante decisioni dipendono dai soldi». Quanto alla Corea del Nord «io davvero non capisco quel mondo della geopolitica. Ma credo che lì c’è una lotta di interessi che mi sfuggono».

NEL 1968 IL TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE NUCLEARE – Il Trattato di proibizione delle atomiche arriva mezzo secolo dopo quello di non proliferazione: «proibizione» è molto di più che «non proliferazione». Gli 11 articoli del trattato del 1968 proibiscono agli Stati firmatari «non nucleari» di procurarsi tali armamenti e agli Stati «nucleari» di trasferire a chicchessia armi nucleari o altri congegni. Il trasferimento di tecnologie nucleari per scopi pacifici, a esempio per la produzione di energia elettrica, deve avvenire sotto il controllo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Il trattato è subito sottoscritto da Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito il 1° luglio 1968 ed entra in vigore il 5 marzo 1970. Francia e Cina vi aderiscono nel 1992. La Corea del Nord lo sottoscrive nel 1985 ma, sospettata di costruire ordigni atomici in barba alle proibizioni, e rifiutando le ispezioni, si ritira nel 2001. Oggi gli Stati firmatari sono 189 su 193 aderenti all’Onu e 206 Stati nel mondo.

PAOLO VI MOLTO PREOCCUPATO PER LA PACE – Il Vaticano non è uno Stato Onu ma un osservatore permanente, come la Palestina. Sotto la spinta di Paolo VI, la Santa Sede partecipa a tutte le trattative attraverso il «ministro degli Esteri» Agostino Casaroli, diplomatico di prima grandezza. Il 27 agosto 1967 Paolo VI saluta con entusiasmo «la presentazione del Trattato. Ci sembra positivo perché dimostra un’avvertenza in sede responsabile del formidabile e incalcolabile pericolo delle armi nucleari e segna un primo passo, non risolutivo ma iniziale, per scongiurare tale pericolo che incombe sull’umanità: instaura un episodio di concordia e di collaborazione internazionali, senza le quali è impossibile sperare sicurezza e pace. Questo atto ha un valore morale e umano». Casaroli, nel febbraio 1971, va a Mosca a depositare l’adesione del Vaticano al Trattato. Grandi risultati Casaroli, poi segretario di Stato, ottiene nell’apertura all’Unione Sovietica e ai Paesi comunisti e nella Conferenza di Helsinki per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) .  

PIO XII E L’ATOMICA SU HIROSHIMA E NAGASAKI – Davanti alla Pontificia Accademia delle scienze il 21 febbraio 1943 Papa Pacelli dice: «Sebbene non si possa ancora pensare a mettere tecnicamente a profitto un così tempestoso processo, tuttavia esso spiana il cammino a serie possibilità: la costruzione di una macchina a uranio non può essere stimata una mera utopia. Sarebbe importante che non si lasciasse effettuare tale processo ma che se ne frenasse il corso con adatti e vigili mezzi. Altrimenti ne potrebbe seguire, per l’intero Pianeta, una pericolosa catastrofe». In realtà i fisici americani avevano già superato la fase sperimentale. Il 6 agosto 1945 alle 8:15 gli Usa sganciano l’atomica «Little Boy» su Hiroshima e tre giorni dopo «Fat Man» su Nagasaki: le vittime 100-200 mila. Al convegno in Vaticano significativa la testimonianza di Masako Wada, una delle ultime superstiti di Hiroshima.

VERGOGNOSO CHIAMARE «MADRE» UNA BOMBA – Il 6 maggio 2017 il Papa, dialogando con gli studenti italiani, dice: è tempo di affrontare e vincere «la cultura della distruzione». Nelle loro domande emerge l’angoscia per tante tragedie: guerre, povertà, violazione dei diritti umani. Francesco osserva che in televisione si vedono solo cattive notizie. «Stiamo vivendo la tragedia più grande dopo la seconda guerra mondiale. C’è gente buona, ci sono cose buone nel mondo che non si vedono; ma il mondo è in guerra. Mi sono vergognato del nome di una bomba: “La madre di tutte le bombe”. Ma la mamma dà vita, la bomba dà la morte e gli affaristi vendono armi a chi è in guerra e così guadagnano sulla morte degli altri».

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