Il significato dei legami nel processo di costruzione dell'identità personale

La riflessione dello psicanalista Massimo Recalcati al congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati per i minori e la famiglia

Parole chiave: magistrati (2), famiglia (86), minori (9)
Il significato dei legami nel processo di costruzione dell'identità personale

Durante il congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati per i minori e la famiglia, il dr. Massimo Recalcati ha tenuto una relazione molto interessante e le cui riflessioni possono essere utili sicuramente ai magistrati minorili nel loro difficile compito, ma anche ai genitori, insegnanti, animatori. Per tale motivo, ne riportiamo una sintesi.
La cura dei legami, e dei legami famigliari è essenziale per rendere possibile una vita vivibile. Il dr. Recalcati ha toccato cinque punti:
Nel primo richiama come la vita nuova si esprima attraverso il “grido”. Il neonato convoca l’adulto per una risposta. La genitorialità risponde al suo grido. La presenza al grido è una risposta d’amore. Nasce la responsabilità e la solidarietà.

Il secondo è riconoscere la vita del figlio. La genitorialità va vissuta sempre come adottiva. Occorre riconoscerla al di là del sangue, così come avviene con l’adozione: “ti riconosco come figlio e io mi riconosco come padre”. La vita si dota di senso quando attraverso l’ascolto si riconosce l’altro.
Oggi molti genitori hanno l’angoscia di farsi amare dai figli sconvolgendo la differenza relazionale. Compito delle istituzioni dev’essere custodire le differenze tra le generazioni.
Il terzo punto richiama il compito del legame famigliare: quello di “istituire la legge”. Non quella del codice, ma quella che da fondamento e con le altre governa le forme di civiltà. Il figlio va accompagnato a fare esperienza dell’impossibile: cioè che non tutto è possibile, non si può avere tutto. L’esperienza del limite del sapere rende possibile la conoscenza.

I genitori devono saper dire NO, mettere dei punti precisi. Mettere dei punti vuol dire prendere decisioni. Parlare/dialogare con un adolescente è impossibile, serve solo l’ascolto. Occorre applicare “la legge”, facendo posto all’eccezione, tenendo presente l’indirizzo e la relazione con loro. La quarta domanda: come si accende una vita? Oggi vediamo vite spente, perse in apatia, vite senza passione. E’ la contingenza dell’incontro che determina la vita. La vita si trasmette per testimonianza, attraverso il silenzio. Vivere con desiderio la propria vita produce l’effetto contagioso. Cita il film “Grande Torino”. In esso vi è l’incontro del desiderio nel testimoniare che la vita può avere un senso.
La quinta sollecitazione invita a saper perdere il figlio cresciuto, saperlo “abbandonare nel deserto”, lasciarlo andare. Nell’adolescenza i figli hanno bisogno di passare dall’altra parte del cancello. Il genitore dev’essere saggio nel modo più grande: saper tramontare, lasciare il posto al momento giusto.
I figli sanno che possono tornare. Vi è un luogo dove si può tornare se si vuole. L’ultimo punto richiama alla “fede”. Il genitore deve avere fede nei desideri, nei progetti del figlio e il figlio si alimenta della fede del genitore.

Avere fiducia nel figlio. Ricordare che il paternalismo porta al conformismo. Il genitore deve custodire la promessa che esiste un altro mondo, diverso dall’oggetto di consumo, ed esso si può realizzare. Non condannare il progetto solo tecnologico, la droga, ecc. Ma testimoniare che un’altra soddisfazione è possibile. Testimoniare che esiste l’amore, il lavoro, la vita di comunità. Non reprimere, ma testimoniare una vita più alta, più profonda. Non servono le parole, serve solo la testimonianza.

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