Concilio Panortodosso: cosa è successo a Creta

Cosa è accaduto al simposio e il documento finale Messaggio ai fedeli ortodossi e a ogni uomo di buona volontà

Parole chiave: Creta (2), patriarchi (1), ortodossi (17), concilio (28)
Concilio Panortodosso: cosa è successo a Creta

"Un grande evento nella vita della Chiesa ortodossa”: così il Patriarca Bartolomeo alla chiusura dei lavori ha definito il Grande e Santo Concilio che è terminato a Creta domenica 26 giugno. Era cominciato una settimana prima, carico di incertezze e interrogativi a motivo del fatto che dopo secoli di attesa e anni di preparazione, quattro Chiese, tra cui il Patriarcato di Mosca a cui appartiene la metà degli ortodossi nel mondo, a pochissimi giorni dall’inizio dei lavori avevano chiesto di rinviare l’appuntamento, salvo la loro assenza dal Concilio. Si chiedeva altro tempo per discutere ancora su alcune questioni la cui soluzione ritenevano imprescindibile per poter arrivare a un Concilio. Alla vigilia dell’apertura dei lavori, la sinassi dei dieci patriarchi arrivati a Creta, assemblea che ha l’autorità di convocare o sciogliere un concilio, ha ancora inviato un messaggio a queste quattro Chiese invitandole a essere presenti al concilio o almeno alla vita liturgica di quei giorni, in nome dell’unità della Chiesa ortodossa, ma senza esito. Ciò non ha mutato la decisione che all’unanimità i patriarchi avevano preso nel gennaio scorso, e il Concilio si è svolto.

Alcuni elementi tornano nelle relazioni di quanti hanno seguito i lavori dei circa 230 delegati: l’intensità della preghiera che a Creta e nel mondo hanno accompagnato i lavori; il graduale passaggio da un clima carico di discussioni a un ambiente in cui il dialogo schietto e sereno ha caratterizzato il lavoro sui sei temi all’ordine del giorno (la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo; la diaspora; l’autonomia e la sua proclamazione; il sacramento del matrimonio e i suoi impedimenti; l’importanza del digiuno e la sua osservanza oggi; la relazione delle Chiese ortodosse con il resto del mondo cristiano). Unanime anche il riconoscimento dell’importanza di un tale evento che deve trasformarsi da eccezionalità  a appuntamento regolare (ogni 7-10 anni) per poter affrontare le questioni che creano divisioni tra le Chiese. A Creta sono stati elaborati un Messaggio ai fedeli ortodossi e a ogni uomo di buona volontà che sintetizza in 12 punti i temi essenziali della discussione conciliare,  un’Enciclica, più lunga e densa di carattere più teologico oltre i documenti sui sei temi affrontati ed emendati all’unanimità nel corso dei lavori. “Il fondamento delle nostre discussioni teologiche è garanzia del fatto che la Chiesa non vive per se stessa. Essa trasmette la testimonianza del Vangelo della carità e della libertà, offrendo a tutto il mondo i doni di Dio: amore, pace, giustizia, riconciliazione, la potenza della Croce e della Resurrezione nell’attesa dell’eternità”  si legge nell’introduzione del messaggio.

Proclamare l’unità della Chiesa ortodossa, fondata sull’eucarestia e la successione apostolica dei vescovi; testimoniare la fede, ai vicino e ai lontani; dialogare “in particolare con  i cristiani non ortodossi” in modo che possano conoscere “meglio l’autentica tradizione ortodossa, il valore dell’insegnamento patristico, l’esperienza liturgica e la fede degli ortodossi” sono gli impegni che ogni Chiesa dovrà fare propri perché il Concilio si trasformi da evento a vita della Chiesa. Se non c’è nulla di nuovo in questi documenti, la testimonianza di unità e di fede che arriva da Creta è in se stessa un messaggio, un segno importante oggi. Il testo finale torna su secolarismo moderno, matrimonio, astinenza, temi presenti in altri documenti conciliari, ma si pronuncia anche – con un linguaggio che si sforza di essere più immediatamente comprensibile rispetto a uno stile solitamente poco immediato – su sviluppo moderno della scienza, crisi ecologica, rispetto del particolarismo, non interferenza della Chiesa nella politica, i giovani. Sono tanti i passaggi pienamente condivisibili anche da un punto di vista cattolico, come là dove si fa “appello alle autorità civili, ai cittadini e ai cristiani ortodossi dei paesi verso cui i rifugiati perseguitati cercano rifugio, a continuare a offrire il loro aiuto nei limiti e anche oltre i limiti delle loro possibilità”. O ancora dove si critica l’economia quando è resa “autonoma rispetto ai bisogni umani fondamentali e ed è trasformata in un fine in sé. Il progresso dell’umanità non è legato solo all’aumento del tenore di vita o allo sviluppo economico a scapito dei valori spirituali”. A Creta un passo è stato fatto, come ha sottolineato anche papa Francesco, e da lì non si potrà tornare indietro ed è un passo che, nonostante tutto, porta un contributo anche al dialogo ecumenico con le “Chiese eterodosse”, come il Concilio le ha definite.

 

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